Donald J. Trump è partito alla grande. Le mosse rapide della sua nuova amministrazione hanno sconvolto Washington. Un fattore importante è senz’altro il contestatissimo Department of Government Efficiency (il Doge): la commissione a tempo limitato guidata da Elon Musk che riporta direttamente al Presidente e che sta concentrandosi su tutto, dal ministero del Commercio all’ente federale dell’Aviazione, con l’obiettivo di rendere il governo meno costoso e più efficiente, suscitando resistenze di ogni genere e accuse di illegalità.
LA RIVOLTA DELLA BUROCRAZIA
L’accesso da parte del Doge ai dati del sistema di pagamento del Tesoro ha spinto i democratici a provare a entrare nel Palazzo del Tesoro il 4 febbraio. Poi ci sono stati ricorsi dei sindacati dei dipendenti federali, manifestazioni davanti al dipartimento del Lavoro, che Musk aveva pianificato di visitare quel giorno, e poi la rivoluzione di Usaid, ora gestita direttamente dal ministro degli Esteri Marco Rubio, che Musk (e forse anche Trump) vuole chiudere.
Il presidente ha anche proposto di eliminare il ministero dell’Istruzione, che ha 4.400 dipendenti, e la Federal Emergency Management Agency, che impiega oltre 20 mila persone. Nelle prime settimane del mandato di Trump, sono stati licenziati circa una ventina di ispettori generali, insieme ai dipendenti del ministero della Giustizia coinvolti nell’indagine del 6 gennaio di Jack Smith, dopo che il presidente aveva graziato o commutato le condanne di circa 1.500 persone entrate nel Parlamento degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.
Il ministero della Giustizia attualmente sta esaminando gli agenti dell’Fbi coinvolti nelle indagini del 6 gennaio, e anche qui potrebbero arrivare molti licenziamenti. Il direttore facente funzione dell’Fbi, Emil Bove, ha detto agli agenti che quelli tra loro «che hanno semplicemente eseguito gli ordini e svolto i propri doveri in modo etico» non messi in congedo.
Trump ha anche revocato l’autorizzazione a gestire informazioni riservate a John Bolton e ai funzionari dell’intelligence che, prima delle elezioni del 2020, avevano liquidato le e-mail dal portatile di Hunter Biden come aventi «tutti i classici tratti distintivi di un’operazione di disinformazione russa». Non solo: l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, e il suo assistente Brian Hook e Anthony Fauci hanno perso tutti la scorta del Secret Service, perché «sono abbastanza benestanti da potersi permettere una scorta privata» ha spiegato Trump.
Trump ha anche “mandato a casa” un gran numero di burocrati e, come riportato dal New York Times, più di 1.000 dipendenti dell’Agenzia per l’Ambiente starebbero per essere licenziati. Poi ci sono le azioni di Trump contro le politiche di diversità, l’equità e l’inclusione (Dei), che stanno a loro volta svuotando gli uffici agenzie federali, al punto che i parlamentari repubblicani stanno sostenendo gli ordini esecutivi di Trump con un nuovo disegno di legge: il Dismantle Dei Act.
LA POLITICA ESTERA
Le politiche di Trump non sono state meno traumatiche su altri fronti. Il suo discorso pre-insediamento sul potenziale “assorbimento” della Groenlandia, del Canada e del Canale di Panama ha preparato il terreno per una rivoluzione anche in politica estera, a cui si aggiunge la guerra dei dazi con Canada, Messico e Colombia, che ha subito visto una tregua dopo che l’Amministrazione ha ottenuto la collaborazione concessioni di quei Paesi (si vis pacem, para bellum, dicevano i romani). Quanto alla Cina, il Partito comunista cinese ha risposto con propri dazi in ritorsione a quelli imposti da Trump, vedremo come andrà a finire.
In questa fase, la figura chiave del Gabinetto Trump è il ministro degli Esteri Marco Rubio, che ha già portato a casa diversi risultati, come l’uscita di Panama dalla Nuova Via della Seta e la collaborazione di vari Stati sudamericani in materia di immigrazione illegale.
Il segretario di Stato ha detto alla famosa giornalista indipendente (ex Fox News) e Youtuber Megyn Kelly che l’acquisizione della Groenlandia dalla Danimarca «non è uno scherzo». E, per inciso, il 3 febbraio il leader della Nato, che include la Danimarca, non ha condannato l’idea di un cambio di sovranità della Groenlandia: «il presidente Trump ci ha avvisati del fatto che nell’estremo nord c’è in ballo una questione geopolitica e strategica», ha detto il segretario generale della Nato Mark Rutte; una questione che «ha a che fare con Svezia, Norvegia, Islanda e Groenlandia e quindi Danimarca, e anche Canada e Stati Uniti. E chiaramente, collettivamente come alleanza, noi cercheremo sempre il modo migliore per affrontare queste sfide».
Sul fronte immigrazione, Trump ha schierato l’esercito americano al confine col Messico e ha delegato alla Guardia Nazionale del Texas l’applicazione delle leggi sull’immigrazione. Gli arresti di sono aumentati al punto che, secondo la Cbs, alcuni arrestati sono stati rilasciati poiché le strutture di detenzione hanno superato il 100 percento della capacità.
LA GUERRA AL DEEP STATE
Un ordine esecutivo di Trump desecreta, per intero, tutti i documenti relativi agli assassinii di John Kennedy, di Robert Kennedy e di Martin Luther King, un altro ordina la creazione di un fondo sovrano statunitense e, mentre la Casa Bianca apre i briefing presidenziali ai nuove Testate giornalistiche, il Pentagono rimuove nientemeno che il New York Times e altre fonti dai propri uffici, e programma di cambiare fonte ogni anno. Trump ha persino rinominato il Golfo del Messico, in “Golfo d’America” e Google ha detto che farà lo stesso per gli utenti statunitensi di Google Maps.
Insomma, l’operatività del Trump 2.0 è di così vasta portata che è impossibile elencare tutto. Ma Trump, i suoi ministri e il suo team riusciranno a sostenere un ritmo così forsennato per quattro anni? In un’intervista a Breitbart del 4 febbraio, il vicepresidente JD Vance ha descritto la velocità della sua amministrazione come «a rotta di collo», garantendo che non rallenterà con il passare delle settimane, né dei mesi: «Penso che il ritmo sarà lo stesso, cambieranno solo le priorità», ha detto Vance.
TSUNAMI TRUMP
Certo è che mentre molti (ma non tutti) democratici cercano di opporsi, anche con violenza, allo tsunami scatenato da Donald J. Trump, i repubblicani sono tutti o quasi compatti al suo fianco.
Qualunque idea politica si abbia (o non si abbia), ormai non si può più negare che la forza di Trump in questo momento storico sia obiettivamente straordinaria. Ha 78 anni, vissuti a dir poco intensamente, e non mostra il benché minimo segno di cedimento o rallentamento, anzi. Ha resistito a innumerevoli difficoltà e a tutti i colpi che esistono nella lotta politica, inclusi quelli di arma da fuoco, ed è ancora in piedi a combattere per quello in cui crede.
Ma l’aspetto più importante dello Tsunami Trump, è che questo presidente degli Stati Uniti trae la propria forza politica dal fatto che decine e decine di milioni di americani credano in lui. Credono che sia disposto a sacrificarsi, letteralmente fino alla morte, per quello in cui gran parte degli americani stessi (Trump incluso) credono: i valori dei Padri Fondatori. Quei valori fondanti della repubblica degli Stati Uniti d’America che, per troppi anni, sono stati sbeffeggiati, calpestati e traditi. Insomma, Trump trae la propria forza soprattutto dal fatto che gli americani sono in larga maggioranza d’accordo con lui. E, last but not least, perché Donald J. Trump mantiene le promesse: è una di quelle (rare) persone che fa quello che dice. E questo, in politica più ancora che nella vita, vale più di qualunque cosa.
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