Migliaccio: l’olio di palma non fa male e aiuta le economie locali

Sempre più spot televisivi concludono recitando un messaggio dall’intento rassicurante: «Senza olio di palma». Ma non è facile decidere se eliminarlo del tutto, poiché i nutrizionisti stessi si dividono nelle loro raccomandazioni.

Epoch Times ha intervistato Pietro Migliaccio, medico nutrizionista, dietologo e presidente della Società italiana di scienza dell’alimentazione (Sisa). Tra le sue numerose attività, il professor Migliaccio partecipa a numerosi programmi televisivi ed è libero docente in Scienza dell’alimentazione.

Professor Migliaccio, la salubrità dell’olio di palma negli ultimi anni è diventato un argomento molto discusso. Può approfondire questo punto per i lettori? Tanto per cominciare l’olio di palma fa male?

L’olio di palma ‘non fa male’ alla salute umana in quanto tale. Tutto è relativo all’eccesso di grassi saturi totali che si assumono quotidianamente, qualsiasi sia la loro fonte. Ricordo che non è un singolo ingrediente o un prodotto alimentare a ‘fare male’ ma il suo eccesso nella dieta unito a un insieme di fattori, tra cui una scorretta alimentazione e uno stile di vita sedentaria. Gli ultimi Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana [Larn, un documento redatto e pubblicato dalla Società italiana di nutrizione umana che contiene una serie di raccomandazioni scientificamente fondate utili nella ricerca nutrizionale, nella definizione di politiche sanitarie e commerciali e nella formulazione di indicazioni salutistiche, ndr] del 2014 riportano che la quantità di acidi grassi saturi provenienti dalla dieta deve essere inferiore al dieci per cento delle calorie totali giornaliere e l’Italia non supera mediamente questa soglia.

Esistono studi  scientifici su rischi e benefici derivanti dal suo consumo?

Da una metanalisi pubblicata nel 2014, risulta che la sostituzione di una dieta con olio di palma, in percentuali variabili dal 4 al 43 per cento dei vari tipi di grassi mono e polinsaturi, determina un aumento significativo della produzione di colesterolo e del rischio cardiovascolare, che è però in relazione alla percentuale utilizzata e che tuttavia può variare nelle diverse popolazioni sempre in relazione alla quantità totale e alle percentuali di grassi introdotti con la dieta quotidianamente. Dunque, come ho già accennato, tutto dipende da un insieme di fattori riguardanti la dieta intesa nel suo complesso e lo stile di vita.

Questo olio si può sostituire facilmente con altri?

Si può facilmente sostituire con l’olio di girasole, di soia, di arachidi, di colza, eccetera e anche con il burro.

Per quale motivo l’olio di palma viene largamente impiegato nelle industrie alimentari?

Per le sue proprietà funzionali: ha una elevata stabilità termica e resistenza all’ossidazione, inoltre contribuisce ad esaltare il gusto del prodotto alimentare e a conferire consistenza e morbidezza. Inoltre è privo di acidi grassi trans. Un’altra ragione, se non la principale per la quale viene utilizzato dalle industrie alimentari, è il suo basso costo.

Nel 2014 è stata lanciata una petizione su internet che chiedeva la riduzione dell’olio di palma dai prodotti alimentari e finora è stata firmata da circa 170 mila persone. Pare che molti italiani non vogliano il palma nelle loro tavole. Qual è il suo pensiero su questa iniziativa?

Per non consumare olio di palma è sufficiente controllare le etichette nutrizionali dove oggi è obbligatorio scrivere l’olio utilizzato e la sua provenienza. Pertanto ognuno può fare le sue scelte. Preciso che il Parlamento e il Consiglio Europeo hanno adottato il regolamento Ue che prevede l’obbligo di inserire nell’etichetta nutrizionale la quantità di olio o grasso e il tipo di grasso utilizzato. Questo regolamento è entrato in vigore dal dicembre 2011 e sarà obbligatorio dal 13 dicembre 2016. Molte aziende hanno già sostituito la parola grassi vegetali con il nome preciso dell’olio impiegato (colza, soia, palma, arachide, eccetera). Molti Italiani non vogliono l’olio di palma negli alimenti che consumano soprattutto in relazione a una forte e incisiva campagna pubblicitaria contro questo tipo di grasso alimentare.

 

Negli spot televisivi si può notare che le aziende alimentari concludono il messaggio dicendo che il loro prodotto è «senza olio di palma». Ritiene che sempre più industrie alimentari seguiranno questa direzione?

Ritengo di sì. Tuttavia per noi nutrizionisti è importante che la quantità di acidi grassi saturi provenienti dalla dieta sia inferiore al dieci per cento delle calorie totali giornaliere (Larn 2014) nel contesto di un’alimentazione equilibrata e variata.

Su internet si legge che la produzione di olio di palma è associata al disboscamento delle foreste tropicali e alla perdita dell’habitat locale. Qual é il suo pensiero in merito?

Ritengo che talvolta si confondano le cause con gli effetti. Pare che le piantagioni di palme siano nate dove era già stato effettuato il disboscamento per l’utilizzazione del legno. Non escludo tuttavia che questo fenomeno e l’interessamento alla produzione dell’olio di palma siano correlati.

Crede che l’olio di palma sostenibile e la certificazione Rspo rappresentino una buona soluzione?

Ritengo che possa essere una soluzione accettabile. La Rspo [certificazione rilasciata dalla Roundtable on Sustainable Palm Oil, la Tavola rotonda dell’olio di palma sostenibile, un’associazione senza fini di lucro che unisce tutti i soggetti interessati nella produzione dell’olio di palma e che si impegna a produrre un olio sostenibile secondo determinati criteri, ndr] rappresenta un marchio di qualità e attesta che l’olio di palma è stato prodotto senza danno eccessivo per l’ambiente e per la società.

Si sente anche parlare che la produzione dell’olio di palma è associata a fenomeni quali il land grabbing, ossia l’acquisizione di terreni su larga scala (in questo caso da parte di aziende), che provoca sfruttamento dei lavoratori e violazioni dei diritti umani. Qual é il suo pensiero in merito?

Sono spiacente ma non sono a conoscenza dei fenomeni che avvengono all’interno dei Paesi dove si produce l’olio di palma. Tuttavia ritengo che un consumo moderato di olio di palma, in relazione a quanto suggerito dai Larn, possa essere utile all’industria senza danneggiare la salute del consumatore e possa dare un sostegno alle popolazioni dell’Indonesia e della Malesia che mantengono la loro economia soprattutto grazie a questa produzione. Ritengo inoltre che sia importante conciliare le esigenze nutrizionali per la salvaguardia della salute umana con le complesse problematiche del mondo globale.

Per saperne di più:

 

 

 
Articoli correlati