Il 13 aprile, da Riad, il ministro dell’Energia statunitense Chris Wright ha annunciato che Stati Uniti e Arabia Saudita sono pronti a siglare un’intesa preliminare per collaborare allo sviluppo di un programma nucleare civile nel regno arabo.
Secondo Wright, le due nazioni sono sulla buona strada per definire un’intesa che le vedrà collaborare in campo nucleare. Alla sua prima visita in Arabia Saudita come ministro, nell’ambito di un tour tra le potenze energetiche del Golfo, ha anticipato che un memorandum sulla collaborazione energetica tra Washington e Riad saranno resi noti entro l’anno.
«Qualsiasi coinvolgimento americano nel nucleare saudita richiederà un accordo 123», ha dichiarato Wright, riferendosi alla Sezione 123 dell’Atomic Energy Act del 1954, indispensabile per autorizzare governo e aziende statunitensi a operare in questo settore. Tuttavia, le autorità saudite non hanno ancora aderito ai nove requisiti di non proliferazione della norma, che impediscono l’uso militare della tecnologia o la cessione di materiali sensibili.
Le trattative si sono rivelate complesse, poiché Riad resiste alla firma di un’intesa che escluda esplicitamente la possibilità di arricchire uranio o riprocessare combustibile esausto, due passaggi chiave per creare un ordigno nucleare. Il principe ereditario Mohammed bin Salman ha più volte dichiarato che se l’Iran dovesse dotarsi di un ordigno atomico, l’Arabia Saudita non resterebbe a guardare, alimentando così le preoccupazioni di esperti e parlamentari americani su un’eventuale collaborazione nucleare.
Wright ha evitato di commentare l’ipotesi di un’intesa più ampia, auspicata dall’amministrazione Biden, tra cui un programma nucleare civile, garanzie di sicurezza e un riavvicinamento tra Arabia Saudita e Israele.
Primo esportatore mondiale di petrolio, l’Arabia Saudita punta a diversificare le sue fonti energetiche e abbattere le emissioni, come previsto dal piano Vision 2030 del principe ereditario. Il nucleare civile sarà un pilastro centrale di questa transizione.