Una dieta anti-infiammatoria può ridurre il rischio di demenza fino a un terzo

Di Jennifer Sweenie

Uno studio pubblicato su Jama Open Network questo mese ha rivelato un legame tra dieta e salute cerebrale. La ricerca ha dimostrato che gli individui che seguono una dieta anti-infiammatoria hanno visto una riduzione del 31% del rischio di sviluppare demenza.

Lo studio osservazionale si è proposto di esaminare gli effetti di una dieta anti-infiammatoria in coloro che presentano già una malattia cardiometabolica, come malattie cardiache, diabete di tipo 2 e ictus. Gli autori hanno scoperto che le persone con uno di questi fattori di rischio hanno meno probabilità di sviluppare demenza se rispettano l’assunzione di alimenti anti-infiammatori.

Abigail Dove, autrice principale dello studio e dottoressa di ricerca presso il Centro di Ricerca sull’Invecchiamento del Karolinska Institutet di Stoccolma, ha evidenziato l’unicità di questa ricerca in una email inviata a Epoch Times: «Il nostro studio è distintivo in quanto esplora la relazione tra dieta e demenza nel contesto di un importante fattore di rischio per la demenza: le malattie cardiometaboliche (Cmd)».

La demenza è un termine ombrello utilizzato per descrivere una serie di sintomi associati a un declino della memoria sufficientemente grave da interferire con la capacità di una persona di svolgere attività quotidiane. È causata dal danno alle cellule cerebrali, e il tipo più comune è la malattia di Alzheimer. Esiste un legame consolidato tra dieta e demenza.

Una revisione sistematica pubblicata su Frontiers in Neuroscience nel 2023 ha trovato che alcuni modelli alimentari possono rallentare la progressione dell’Alzheimer, mentre una dieta occidentale standard è un fattore di rischio. Ricerche recenti hanno inoltre collegato la regolazione della glicemia alla demenza, evidenziando l’importanza della ricerca continua in questo campo.

I nuovi risultati evidenziano il promettente potenziale delle interventi dietetici nel preservare la funzione cognitiva con l’avanzare dell’età. Comprendere quali alimenti promuovono l’infiammazione e quali la prevengono può ridurre il rischio di sviluppare demenza.

Il legame tra malattie cardiometaboliche e demenza

Le malattie cardiometaboliche sono fattori di rischio ben noti per la demenza. Dove ha sottolineato: «Singolarmente, ognuna di queste malattie [diabete di tipo 2, malattie cardiache e ictus, ndr] è associata a un rischio di demenza da 1,5 a 2 volte maggiore, e questo diventa ancora più forte per le persone che hanno più di una Cmd (per esempio, diabete di tipo 2 più malattie cardiache)».

Dove ha osservato che questa nuova ricerca indica come le modifiche alla dieta possano servire da strategia per temperare la probabilità di demenza in un gruppo di individui ad alto rischio. Le persone con malattie cardiometaboliche presentano un’infiammazione complessiva maggiore, il che rende l’adozione di un modello alimentare anti-infiammatorio un approccio potenzialmente cruciale.

Dove ha affermato che una dieta anti-infiammatoria riduce l’infiammazione sistemica nel corpo, il che potrebbe rallentare la progressione del danno nel cervello e l’eventuale sviluppo della demenza. Non è ancora chiaro perché le persone con malattie cardiometaboliche siano a maggior rischio di sviluppare demenza rispetto a quelle senza. Il collegamento esiste, ma gli studi per scoprire i meccanismi precisi sono ancora in corso: «Sembra che le Cmd [malattie cardiometaboliche, ndr] condividano una biologia sottostante simile a quella della demenza. Il cuore pompa sangue attraverso una vasta rete di vasi sanguigni distribuiti in tutto il corpo, incluso il cervello», ha affermato Dove. «I problemi cardiaci, per esempio un ritmo cardiaco irregolare o l’indurimento delle camere di pompaggio del cuore, possono causare un flusso di sangue al cervello irregolare, limitando quindi l’apporto di ossigeno e nutrienti importanti al cervello, affamando gradualmente le cellule cerebrali nel tempo».

«Il diabete di tipo 2 può portare a usura e deterioramento del cervello: quando un eccesso di zucchero nel sangue entra nel cervello, può rompere il rivestimento protettivo che circonda le cellule cerebrali, rendendole meno efficienti e più vulnerabili ai danni. L’ictus si verifica quando l’apporto di sangue a una parte del cervello viene interrotto, soffocando essenzialmente le cellule cerebrali e lasciando dietro di sé un tessuto gravemente danneggiato».

Dettagli dello studio

Utilizzando i dati del Uk Biobank, i ricercatori hanno costruito un campione di oltre 80.000 adulti di età pari o superiore a 60 anni senza demenza all’inizio dello studio. Gli individui sono stati monitorati per un periodo massimo di 15 anni, con una durata mediana di follow-up di 12,4 anni. Durante i follow-up, i partecipanti hanno compilato un questionario alimentare completo.

I modelli sono stati adeguati per l’età, il sesso, il livello di istruzione e l’assunzione calorica, oltre che per razza, etnia, stato socioeconomico e rischi vascolari, incluso l’indice di massa corporea, l’ipertensione, il fumo e l’attività fisica. È stato anche valutato lo stato di un fattore di rischio genetico per l’Alzheimer a insorgenza tardiva, Apoe ε4.

Lo studio ha misurato 206 alimenti e 32 bevande, spaziando da verdure e tè verde a brownies e birra. Tuttavia, l’indice di infiammazione calcolato non si basava direttamente sul consumo di questi particolari alimenti. I ricercatori hanno utilizzato un approccio più sfumato per valutare l’infiammazione derivante dalla dieta. Ad ogni nutriente negli alimenti misurati è stato assegnato un punteggio di effetto infiammatorio: «I dati su questi specifici alimenti e bevande sono stati utilizzati per stimare la quantità di diverse vitamine, nutrienti, spezie, ecc. che le persone consumavano. Sono questi elementi più granulari ad essere utilizzati per calcolare l’infiammazione dietetica», ha affermato Dove.

«Questo è sostanzialmente quanto è forte il carattere anti- o pro-infiammatorio del nutriente, in base a meta-analisi di studi precedenti che correlano il nutriente a marcatori infiammatori nel corpo», ha detto.

Una volta calcolato un punteggio infiammatorio per la dieta di ciascun partecipante, i partecipanti sono stati divisi in tre gruppi. Un terzo è stato classificato come avente una dieta anti-infiammatoria, un terzo come avente una dieta pro-infiammatoria e un terzo come avente una dieta neutra.

Sono state effettuate risonanze magnetiche per misurare il volume totale del cervello: «La riduzione del volume della materia grigia è un indicatore di neurodegenerazione (cioè perdita di cellule cerebrali), un tipo chiave di danno cerebrale sottostante alla demenza. Nel nostro studio, le Cmd e la dieta pro-infiammatoria erano entrambe associate a un volume di materia grigia ridotto».

«Erano anche entrambe associate a un volume ridotto dell’ippocampo. L’ippocampo (che è composto da materia grigia) è una regione del cervello specificamente dedicata all’elaborazione della memoria. La neurodegenerazione/perdita di volume in quest’area è un marcatore particolarmente importante per la demenza, poiché la perdita di memoria è il sintomo chiave della demenza».

Sebbene lo studio abbia trovato un’associazione tra una minore infiammazione sistemica e marcatori cerebralo più favorevoli nelle risonanze magnetiche, con un rischio ridotto di demenza, Dove ha osservato che non è ancora possibile trarre una conclusione causale: «Sarebbero necessari studi interventistici in cui i partecipanti siano randomizzati a una dieta anti-infiammatoria rispetto a una pro-infiammatoria per testare concludentemente questa ipotesi».

Per quanto riguarda se una dieta anti-infiammatoria possa essere benefica per le persone che cercano di mitigare il rischio di sviluppare demenza in età avanzata, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno malattie cardiometaboliche, Dove ha risposto: «Sì, il principale insegnamento dello studio è che attenersi a un modello alimentare anti-infiammatorio è stato associato a un rischio inferiore di demenza sia nelle persone con (-31%) che in quelle senza Cmd (-21%)».

Alimenti anti-infiammatori da aggiungere alla dieta

Se si desidera minimizzare il rischio di sviluppare demenza, aggiungere alimenti anti-infiammatori alla dieta può aiutare a combattere l’infiammazione sistemica. Ecco alcuni esempi:

Frutti di bosco

I frutti di bosco, tra cui more, mirtilli, lamponi e fragole, contengono un’elevata quantità di antiossidanti noti come polifenoli che possono aiutare a combattere l’infiammazione.

Noci

Le noci sono fonti ricche di antiossidanti con potenziale anti-infiammatorio. Una revisione pubblicata su Nutrients nel 2023 ha trovato che le noci e le arachidi possono contribuire a ridurre i fattori di rischio per le malattie cardiometaboliche.

Pesci grassi

Pesci come salmone, sardine, acciughe e sgombro sono buone fonti di acidi grassi omega-3 anti-infiammatori.

Avocado

Alcuni composti presenti negli avocado sono associati a proprietà anti-infiammatorie.

Tè verde e matcha

L’Egcg, un componente del tè verde, è noto per regolare l’infiammazione.

Olio d’oliva

Uno studio pubblicato nell’International Journal of Molecular Sciences nel 2018 ha trovato che l’oleocanthal, un composto presente nell’olio d’oliva extra vergine, ha effetti simili a quelli del farmaco anti-infiammatorio non steroideo ibuprofene quando ingerito nelle stesse quantità.

Verdure

Le verdure a foglia verde sono ricche di antiossidante beta-carotene, che riduce l’infiammazione. I peperoni, come il peperone dolce e il peperoncino, contengono vitamina C e quercetina, ed è dimostrato che entrambi riducano l’infiammazione. Il sulforafano, un antiossidante presente nelle verdure crucifere come broccoli, cavolfiori e cavoletti di Bruxelles, ha dimostrato di prevenire l’infiammazione.

Curcuma

La curcuma è ricca di curcumina, che è dimostrato possieda proprietà anti-infiammatorie.

Funghi

I funghi sono ricchi di antiossidanti. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, uno studio sugli animali pubblicato su Antioxidants nel 2019 ha trovato che il fungo criniera di leone potrebbe offrire qualità neuroprotettive e anti-infiammatorie.

Alimenti infiammatori da evitare

Mentre l’aggiunta di alimenti anti-infiammatori alla dieta può aiutare a alleviare l’infiammazione sistemica, rimuovere i comuni colpevoli infiammatori è un altro approccio pratico possibile.

  • Un’eccessiva assunzione di zucchero e sciroppo di fruttosio ad alto contenuto è collegata a una risposta infiammatoria.
  • Una dieta ricca di carboidrati raffinati, come alimenti trasformati come pane, pasta e cereali, è collegata ai processi neuroinfiammatori nel cervello.
  • I cibi fritti possono contenere elevate quantità di composti nocivi (prodotti finali della glicazione avanzata) noti per contribuire all’infiammazione. La frittura degli alimenti aumenta anche il contenuto di grassi trans, che possono favorire l’infiammazione.
  • Le ricerche collegano un elevato consumo di alcol all’infiammazione sistemica.

Naria Le Mire, dietista registrata, ha condiviso con The Epoch Times via email quali alimenti evitare: «Consiglio sempre ai miei clienti di limitare l’assunzione di bevande zuccherate, dolci, prodotti animali ad alto contenuto di grassi, carboidrati raffinati come riso bianco e pasta, carni lavorate come hot dog e alcol per prevenire malattie croniche come diabete, malattie cardiache e problemi gastrointestinali, che sono connessi all’infiammazione cronica».

 

Versione in inglese: Anti-Inflammatory Diet May Reduce Dementia Risk by Up to a Third–Study

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