Il programma politico del presidente Donald Trump viene ostacolato da una lunga serie di ordinanze emesse da giudici federali, molte delle quali hanno portata nazionale. Queste «ingiunzioni universali» consentono a un singolo giudice di bloccare politiche su scala nazionale e negli ultimi anni il loro utilizzo è aumentato, suscitando proteste da parte delle amministrazioni presidenziali. Recentemenet, Trump ha denunciato questo fenomeno e ha chiesto alla Corte Suprema di intervenire: «Le ingiunzioni nazionali illegali dei giudici radicali di sinistra potrebbero portare alla distruzione del nostro Paese!» ha scritto il 20 marzo su Truth «Queste persone sono dei pazzi che non si preoccupano, neanche un po’, delle conseguenze delle loro decisioni e sentenze pericolose e sbagliate».
AUMENTO DELLE INGIUNZIONI NAZIONALI
Secondo uno studio dell’Harvard Law Review, il numero di queste ordinanze è aumentato significativamente. La maggior parte proviene da giudici nominati da presidenti di un partito opposto a quello in carica attualmente, spesso grazie al judge shopping, una strategia con cui i querelanti scelgono giudici ritenuti più favorevoli al loro caso.
Durante i mandati di George W. Bush e Barack Obama, rispettivamente sei e dodici ingiunzioni nazionali sono state emesse contro le loro decisioni. Il numero è salito a 64 durante il primo mandato di Trump, di cui 59 emesse da giudici nominati da presidenti democratici. Joe Biden, invece, ha ricevuto 14 ingiunzioni, un numero leggermente superiore a quello di Obama.
I giudici giustificano la portata nazionale dei loro provvedimenti. A febbraio, il giudice federale Brendan Hurson ha bloccato un ordine esecutivo di Trump sulle cosiddette «cure di affermazione di genere» sostenendo che «gli ospedali in tutto il Paese rischiano di perdere finanziamenti federali per aver fornito tali cure, per cui è necessaria un’ingiunzione nazionale».
Anche il giudice John Coughenour, nel bloccare l’ordine di Trump sulla cittadinanza per nascita, ha dichiarato che una restrizione geografica dell’ingiunzione sarebbe «inefficace», poiché gli Stati ricorrenti dovrebbero pagare per i figli degli immigrati illegali che viaggiano da altri Stati.
REVISIONE DELLA CORTE SUPREMA
L’ordine di Trump sulla cittadinanza per nascita è tra i casi che potrebbero arrivare alla Corte Suprema. Il procuratore generale facente funzione, Sarah Harris, ha chiesto ai giudici di pronunciarsi su tre ingiunzioni preliminari nazionali contro l’ordine. «Le ingiunzioni universali hanno raggiunto proporzioni epidemiche dall’inizio dell’attuale amministrazione» ha dichiarato Harris, avvertendo che solo la Corte Suprema può impedirne l’abuso, sottolineando che il loro numero contro l’attuale amministrazione ha già superato quello dei primi tre anni dell’amministrazione Biden.
L’ex procuratore generale di Biden, Elizabeth Prelogar, aveva già criticato il fenomeno, sostenendo che «il governo deve vincere ogni causa per attuare la propria politica, mentre i querelanti possono bloccare una legge federale a livello nazionale con una sola vittoria in un tribunale». Alcuni giudici hanno espresso frustrazione per l’uso crescente delle ingiunzioni nazionali e si sono opposti alle decisioni dei tribunali minori contro l’agenda di Trump. Il giudice della Corte Suprema Samuel Alito, ha recentemente criticato una sentenza che obbligava il governo federale a pagare miliardi in aiuti esteri, definendola un abuso di potere: «Un singolo giudice di un tribunale distrettuale, che probabilmente non ha giurisdizione, ha il potere incontrollato di costringere il governo degli Stati Uniti a sborsare 2 miliardi di dollari dei contribuenti? La risposta a questa domanda dovrebbe essere un deciso “No”, ma la maggioranza di questa Corte sembra pensarla diversamente».
Anche i giudici Neil Gorsuch, Clarence Thomas e Brett Kavanaugh si sono opposti alla decisione di respingere l’appello dell’amministrazione Trump. Gorsuch, in particolare, ha più volte denunciato il problema. Nel 2020 aveva affermato che l’uso delle ingiunzioni universali è problematico perché impone obblighi anche su soggetti non coinvolti nella causa. Nel 2022, la giudice Elena Kagan ha aggiunto che «non può essere giusto che un solo giudice distrettuale blocchi una politica nazionale per anni».