Trump sospende i dazi al mondo ma li alza (ancora) al regime cinese

di Jack Phillips, Tom Ozimek, Emiliano Serra
10 Aprile 2025 9:36 Aggiornato: 11 Aprile 2025 9:06

Il presidente Trump ha reso nota il 9 aprile la decisione di sospendere per 90 giorni i dazi reciproci, entrati in vigore nella stessa giornata, ma incrementando nel contempo il livello dei dazi applicati alla Cina.

Con un messaggio diffuso sui social network, Trump ha comunicato la sospensione dei dazi reciproci, inizialmente proclamati il 2 aprile e da lui definiti come il «Giorno della Liberazione», mantenendo però un’aliquota di base uniforme del 10% su tutti i beni.

Il presidente americano ha evidenziato che oltre 75 nazioni hanno reagito alla sua politica con aperture diplomatiche, anziché con ritorsioni, sottolineando come tali Paesi «non abbiano opposto alcuna forma di rappresaglia agli Stati Uniti», mentre ha accusato il governo cinese di mostrare «mancanza di rispetto» verso la comunità internazionale e gli Stati Uniti nella gestione delle dinamiche commerciali.

Di conseguenza, Trump ha annunciato un ulteriore incremento dei dazi cumulativi sui prodotti cinesi, portandoli dal 104% al 125%, in risposta all’ultima reazione del regime comunista cinese che ieri ha elevato i dazi sui beni americani all’84%. «Io spero che presto la Cina capisca che non è più possibile né tollerabile continuare a sfruttare gli Stati Uniti e altre nazioni», ha scritto Trump facendo evidentemente riferimento allo spregio che il regime cinese ha sempre dimostrato per le regole del libero mercato e del commercio internazionale (sfruttamento degli operai, lavoro schiavista, sussidi pubblici senza limiti, dumping eccetera).

Poco dopo l’annuncio, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha precisato ai giornalisti che l’aliquota sarà uniformata «a un dazio generale del 10%» per tutti i Paesi, esclusa la Cina.

Funzionari della Casa Bianca hanno poi specificato che il dazio base del 10% rimane in ogni caso in vigore per tutte le nazioni, eccetto Canada e Messico. Il dazio reciproco del 20% imposto dall’Unione Europea è stato sospeso, mentre le esenzioni per specifici settori rimangono inalterate. Restano in vigore anche i dazi legati al fentanile su Canada e Messico, con i prodotti non conformi all’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada soggetti a un’aliquota del 25%, salvo energia e potassio, tassati al 10%.

Intervenendo davanti ai giornalisti fuori dalla Casa Bianca il 9 aprile, Trump ha dichiarato che 75 Paesi vogliono concludere accordi commerciali con gli Stati Uniti in risposta alla sua politica doganale, che il presidente americano considera un’occasione irripetibile per ridisegnare il commercio internazionale, riportare industrie sul suolo americano e ridurre l’enorme deficit commerciale degli Stati Uniti con il resto del mondo.

«Qualcuno doveva pur farlo», ha commentato Trump, aggiungendo che un simile cambiamento epocale nella politica commerciale richiede ovviamente determinazione e sopportazione, tanto da parte dei vertici quanto dei cittadini americani: «Tutti sapevano che era necessario, ma nessuno aveva mai avuto il coraggio di agire», ha spiegato Trump riferendosi all’impiego dei dazi per riequilibrare gli accordi commerciali internazionali, finora penalizzanti per gli Usa. «Serve audacia! Serve audacia anche al nostro Paese per affrontare tutto questo. Perciò io vi dico: mantenete la calma e tutto si risolverà».

La dichiarazione del 9 aprile sulla sospensione dei dazi per 90 giorni ha scatenato un’impennata a Wall Street. L’indice S&P 500 ha guadagnato 474,13 punti, pari al 9,52%, chiudendo a 5.456,90 punti, segnando il più grande incremento giornaliero mai registrato in termini assoluti e la maggior crescita percentuale in un solo giorno dal 2008. Il Nasdaq Composite è salito di 1.857,06 punti, ossia del 12,16%, attestandosi a 17.124,97, mentre il Dow Jones Industrial Average è aumentato di 2.962,86 punti, pari al 7,87%, raggiungendo quota 40.608,45.

La settimana precedente, dopo l’annuncio dei dazi reciproci del 2 aprile, gli investitori erano stati colti dal panico, con le azioni protagoniste di una vendita massiccia durata quattro giorni, la peggiore degli ultimi cinque anni. Già in quel momento di forte instabilità, Trump aveva invitato gli americani a «resistere» durante quella che aveva descritto come una fase di transizione complessa ma indispensabile, destinata a produrre un esito «storico».

L’ultimo annuncio, tuttavia, lascia ancora un velo di incertezza tra gli investitori: «Per il momento, la dichiarazione di Trump ha innescato un aumento dei mercati azionari, che con ogni probabilità proseguirà giovedì con l’apertura delle piazze asiatiche ed europee» osserva Carsten Brzeski di Ing , «va però ricordato che situazioni simili si sono già verificate: annunci seguiti da pause, per poi vedere i dazi originari nuovamente applicati. Pertanto, è opportuno mantenere una certa prudenza, considerando anche che il presidente Trump necessita di risorse per finanziare i tagli fiscali promessi».

Il ministro del Tesoro, Scott Bessent, ha di recente spiegato che i proventi derivanti dai dazi finanzieranno quattro iniziative fondamentali per supportare i cittadini a basso reddito: l’abolizione delle imposte sulle mance, sulla previdenza sociale e sugli straordinari, oltre alla deducibilità degli interessi sui finanziamenti per automobili prodotte negli Stati Uniti. Trump, ha dichiarato Bessent a Tucker Carlson in un’intervista del 4 aprile, «sta costruendo una soluzione per migliorare le condizioni di vita del 50% più povero dei lavoratori. Perché sono loro a trarre vantaggio da questi quattro provvedimenti». Bessent prevede che i ricavi annuali derivanti dall’intera strategia doganale di Trump potrebbero oscillare tra i 300 e i 600 miliardi di dollari, «Se riuscissimo a imporre un dazio del 20%, facendolo pagare a soggetti stranieri, e utilizzassimo quei fondi per ridurre il nostro deficit pubblico e mantenere basse le tasse interne, avremmo una formula originale, che non si vede da tempo in questo Paese»

Commentando la sospensione dei dazi per 90 giorni, Bessent ha detto ai giornalisti che il presidente ha invitato di nuovo, come aveva già fatto nei giorni scorsi, le diverse nazioni a «non reagire […] Ogni Paese al mondo che desideri negoziare, troverà in noi un interlocutore disponibile». Nella stessa giornata, durante un incontro con i banchieri, il ministro del Tesoro americano aveva lanciato un avviso, generico ma molto indicativo, che le nazioni troppo vicine al regime cinese potrebbero venire colpite.

In conclusione, con l’ultima mossa dell’amministrazione Trump, viene confermata l’analisi secondo cui il vero obiettivo dei dazi decisi da Donald Trump sarebbe il regime cinese. Saremmo insomma di fronte a una strategia che intende, sì, riequilibrare una bilancia commerciale sfavorevole (in parte) a causa di politiche commerciali generali scorrette – che hanno approfittato della obiettiva “debolezza” delle varie amministrazioni succedutesi negli ultimi decenni – ma che anche e soprattutto mira a colpire la dittatura comunista cinese.

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