Tre cose da sapere sulle elezioni in Turchia

La Turchia, domenica 8 giugno, ha votato. Erdogan, presidente del partito islamico Akp, ha perso la maggioranza assoluta fermandosi a 258 seggi su 550. Il partito curdo di Demirtas ha superato la soglia di sbarramento del 10 per cento ponendosi con un atteggiamento democratico, con il quale potrebbe essere possibile persino una risoluzione delle insurrezioni armate del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

DOPO 13 ANNI ERDOGAN PERDE LA MAGGIORANZA ASSOLUTA

Dai risultati successivi allo spoglio del 99,89 per cento delle schede, emerge come il partito Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan sia giunto ad un 40,80 percentuali, contro un 50 per cento raggiunto nel 2011. In questo modo il partito islamico ha perso la maggioranza assoluta che deteneva dal 2002.

Il presidente turco avrebbe iniziato la campagna elettorale manifestando ai seguaci la volontà di ottenere ben più del 50 per cento, in modo da permettere al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) di convocare un referendum politico con il quale poter cambiare il sistema politico del Paese.

Ma questa sua previsione è stata di fatto annullata dal risentimento instauratosi negli ultimi anni. Complice di tutto ciò sono state le sue stesse azioni. Il ‘sultano’ è stato penalizzato dal suo atteggiamento dittatoriale, manifestatosi in una riduzione di spazio per l’opposizione e in un rafforzamento del controllo del sistema esecutivo.

Mettendo da parte il ruolo tradizionalmente neutrale da presidente della Turchia, Erdogan è intervenuto per guidare la campagna del suo vecchio partito. Forse la marcata accusa contro i partiti di opposizione, responsabili di aver «formato delle bande» e di essersi schierati da parte dei «terroristi», riporta Politico, ha scatenato l’indignazione della massa anti-Erdogan, la quale ha reagito al suo obiettivo di consolidare il potere.

DEMIRTAS E IL FENOMENO CURDO

Tra i partiti di opposizione – che vede quello socialdemocratico Chp in testa con 25,05 per cento e quello nazionalista Mhp con un 16,36 percentuali – la novità sta tutta nel fenomeno curdo.

Selahattin Demirtas e il suo partito curdo (Hdp), nato nel 2014, ha ottenuto un 13 per cento superando la critica soglia di sbarramento. Ansa riporta come il ‘Podemos curdo’ abbia attirato parte del voto conservatore del Kurdistan che nelle scorse politiche era andato ad Erdogan, nonché una buona parte dei circa tre milioni di giovani che quest’anno votano per la prima volta.

Un’altra prova importante sarebbe l’evoluzione dell’idea libertaria di Demirtas che, dopo la rivolta dei ragazzi di Gezi Park nel 2013 repressa in maniera brutale, ha conquistato molti consensi che vanno proprio contro le caratteristiche di ‘leader forte’ proprie di Erdogan.

UN RISULTATO CHE POTREBBE ALLEVIARE LE PROBLEMATICHE PKK

Secondo Nigar Goksel, analista senior turco per l’International Crisis Group citato da Politico, se il partito non avesse superato la soglia del 10 per cento, i parlamentari dell’Hdp sarebbero potuti andare a Diyarbakir per formare un parlamento autonomo. Questo avrebbe sicuramente inasprito il contrasto tra turchi e curdi, causando inevitabilmente un’ulteriore  giustificazione per le insurrezioni del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Tuttavia, dato che ora il partito Hdp ha avuto accesso ad Ankara, instaurandosi come partito politico e non come gruppo d’indipendenti, sarà possibile avere una controparte curda per poter sostenere una discussione più chiara e democratica. Secondo l’analista Goksel , affrontare le questioni da lungo tempo invocate dalle popolazioni curde nel Sudest della Turchia – come un’educazione tramite la loro lingua madre, una costituzione che non sia discriminatoria, una legge anti-terrorismo più equa e altro ancora – potrà persuadere il Pkk a disarmarsi e a trasformare il cessate fuoco, instaurato nel 2013, in un accordo di pace duraturo.

 
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