Sulla Federal Reserve serve una riflessione

di Jeffrey A. Tucker per ET USA
25 Aprile 2025 9:01 Aggiornato: 25 Aprile 2025 9:01

Il movimento popolare che mette in discussione la capacità della Federal Reserve di gestire la moneta nazionale si è rafforzato nel corso dei decenni. Libri, articoli e prove crescenti indicano chiaramente che qualcosa è andato storto. Con le critiche aperte e persino le minacce, poi ritrattate, dell’amministrazione di Trump di destituire il presidente della banca centrale, siamo entrati in una nuova era. Non è più un argomento intoccabile. Ed era ora.

La Federal Reserve è stata istituita nel 1913. Per comprenderne le origini, è necessario considerare il contesto politico e culturale dell’America dell’epoca. Il Paese aveva attraversato decenni di una straordinaria crescita economica, segnata da progressi tecnologici senza precedenti in settori come l’illuminazione, i trasporti, la metallurgia, l’energia, le comunicazioni e l’aviazione. Questi sviluppi, avvenuti quasi simultaneamente, avevano portato a un notevole miglioramento del tenore di vita.

La grande domanda del tempo era: perché tutto questo è accaduto nello stesso momento? Alcuni, come il sottoscritto, attribuiscono tali risultati alla libertà, al commercio e all’accumulo di capitale. Tuttavia, un’interpretazione più semplice, e all’epoca condivisa dai pensatori più autorevoli, puntava sul progresso scientifico e sull’ingegneria avanzata. Ingegneri e scienziati godevano di un prestigio immenso mentre le città si espandevano verso il cielo, gli aerei solcavano i cieli e l’oscurità si trasformava in luce. L’idea dominante era che gli esperti, con risorse sufficienti, potere e piani ben congegnati, potessero risolvere qualsiasi problema. Questo valeva anche per il sistema bancario. Dopo decenni di fallimenti bancari, cicli economici instabili, segnali di investimento distorti e un’apparente caos, culminato nella crisi finanziaria del 1907, si riteneva necessaria una riforma.

La soluzione sembrava ovvia: riunire le menti più brillanti, i più esperti e i più lungimiranti per creare una banca centrale, sul modello della Germania e dell’Inghilterra. In questo modo, razionalità, ingegneria avanzata e scienza avrebbero guidato la gestione della moneta, del sistema bancario e dell’economia. Nacque così la Federal Reserve, un’istituzione ibrida pubblico-privata che invitava tutte le banche del Paese a partecipare al suo sistema di compensazione. In cambio del monopolio concesso dal governo, le banche si impegnavano a garantire il debito pubblico. Gli esperti avrebbero assunto il controllo, gestendo la creazione di moneta, i tassi di interesse e i cicli economici.

Sulla carta, tutto sembrava perfetto. La Federal Reserve avrebbe favorito la stabilità delle imprese, mantenuto aperte le banche durante le crisi, stimolato la creazione di posti di lavoro e tenuto l’inflazione sotto controllo. L’architettura del sistema, decentrata a livello statale ma centralizzata a New York e successivamente a Washington, appariva impeccabile. Cosa poteva andare storto?

Il difetto fatale risiedeva nel rapporto con il governo federale, che ne era il principale patrocinatore. La Federal Reserve era obbligata ad agire su richiesta del governo in cambio del mantenimento del suo cartello bancario. In pratica, il governo disponeva di una macchina per stampare denaro, una ricetta per il disastro. Nessuno lo disse apertamente, ma questo era l’effetto. La banca centrale si trovava costantemente sotto pressione politica per mantenere i tassi bassi, garantire la liquidità del sistema finanziario, prevenire fallimenti bancari e finanziare qualsiasi politica, per quanto sconsiderata, il governo intendesse perseguire.

Il primo grande compito della Federal Reserve fu finanziare l’intervento degli Stati Uniti nel conflitto europeo poi noto come Prima Guerra Mondiale. Le rotative entrarono in azione, rendendo possibile la guerra non solo per gli Stati Uniti, ma anche per i governi europei. Fu la prima grande guerra delle banche centrali. Con il potere di stampare moneta, i governi avevano meno incentivi a cercare rapidamente la pace o a contenere i conflitti. Questo rese la Prima Guerra Mondiale la prima guerra totale, con un coinvolgimento significativo delle popolazioni civili in molti Paesi, tra cui la la leva obbligatoria.

Nel dopoguerra, la maggior parte delle valute, tra cui il dollaro statunitense, risultò devastata. Era un presagio di ciò che sarebbe accaduto. La Federal Reserve aveva promesso di stabilizzare i cicli economici e contenere l’inflazione, ma si verificò l’esatto opposto, decennio dopo decennio. La ragione principale era chiaro: mentre il vecchio sistema serviva i depositanti, il nuovo serviva principalmente il governo e sé stesso. Su questo non vi sono dubbi.

A distanza di oltre un secolo, il quadro è chiaro: il potere d’acquisto del dollaro è stato polverizzato. Un dollaro del 1913 vale oggi tre centesimi. Nemmeno la grande inflazione della Spagna nel tardo Medioevo raggiunse livelli simili. La Federal Reserve ha abusato del suo potere, e il governo ha sfruttato il sistema bancario e monetario per alimentare la crescita e il consolidamento di uno Stato onnipotente.

Nessuno degli ideatori della Federal Reserve aveva previsto un tale esito. Erano uomini di finanza e banche di grande competenza, convinti di poter migliorare un sistema bancario decentralizzato, con le sue crisi periodiche dovute a fasi di speculazione sfrenata. Nel tentativo di perfezionare il sistema, hanno creato un disastro colossale.

Il problema non è solo l’inflazione, ma l’instabilità generata dal controllo centralizzato dei tassi di interesse. I cicli economici sono diventati più severi dalla creazione della Federal Reserve, con effetti più profondi sui mercati del lavoro. Prima della sua istituzione, il concetto di disoccupazione strutturale era quasi inesistente, poiché c’era sempre lavoro da svolgere e persone disposte a pagarlo. Dopo la Federal Reserve, e specialmente dopo il 1929, la disoccupazione è diventata una condizione cronica della vita economica moderna.

Un altro aspetto emerso chiaramente dopo che Richard Nixon abbandonò il gold standard e un accordo internazionale rese il dollaro la valuta di riferimento per il commercio mondiale è che la Federal Reserve divenne lo strumento di regolamento per tutte le transazioni internazionali. Tutti i governi erano felici di detenere attività denominate in dollari. Tuttavia, ogni esperto di commercio sa che il Paese con la valuta più forte sarà sempre svantaggiato come produttore ed esportatore. A parità di condizioni, la produzione sarà più vantaggiosa altrove.

Esiste una soluzione: consentire al potere d’acquisto di crescere internamente e ai costi di produzione di scendere per allinearsi a quelli dei partner commerciali, mentre la loro struttura dei costi si muove in direzione opposta. È così che si bilanciano i conti. La Federal Reserve non ha seguito questa strada. Al contrario, ha permesso un abuso sfrenato dello status del dollaro per continuare a finanziare lo Stato sociale e la macchina militare, accumulando debiti e deficit perpetui che ora minacciano la prosperità in modo fondamentale. Le crisi finanziarie sono diventate leggendarie.

E veniamo al presente. Il presidente Donald Trump si è distinto come il principale statista del XXI secolo a riconoscere ciò che ormai è evidente. Ha sostenuto che gli Stati Uniti non possono prosperare a lungo termine come semplici consumatori, gravati di debiti, della produzione cinese. È necessario recuperare il ruolo di nazione manifatturiera, e i dazi, secondo lui, sono la via da seguire. I mercati finanziari non hanno accolto con entusiasmo il suo piano. Inizialmente spiazzato dallo scetticismo, il presidente ha individuato il vero problema nella Federal Reserve stessa. Ha chiesto una riduzione dei tassi di interesse, ma la banca centrale ha replicato che ciò è rischioso. Ha appena domato un’ondata inflazionistica particolarmente grave: perché mettere a repentaglio il Paese con un nuovo ciclo di allentamento quantitativo?

Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, avanza argomenti validi, ma la sua credibilità è limitata. La banca centrale ha atteso troppo a lungo per alzare i tassi l’ultima volta – quando erano a zero durante il precedente mandato di Trump – e ora il presidente ritiene che stia tardando troppo a ridurli. Ma poniamoci una domanda più radicale: perché dovrebbe essere la Federal Reserve a decidere, anziché lasciare che siano le forze di mercato a determinare l’andamento?

Le posizioni e le richieste di Donald Trump sono discutibili, ma sembra essere il suo destino sollevare interrogativi che richiedono risposte. Perché la Federal Reserve detiene tanto potere? Qual è questa relazione di co-dipendenza tra la banca centrale e il governo centrale? Come potrebbe non sfociare in corruzione e cattiva gestione? Dopo oltre un secolo di esperienza, è tempo di riconsiderare il grande errore della sua creazione.

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