Trump contro banca Capital One: dominata da ideologia woke

di redazione eti/Naveen Athrappully
10 Marzo 2025 16:00 Aggiornato: 10 Marzo 2025 19:01

Donald Trump ha fatto causa contro Capital One per aver chiuso centinaia di conti collegati al Presidente, causando gravi perdite finanziarie.

La causa, presentata il 7 marzo scorso dal Donald J. Trump Revocable Trust, dalla DJT Holdings, la DTTM Operations ed Eric Trump, accusa la banca con sede in Virginia di aver escluso dai servizi bancari i querelanti e le loro entità affiliate senza alcun preavviso, «subendo notevoli danni e perdite finanziarie, dovute non solo all’interruzione dell’accesso ai servizi bancari di Capital One, ma anche all’impatto diretto sulla capacità dei querelanti di effettuare transazioni e accedere ai loro fondi».

Secondo la causa depositata presso il Tribunale del Circuito di Miami-Dade, Capital One ha informato le organizzazioni Trump l’8 marzo 2021 che i loro conti sarebbero stati chiusi il 7 giugno 2021. La banca, secondo quanto riferito, non avrebbe offerto «nessuna possibilità di ricorso, soluzione o alternativa: la sua decisione è stata definitiva».

Secondo i querelanti Capital One avrebbe agito spinta da «convinzioni e ideologie “woke”, prendendo le distanze dal Presidente e dalle sue opinioni politiche conservatrici, e portando la banca a chiudere bruscamente i conti delle organizzazioni». Hanno aggiunto, inoltre, che la decisione di Capital One fa parte di una tendenza crescente tra le istituzioni statunitensi di «tagliare l’accesso ai servizi bancari a un consumatore se le sue opinioni politiche contrastano con quelle dell’istituto finanziario».

Uno dei motivi per cui la causa è stata presentata in Florida è lo statuto statale 655.0323, che definisce «una pratica pericolosa e insicura per un’istituzione finanziaria negare o cancellare i propri servizi» a persone con opinioni politiche o religiose divergenti. In risposta, un portavoce ha dichiarato in un’e-mail che «Capital One non ha mai chiuso e non chiude conti dei clienti per motivi politici».

LA BANCA PER I CONSERVATORI

Trump, durante Il summit del World Economic Forum, ha rimproverato le grandi banche statunitensi per aver discriminato individui e organizzazioni di ideologia conservatrice. «Spero che iniziate a prestare servizi ai conservatori, perché molti si lamentano che le banche non permettono loro di fare affari, e questo include la Bank of America» ha detto il Presidente, rivolgendosi all’amministratore delegato della Bank of America, Brian Moynihan.

«Non so se siate state influenzati in passato da Biden o altro, ma spero che tu, e tutti gli altri apriate le vostre banche ai conservatori, perché quello che state facendo è sbagliato». Ha commentato Trump, riferendosi a Jamie Dimon, amministratore delegato della JPMorgan Chase. Nel 2021, dopo che Biden è salito al potere, Trump è stato preso di mira da diverse banche, tra cui la Bank United e la Professional Bank, chiudendo i suoi conti.

Anche la Signature Bank di New York e la Deutsche Bank hanno interrotto i loro rapporti col Presidente. L’anno scorso, un gruppo di 15 procuratori generali ha inviato una lettera alla Bank of America chiedendo di smettere di escludere i clienti per motivi politici e sostenendo che i servizi bancari sono una necessità sociale, e che per questo «le banche nazionali come la vostra ricevono aiuti finanziari e godono di privilegi speciali pagati dai cittadini americani».

La senatrice Elizabeth Warren, da sempre oppositrice di Trump, ha offerto il suo sostegno al Presidente su questa questione all’inizio del mese scorso. «Donald Trump ha centrato un problema reale quando ha criticato la Bank of America per le sue pratiche di esclusione bancaria».

La lettera dei procuratori generali, insieme al sostegno di Warren, è stata evidenziata nella causa presentata dalle organizzazioni di Trump. «Prendiamo questa questione molto sul serio», ha detto un portavoce di Bank of America a Reuters a gennaio, dopo il discorso di Trump a Davos. «Ci confronteremo con l’amministrazione e il Congresso riguardo alle normative governative che a volte ci impongono di terminare rapporti. Non abbiamo mai chiuso conti per motivi politici».

«Dovrebbero esserci linee molto più nette su cosa dobbiamo e non dobbiamo fare. Abbiamo esposto questa questione da anni ormai, è una cosa che va risolta», ha detto l’amministratore delegato di JP Morgan, Jamie Dimon, in un podcast questa settimana, prima dei commenti di Trump.

 

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