Poesie di Michelangelo, dipingere l’immortalità

di REDAZIONE ETI/Marlena Figge
12 Febbraio 2025 21:59 Aggiornato: 12 Febbraio 2025 21:59

Non occorre osservare a lungo la Cappella Sistina per capire che Michelangelo (M. Buonarroti, Caprese 6 marzo 1475 – 18 febbraio 1564) dedicò gran parte della sua vita alla contemplazione dell’eternità. Oltre la pittura, anche la poesia testimonia quanto alta fosse la sua dedizione e il suo impegno. Le sue riflessioni superavano la ricerca del modo col quale raggiungere la vita eterna, spingendosi a immaginarla e i suoi versi dipingono il come pensava che sarebbe stata.

Pur essendo pienamente consapevole della bellezza che si trova nel mondo e nelle cose sensibili, il Divin Artista considerava i desideri primordiali come catene dell’anima, che impediscono la sua ascesa al cielo. Il mondo è destinato a svanire, e un amore disordinato per la sua bellezza allontana dalla fonte di quella bellezza. Imparando a osservare chiaramente, potremo rivolgere il nostro amore a quanto c’è di buono e questo porterà verso il cielo.

Poesia 83, Oltre la bellezza fisica 

Veggio nel tuo bel viso, signor mio,
quel che narrar mal puossi in questa vita:
l’anima, della carne ancor vestita,
con esso è già più volte ascesa a Dio.
E se ’l vulgo malvagio, isciocco e rio,
di quel che sente, altrui segna e addita,
non è l’intensa voglia men gradita,
l’amor, la fede e l’onesto desio.
A quel pietoso fonte, onde siàn tutti,
s’assembra ogni beltà che qua si vede
più c’altra cosa alle persone accorte;
né altro saggio abbiàn né altri frutti
del cielo in terra; e chi v’ama con fede
trascende a Dio e fa dolce la morte.

In questa poesia, indirizzata a Tommaso de’ Cavalieri, Michelangelo si sofferma sull’idea che l’amore per la bellezza fisica sia solo il primo passo nel cammino dell’anima dall’amore per le creature all’amore per il Creatore.
Le “gioie pure” dell’amore e della fede descritte da Michelangelo sono inaccessibili alle masse, non solo perché queste assecondano la vanità e il desiderio, ma anche perché la loro anima non ha una percezione chiara. Non vedono nulla al di là delle proprie emozioni e attribuiscono i loro stessi vizi agli altri. Queste anime non riescono a superare lo stato dell’amore per la bellezza fisica, che le lega al mondo. Al contrario il Poeta, attraverso l’amore per la bellezza fisica giunge all’amore per l’anima, e dall’amore per la creatura arriva finalmente all’amore per Dio (trascende a Dio e fa dolce la morte).

La quartina e il distico finali della poesia rivelano una visione del cielo che assomiglia alla bellezza che troviamo sulla terra. L’anima del Poeta raggiunge questa visione e vede giustamente perché si è innalzata a Dio attraverso la contemplazione. Per uno strano paradosso, chi è legato alle cose sensibili è insensibile a questa realtà, non può vedere la fonte di beatitudine divina da cui provengono le cose che ama.

L’amore puro descritto da Michelangelo porta a un distacco dal mondo che trasforma la tragedia della morte in dolcezza. Il Poeta avverte che l’amore iniziale per la persona amata ha trasformato indirettamente e radicalmente la dolorosa separazione causata dalla morte in un ricongiungimento nel mondo celeste originario.

Poesia 105, La bellezza dell’anima 

Non vider gli occhi miei cosa mortale
allor che ne’ bei vostri intera pace
trovai, ma dentro, ov’ogni mal dispiace,
chi d’amor l’alma a sé simil m’assale;
e se creata a Dio non fusse equale,
altro che ’l bel di fuor, c’agli occhi piace,
più non vorria; ma perch’è sì fallace,
trascende nella forma universale.
Io dico c’a chi vive quel che muore
quetar non può disir; né par s’aspetti
l’eterno al tempo, ove altri cangia il pelo.
Voglia sfrenata el senso è, non amore,
che l’alma uccide; e ’l nostro fa perfetti
gli amici qui, ma più per morte in cielo.

In questa poesia l’artista approfondisce la sua idea secondo cui attraverso la percezione della bellezza fisica si riesca a scorgere l’anima: egli non vede nessuna cosa mortale, ma l’anima immortale della persona a cui si rivolge.

Padre Kenelm Foster notò che questa poesia è la dimostrazione di come Michelangelo vedesse nella bellezza umana la somiglianza col Creatore. E osservò: «L’intero movimento della poesia è imperniato sull’idea che la somiglianza dell’anima con Dio implica una capacità di vita che nulla di mortale può soddisfare. Vedendo attraverso gli occhi mortali di Tommaso de’ Cavalieri la sua anima immortale, formata a somiglianza della Vita stessa, Michelangelo si volge spontaneamente verso quella Vita, scoprendo nell’amore la propria affinità con la Vita: trascende nella Forma universale».

Il verso che Foster cita alla fine, articola l’opinione di Michelangelo secondo cui la prova che l’anima è creata a immagine di Dio è nel fatto che l’uomo non è attratto solo dalla bellezza esteriore, ma anche da quella interiore e immortale di un altro. Se l’uomo non fosse stato creato a immagine di Dio, la sola bellezza esteriore lo avrebbe soddisfatto ma, così com’è, le nostre anime trascendono nella forma universale, passando dall’amore per l’anima individuale all’amore per la Bellezza stessa.

Mentre il desiderio sfrenato uccide l’anima, l’amore eleva sia l’amante che l’amato. La morte non può danneggiare l’anima, ma solo appagarla nel momento in cui si unisce a Dio, di cui è immagine. Quanto più profondo è l’amore dell’anima, tanto più chiaramente essa è immagine Dio, che è l’Amore stesso.

 

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