Quindici minuti di telefonata tra il vicepresidente del Consiglio e leader della Lega Matteo Salvini e il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance. «Oggi ho avuto l’onore e il piacere di avere una telefonata con il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance. È stata un’opportunità per riaffermare la forte amicizia e cooperazione tra i nostri due Paesi. È mia intenzione organizzare una missione negli Stati Uniti con aziende e investitori italiani, poiché abbiamo eccellenze, anche nel settore delle infrastrutture, invidiate in tutto il mondo» ha scritto Salvini su X, cercando di indicare un qualche interesse diretto, in quanto ministro delle Infrastrutture, nell’aver voluto parlare col vicepresidente americano.
Ma diversi analisti considerano questa mossa alquanto azzardata. D’altra parte, il ministro degli Esteri, vicepresidente del Consiglio e segretario di Forza Italia Antonio Tajani, non ha mancato di rimarcare immediatamente: «La politica estera la fanno il Presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. Queste sono iniziative, legittime, personali, ma la politica estera la fa il Premier e il ministro […] Se qualche ministro poi vuole parlare con esponenti di amministrazioni di vari Paesi è legittimo. La linea politica, lo ripeto, la danno il Presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri».
Ufficialmente, non risulta nessuno scontro e nessuna irritazione da parte del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Il governo è stabile ed è unito più che mai. Non riusciranno mai a farmi litigare con Giorgia» ha poi detto Salvini a latere di un evento istituzionale a Napoli.
Nonostante le (fisiologiche) scaramucce tra i leader dei due partiti minori della maggioranza, quest’ultima risulta per ora solida, con Giorgia Meloni che evita ogni potenziale attrito e garantisce regolarmente sulla tenuta della propria coalizione fino a fine legislatura.
Ma rimane il fatto che quella telefonata non sia del tutto allineata al ruolo istituzionale del trumpiano ministro delle Infrastrutture. Salvini stesso, riportato da Adn Kronos, ha infatti dichiarato: «Abbiamo parlato di tregua, pace, di dialogo con Zelensky e Putin. Invece in Europa si parla di spendere 800 miliardi di euro per armamenti. È una follia […] Anche 800 milioni sono una follia. In Europa dobbiamo lavorare per pace e disarmo».
Al di là della dichiarazione di principio – pace convivenza tra popoli sono senza dubbio auspicate, e persino sognate, dalla stragrande maggioranza delle persone al mondo – la realtà è che proprio Donald Trump ha detto che l’Europa deve spendere di più per la propria autodifesa. Richiesta che è stata pragmaticamente accolta e interpretata dal presidente del Consiglio Meloni in un suo recente intervento in Parlamento, dove ha sottolineato come sapersi difendere da soli sia anche garanzia di maggiore libertà, rispetto al dover delegare la propria difesa ad altri.
D’altra parte, l’Italia ha iniziato il propio processo di ammodernamento ed espansione della propria difesa nel 2014, come questo giornale ha avuto modo di spiegare recentemente. In senso stretto, quindi, il “riarmo” nei fatti è già iniziato da diversi anni, e si tratta di un processo che in buona parte prescinde dall’esecutivo in carica in un dato momento.