La politica di Trump su Taiwan e il relativo rapporto con la Cina è ancora un enigma, anche se ci sono alcuni segnali che lasciano intravedere chiaramente le intenzioni della Casa Bianca.
Questi sviluppi hanno fatto poco rumore, ma non sono passati inosservati al ministero degli Esteri cinese, che ha reagito con durezza. Da sempre, il Taiwan Relations Act del 1979 regola i rapporti tra Stati Uniti e Taiwan, con tre comunicati Usa-Cina e sei rassicurazioni da Washington a Taipei che, almeno in teoria, hanno messo i puntini sulle i. Il termine “One China” nasce dal primo comunicato del 1972, eco di un tempo diverso da quello attuale. Ora, con il ministro degli Esteri Marco Rubio, il ministero degli Esteri statunitense sembra essere deciso a rivedere le relazioni tra i tre Paesi.
Nel dossier del Ministero degli Esteri Usa “Relazioni Usa con la Cina”, la dicitura “Repubblica Popolare Cinese” è scomparsa. Un dettaglio che pesa. I nomi hanno un valore, e l’amministrazione Trump sembra pronta a ridefinirli. Guo Jiakun, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha puntato il dito contro gli Stati Uniti, accusandoli di «sminuire la politica estera di Pechino e alimentare una cosiddetta competizione strategica».
Il dossier afferma: «Gli Stati Uniti gestiranno i rapporti con la Cina puntando su reciprocità ed equità. Lavoriamo per scoraggiare l’aggressività cinese, contrastare le sue pratiche commerciali scorrette, proteggere la sicurezza informatica, bloccare il traffico del fentanyl, limitare l’influenza di Pechino nelle organizzazioni internazionali e chiedere conto delle violazioni dei diritti umani in Cina e nel mondo».
Interpellato sul cambio di nome, un funzionario del ministero degli Esteri ha spiegato: «Gli Stati Uniti riconoscono la Repubblica Popolare Cinese, ma molti la chiamano semplicemente “Cina”. Questa amministrazione punta su messaggi chiari e coerenti».
LA POSIZIONE DELL’AMERICA SULL’INDIPENDENZA DI TAIWAN
Per decenni, la politica statunitense ha sempre dichiarato di non sostenere l’indipendenza di Taiwan. Ora, nel dossier “Relazioni Usa con Taiwan” del ministero degli Esteri, quella frase è stata cancellata, e Pechino ha reagito duramente a questa questione, più che al cambiamento del nome in sè. Zhu Fenglian, portavoce dell’Ufficio per gli Affari di Taiwan, ha dichiarato: «Questo cambiamento compromette pace e stabilità nello Stretto di Taiwan».
Il dossier aggiunge inoltre una novità di spessore: «Gli Stati Uniti continueranno a sostenere la partecipazione di Taiwan nelle organizzazioni internazionali, inclusa l’adesione dove possibile». Un’affermazione che potrebbe portare Taipei all’Onu o all’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile .
Un giornalista ha chiesto al ministero degli Esteri se gli Stati Uniti stiano spingendo Taiwan a cambiare nome da “Repubblica di Cina” a qualcosa come “Repubblica di Taiwan”, ma non è stata rilasciata alcuna risposta al momento della pubblicazione. In ogni caso, distinguere meglio le due entità potrebbe allentare le tensioni.
UN MILIARDO DI DOLLARI DI AIUTI PER TAIWAN
Mentre molta dell’assistenza estera è stata sospesa dal Doge, l’aiuto militare a Taiwan è comunque in cantiere, considerato una priorità. Quasi un quarto dei fondi sono destinati a finanziare sistemi di comando, controllo, comunicazione e intelligence, soprattutto il Link 16, che collega le armi taiwanesi a piattaforme americane e a quelle alleate.
Lin Jian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha commentato: «Siamo molto preoccupati. La Cina si oppone da sempre all’assistenza militare americana alla regione di Taiwan, una grave violazione del principio di una sola Cina e dei tre comunicati Cina-Usa».
Le strategie di Trump quindi, tra dossier e aiuti, stanno ridisegnando la politica americana nella regione.
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