Urso: la transizione ecologica non deve distruggere l’industria

di Agenzia Nova
12 Marzo 2025 11:23 Aggiornato: 12 Marzo 2025 11:23

Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, in un suo intervento sul Sole 24 Ore scrive che «il piano europeo sull’automotive, illustrato dal commissario Tzitzikostas in un intervento su questo quotidiano, appare come una risposta ancora troppo timida e fuori tempo massimo rispetto alle sfide epocali che l’industria si trova ad affrontare».

Secondo il ministro «siamo a un punto di svolta decisivo per la sopravvivenza del settore. L’automotive europea, stretta tra obiettivi climatici che minano la competitività del comparto e una concorrenza globale sempre più aggressiva, ha bisogno di interventi rapidi ed efficaci, senza infingimenti. In questo contesto, l’Europa non può permettersi incertezze né ambiguità. Le scelte che faremo nei prossimi mesi avranno un impatto significativo sulla sua capacità di tornare ad essere un leader tecnologico e conseguentemente una grande potenza industriale dal respiro mondiale».

Purtroppo, proprio l’incertezza è «ciò che emerge dal documento della Commissione europea sull’auto. In questi ultimi giorni abbiamo troppo spesso assistito, da Bruxelles, a dichiarazioni divergenti sulla strategia sul comparto, che poi non hanno trovato concreta rispondenza nelle proposte dei documenti strategici. Mentre nelle conferenze stampa si parla di ‘piena neutralità tecnologica’, il testo ufficiale resta ancora ambiguo su questo principio fondamentale. Analogamente – continua Urso – , sebbene nelle affermazioni pubbliche si insista sull’importanza di valutare carburanti alternativi come il biofuel, una battaglia che portiamo avanti con decisione da tempo, nel piano strategico europeo la questione è quasi assente. Queste contraddizioni non sono semplici dettagli: generano confusione nelle imprese e rischiano di frenare gli investimenti in un momento in cui le fabbriche in Europa chiudono, la disoccupazione cresce e i consumatori non sono in grado di acquistare veicoli perché troppo onerosi».

Il ministro ritiene «indispensabile che l’Ue definisca chiaramente i principi guida della transizione, allineando dichiarazioni e decisioni. L’Italia si è mossa per prima, guida il fronte delle riforme. Con il non-paper promosso assieme alla Repubblica Ceca e sostenuto da altri tredici Paesi dell’Ue e dalle principali associazioni industriali europee, è riuscita a far inserire nel documento della Commissione due precondizioni fondamentali, assolutamente necessarie ma non sufficienti: il rinvio delle multe previste per il 2025, che avrebbero condotto all’immediato collasso dell’industria automobilistica, e l’anticipo della revisione del regolamento sui veicoli commerciali leggeri, inizialmente previsto per la fine del 2026, già nella seconda metà di quest’anno».

Ma non basta: «Adesso dobbiamo, senza infingimenti, rivedere l’impianto di politica industriale europeo fondato sulla ideologia del Green Deal del 2020. Il rischio è che la transizione ecologica così concepita, lungi dall’aiutare a posizionare l’Unione europea all’avanguardia tecnologica globale, si traduca in un’accelerazione della deindustrializzazione del nostro continente. Non possiamo permettercelo».

L’Europa deve quindi «mettere in campo risorse sufficienti per sostenere concretamente il settore automobilistico e stimolare una domanda interna stabile, per colmare rapidamente il divario con Usa e Cina. Questo sforzo dovrà necessariamente passare anche da una strategia efficace per la produzione di batterie elettriche in Europa, senza le quali l’autonomia strategica del continente rimarrebbe una promessa vuota, con il rischio di ulteriori gravi dipendenze da altri attori mondiali». Nel frattempo, «abbiamo il dovere di continuare a puntare sull’affinamento delle tecnologie esistenti per i motori a combustione ed esplorare nuove tecnologie in coerenza con quanto fatto con gli Ipcei. L’industria europea dell’automotive – conclude Urso – ha bisogno di una scossa di fiducia per evitare la spirale di deindustrializzazione. È necessario un cambiamento radicale. Il futuro del settore merita risposte chiare, coerenti e coraggiose».

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