Trump tende la mano all’Iran per l’ultima volta

di Redazione ETI/Ryan Morgan
12 Aprile 2025 11:24 Aggiornato: 12 Aprile 2025 11:24

Il 12 aprile a Mascate, in Oman, i negoziatori di Washington e Teheran si siederanno allo stesso tavolo per discutere del programma nucleare iraniano, per un confronto diretto voluto dal presidente Trump.

Nelle ultime settimane il capo della Casa Bianca ha aumentato la pressione su Teheran, pretendendo un nuovo accordo che fermi il programma nucleare iraniano e escluda in modo definitivo la possibilità di un’arma atomica. Il 30 marzo Trump ha lanciato un avvertimento senza mezzi termini: «Se non faranno un accordo, ci saranno bombardamenti».

Nel 2015 l’Iran aveva aderito al Piano d’azione congiunto, accettando di ridurre le scorte di uranio e di non arricchirlo oltre i livelli stabiliti. Ma nel 2018, durante il suo primo mandato, Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’intesa, ripristinando le sanzioni economiche contro l’Iran e chiedendo un nuovo quadro negoziale. Teheran ha risposto abbandonando progressivamente gli obblighi previsti e riprendendo il proprio programma nucleare. In seguito Trump non è riuscito a definire un accordo durante il suo primo mandato, e anche i successivi tentativi dell’amministrazione Biden di riportare Washington nell’intesa del 2015 si sono arenati.

Dall’Iran il portavoce del ministero degli Esteri, Esmaeil Baqaei, ha confermato che Teheran parteciperà ai colloqui con un atteggiamento costruttivo, ma vigilerà con attenzione sulle effettive intenzioni di Washington.

I negoziati sul nucleare si intrecciano anche con il tentativo della Casa Bianca di riavviare una tregua a Gaza. «Stiamo lavorando per un altro cessate il fuoco», ha dichiarato Trump, ricevendo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca il 7 aprile.

Di recente, l’amministrazione Trump ha intensificato la presenza militare in Medio Oriente. Il primo aprile, il Pentagono ha annunciato che la squadra navale comandata dalla portaerei nucleare Carl Vinson è in rotta verso l’area di competenza, mentre i bombardieri strategici stealth B-2 Spirit sono già stati dislocati nella base americana Diego Garcia, nell’Oceano Indiano. Nella regione – a dimostrazione dell’imponente potenza di fuoco dispiegata dal Pentagono, opera già da tempo un’altra super-portaerei nucleare, la Uss Harry Truman, impiegata nelle operazioni contro i miliziani Houthi in Yemen.

Gli Houthi, recentemente dichiarati da Trump organizzazione terroristica, hanno ripreso a lanciare missili e droni contro Israele e contro navi militari e commerciali nel Mar Rosso, giustificando gli attacchi come un atto di solidarietà con i palestinesi, e dichiarando che continueranno finché le forze israeliane non lasceranno la Striscia di Gaza. Dopo la tregua tra Israele e Hamas di gennaio, gli attacchi si erano diradati, ma il cessate il fuoco è finito a marzo, e da allora gli Houthi hanno ripreso l’offensiva.

Donald Trump ha accusato direttamente Teheran di armare e di dirigere gli Houthi: «Ogni colpo sparato dagli Houthi sarà considerato, da questo momento in poi, ordinato dall’Iran, che sarà ritenuto responsabile e ne pagherà le conseguenze», ha scritto il presidente il 17 marzo su Truth.

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