Uomo sopravvissuto all’asportazione forzata di parte del fegato e dei polmoni racconta la sua storia

Di Eva Fu

Un uomo a cui è stato asportato forzatamente parte del fegato nella Cina comunista si è fatto avanti dopo essere fuggito dal Paese, attirando l’attenzione sul prelievo forzato di organi.

In un evento stampa del 9 agosto, Cheng Peiming, un praticante del Falun Gong che compie 59 anni questo mese, ha ricordato che sei guardie carcerarie lo hanno immobilizzato in un ospedale cinese per somministrargli un’anestesia contro la sua volontà, mentre era rinchiuso in una prigione nel nord-est della Cina a causa della sua fede.

Quel giorno era il 16 novembre 2004. Quando si è svegliato tre giorni dopo, il suo piede destro era incatenato a un letto d’ospedale. Aveva un braccio sottoposto a terapia endovenosa e tubi ai piedi, al petto e nel naso.

Ha iniziato a tossire senza sosta e ha sentito dolore e intorpidimento intorno alla costola sinistra.

Solo dopo essere fuggito negli Stati Uniti nel 2020 ed essersi sottoposto a una serie di esami medici, ha confermato i suoi peggiori timori: una parte del fegato e una parte del polmone erano scomparsi. Durante il suo discorso, si è tolto la camicia e ha rivelato una cicatrice lunga circa 35 centimetri intorno al lato sinistro del petto.

Ancora oggi, il braccio sinistro e le costole gli fanno male nei giorni di pioggia o quando è stanco, ha affermato.

Durante l’evento, gli organizzatori hanno condiviso tre valutazioni di medici dei trapianti che hanno affermato che le parti mancanti degli organi di Cheng possono essere solo il risultato di un prelievo forzato.

Cheng, per lo più inespressivo, a un certo punto ha stretto forte gli occhi mentre gli scendevano le lacrime.

Cheng Peiming, un praticante del Falun Gong a cui sono stati asportati con la forza parte del fegato e del polmone in Cina, durante una conferenza stampa a Washington il 9 agosto 2024. (Madalina Vasiliu/The Epoch Times)

«Sono solo incredibilmente fortunato ad essere sopravvissuto», ha dichiarato a Epoch Times.

C’è un significato più profondo che va al di là della sua sopravvivenza personale: egli è la prova vivente di un modello più ampio di persecuzione e abuso perpetrati dallo Stato.

«La maggior parte delle volte le persone sono decedute, non possono raccontare», ha dichiarato Robert Destro a Epoch Times, ex assistente del segretario di Stato americano per la democrazia, i diritti umani e il lavoro, che ha facilitato il suo salvataggio.

Il Falun Gong, una pratica di meditazione incentrata su tre valori – verità, compassione e tolleranza – ha da tempo affrontato minacce di prelievo forzato di organi come parte della campagna capillare del regime cinese per eliminare questa fede.

Le prove di queste violazione sistematica dei diritti umani sono emerse per la prima volta due anni dopo l’intervento chirurgico forzato di Cheng, nel 2006, quando alcuni informatori si sono rivolti a Epoch Times raccontando le uccisioni di praticanti del Falun Gong incarcerati che avvenivano in strutture cinesi segrete.

Cheng Peiming, un praticante del Falun Gong a cui sono stati asportati con la forza parte del fegato e del polmone in Cina, mostra la sua cicatrice dopo una conferenza stampa a Washington il 9 agosto 2024. (Madalina Vasiliu/The Epoch Times)

Con il continuo emergere di testimoni, la preoccupazione per la questione è cresciuta costantemente, il che ha spinto gli Stati Uniti a chiedere alla Cina di aprire le porte al controllo internazionale e la Camera degli Usa ad approvare una legge chiamata Falun Gong Protection Act, introdotta anche in Senato, per porre un freno agli abusi.

Non è chiaro perché gli aguzzini di Cheng abbiano asportato solo parzialmente i suoi organi e lo abbiano lasciato sopravvivere nel 2004.

Wendy Rogers, presidente del comitato consultivo della Coalizione internazionale per porre fine all’abuso dei trapianti in Cina, ha osservato che un simile tessuto epatico potrebbe essere usato su un paziente bambino, mentre David Matas, un avvocato per i diritti umani che ha svolto un’ampia ricerca investigativa sull’argomento, suggerisce che l’ospedale potrebbe aver condotto esperimenti o addestrato i medici a questa pratica: potrebbe essersi trattato del passo iniziale di un ospedale che «entra nel business» per ottenere enormi profitti.

Anche il luogo dell’incisione è insolito: invece di un taglio addominale tipico di un intervento di trapianto di organi, i medici hanno optato per un taglio tra le costole. Gli organizzatori dell’evento stampa hanno fatto notare che questa tecnica, pur non essendo comune, consente un accesso più ampio agli organi sia nel torace che nell’addome.

Tuttavia, gli organizzatori e i sostenitori dei diritti umani hanno affermato che le procedure chirurgiche forzate e la mancanza di chiarezza su di esse rivelano la brutalità del regime e la necessità di un’indagine aperta e trasparente.

«In definitiva, l’onere di dire cosa gli è successo non ricade su Cheng. L’onere ricade sul governo cinese», ha dichiarato Matas durante l’evento.

David Matas, pluripremiato avvocato canadese per i diritti umani, membro dell’Ordine del Canada e del consiglio di amministrazione del Centro internazionale per i diritti umani e lo sviluppo democratico di Toronto, interviene durante una conferenza stampa a Washington il 9 agosto 2024. (Madalina Vasiliu/The Epoch Times)

Cheng, condannato a una pena di otto anni a causa della sua fede, si trovava nella prigione Daqing di Harbin, capitale della provincia di Heilongjiang, al momento dell’intervento chirurgico non consensuale.

Nei due anni successivi ha sofferto di mancanza di respiro. Nel febbraio 2006 ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro un nuovo ciclo di torture inflittegli, secondo quanto riportato da Minghui.org, un sito web dedicato a seguire le testimonianze di prima mano sulle persecuzioni in Cina. Il 2 marzo, il carcere gli ha somministrato delle flebo per via endovenosa e lo ha portato all’ospedale Daqing Longnan, incatenandolo a una colonna del letto.

Debole e sorvegliato dalle guardie carcerarie, Cheng ha sentito le guardie parlare con sua sorella, che era andata a trovarlo, secondo quanto lui ha raccontato a Epoch Times. La guardia ha affermato, falsamente, che Cheng aveva ingerito la lama di un coltello e necessitava di un intervento chirurgico ad alto rischio. Più tardi, un medico vestito di bianco è arrivato e ha premuto sul suo petto e sull’addome, dichiarando che avrebbero eseguito l’intervento il giorno successivo.

Cheng ha pensato che quella sarebbe stata la sua fine. Ma si è presentata un’opportunità. Nelle prime ore del mattino successivo, le due guardie che lo sorvegliavano, esauste, si sono addormentate prima di mettergli i ceppi. È riuscito quindi a fuggire attraverso una scala antincendio.

Questo solo pochi giorni prima che Cheng leggesse su Minghui.org del problema del prelievo forzato di organi. È «tremato tutto» al pensiero di ciò che gli sarebbe potuto accadere, ha affermato durante l’intervista. Per i due mesi successivi non ha voluto togliersi i vestiti per andare dormire, nel caso in cui si fosse ritrovato costretto a fuggire.

Robert Destro, ex assistente del segretario di Stato per la democrazia, i diritti umani e il lavoro, interviene durante una conferenza stampa a Washington il 9 agosto 2024. (Madalina Vasiliu/The Epoch Times)

La polizia cinese ha messo una taglia di 50.000 yuan, circa 6.000 euro a quel tempo, per dare la caccia a Cheng. Ha vissuto nascondendosi fino a quando è fuggito in Thailandia nel 2015.

Anche diversi sostenitori dei diritti umani hanno condiviso dichiarazioni di sostegno a Cheng.

Katrina Lantos Swett, presidente della Fondazione Lantos per i diritti umani e la giustizia, ha lodato il coraggio di Cheng di denunciare. Ha dichiarato che la sua organizzazione aveva già discusso con Cheng e ha trovato il suo racconto «profondamente inquietante».

«Le testimonianze di Cheng sono un’ulteriore prova delle gravi violazioni dei diritti umani che avvengono in Cina sotto forma di prelievo forzato di organi», ha dichiarato. «Questa oltraggiosa violazione dei diritti fondamentali continua nonostante le affermazioni contrarie del governo cinese».

Eric Patterson, presidente e amministratore delegato della Victims of Communism Memorial Foundation, ha affermato in modo simile che il caso evidenzia «l’urgente necessità di affrontare le atrocità mediche perpetrate dal Partito Comunista Cinese».

All’evento, Cheng ha dichiarato di non parlare solo per sé stesso, ma per i molti che sono ancora a rischio di abusi in Cina.

Ha raccontato che, mentre erano imprigionati, Cheng e molti altri praticanti del Falun Gong si sono fatti una promessa: chiunque tra loro fosse uscito vivo, avrebbe raccontato al mondo quello che era successo lì.

 

Articolo in lingua inglese: Man Who Survived Removal of Part of Liver, Lung in Chinese Prison Speaks Out

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