Perché molti pazienti affetti da demenza ritornano in sé, prima di morire?

Di Emma Suttie , D.Ac, Ap

Il caso di studio di Anna Katherina Ehmer è uno dei più famosi sulla lucidità terminale, un fenomeno che continua a sconcertare i ricercatori.

La signora Ehmer, conosciuta come Käthe, era una donna tedesca nata gravemente disabile nel 1895. All’età di sei anni fu mandata in un istituto psichiatrico dove avrebbe vissuto fino alla morte all’età di 26 anni.

«Käthe era tra i pazienti con le disabilità mentali più gravi che abbiano mai vissuto nel nostro istituto – racconta il dottor Friedrich Happich, direttore dell’istituto – Dalla nascita in poi era gravemente ritardata. Non aveva mai imparato a pronunciare una sola parola. Fissava per ore un punto particolare, poi si agitava per ore senza sosta. Si rimpinzava di cibo, si sporcava giorno e notte, emetteva un verso animalesco e dormiva. Durante tutto il tempo in cui ha vissuto con noi non abbiamo mai visto che si preoccupasse dell’ambiente circostante»

Käthe soffrì di diversi episodi di meningite, che si pensava avessero «distrutto gran parte del tessuto cerebrale necessario per il ragionamento intelligente». Aveva anche la tubercolosi, che portò all’amputazione della gamba e fu la causa finale della sua morte. Non aveva mai detto una sola parola nella sua vita.

Ma, mentre giaceva morente, accadde qualcosa di inaspettato. Iniziò a cantare tra sé e sé.

Cantò, chiaramente e in perfetto tedesco, un inno funebre. Cantò tra sé per un’intera mezz’ora fino alla sua morte.

Il dottor Happich ha raccontato la seguente scena sul letto di morte di Kathe: «Un giorno venni chiamato da uno dei nostri medici, stimato sia come scienziato che come psichiatra. Disse: “Vieni subito da Käthe, sta morendo!” Quando entrammo insieme nella stanza non credevamo ai nostri occhi e alle nostre orecchie. Käthe, che non aveva mai detto una sola parola, essendo completamente mentalmente disabile fin dalla nascita, cantava a sé stessa canzoni funebri. Nello specifico, cantò più e più volte: “Dove trova l’anima la sua casa, la sua pace? Pace, pace, pace celeste!” Per mezz’ora cantò. Il suo volto, fino ad allora così istupidito, venne trasfigurato e spiritualizzato. Poi, morì silenziosamente. Come me e l’infermiera che si era presa cura di lei, il medico aveva le lacrime agli occhi».

Un fenomeno sconcertante

La lucidità terminale è più spesso osservata nei pazienti affetti da demenza, subito prima di morire: hanno un breve periodo di lucidità in cui «tornano in vita» e riacquistano le qualità che li rendono quello che sono, o che erano prima dell’inizio della malattia.

Questa lucidità può includere la capacità di rievocare ricordi che si credevano perduti a causa di una malattia che distrugge lentamente il cervello, così come la capacità di comunicare.

Il fenomeno non è esclusivo dei soggetti affetti da demenza e si verifica in pazienti con altre condizioni come gravi condizioni psichiatriche, disturbi cerebrali, tumori, meningite, ascessi cerebrali, ictus e lesioni cerebrali, nonché in pazienti in coma che potrebbero svegliarsi poco prima di morire.

Nel 2009, il biologo tedesco Michael Nahm ha definito il termine lucidità terminale in un articolo sul Journal of Near-Death Studies come: «Il (ri)emergere di capacità mentali normali o insolitamente migliorate in pazienti ottusi, incoscienti o malati di mente poco prima morte, incluso un notevole miglioramento dell’umore e dell’affettazione spirituale, o la capacità di parlare in un modo spiritualizzato ed euforico precedentemente atipico».

Lucidità paradossale è un termine più ampio che si riferisce allo stesso fenomeno – il ritorno improvviso di un paziente alla lucidità mentale e alla capacità di parlare e ricordare – e può verificarsi in qualsiasi momento, non solo prima della morte. Alcuni esperti suggeriscono che la lucidità paradossale dovrebbe riferirsi solo a persone con gravi condizioni neurodegenerative che spesso le rendono non comunicative.

Esperienze durante la lucidità terminale

Durante questi episodi di lucidità possono accadere molte cose, ma ci sono alcune caratteristiche condivise da coloro che sperimentano la lucidità terminale. Secondo All American Hospice, i seguenti fatti sono comuni tra i pazienti:

  • Richiedere il cibo o l’oggetto preferito
  • Riconoscere o cercare un amico o un familiare
  • Essere di buon umore e diventare più loquace
  • Ricordare i bei tempi in cui erano giovani
  • Cercare o parlare con persone decedute, animali domestici o figure religiose
  • Avere esperienze sensoriali inspiegabili come vedere luci o sentire suoni
  • Parlare di viaggiare o prepararsi a viaggiare da soli
  • Prevedere l’ora esatta della morte

Altre esperienze comuni sono il miglioramento dei sintomi fisici, come il dolore, il parlare in modo chiaro e coerente, rispondere alle domande degli altri, ricordare cose che in precedenza si credeva dimenticate, alzarsi e camminare e impegnarsi in attività come cantare.

Casi di studio sulla lucidità terminale

Una revisione redatta dal signor Nahm e dal dott. Bruce Greyson e altri ha raccolto segnalazioni di casi di lucidità terminale e la sua comparsa in pazienti con una varietà di condizioni.

In un caso del 1990, un bambino di cinque anni morto a causa di un tumore maligno al cervello era rimasto in coma per tre settimane. Durante questo periodo, i suoi familiari erano rimasti al suo capezzale. Alla fine, su consiglio del loro sacerdote, la famiglia ha detto al figlio in coma che, sebbene sarebbe mancato loro, aveva il permesso di morire.

«All’improvviso e inaspettatamente, il ragazzo ha ripreso conoscenza, ha ringraziato la famiglia per averlo lasciato andare e ha detto loro che sarebbe morto presto». È morto il giorno dopo (Morse e Perry, 1990).

In un altro caso, un giovane stava morendo di un cancro che si era diffuso dai polmoni al cervello. Alla fine della sua vita, le scansioni del cervello hanno scoperto che i tumori avevano distrutto e sostituito quasi tutto il suo tessuto cerebrale e nei giorni prima della sua morte aveva perso la capacità di muoversi o parlare. Tuttavia, sua moglie e un’infermiera hanno osservato che un’ora prima di morire, si era «svegliato», aveva salutato la sua famiglia e aveva parlato con loro per circa cinque minuti prima di perdere conoscenza e morire (Haig, 2007).

Un terzo caso riguarda una donna di 81 anni affetta da Alzheimer che viveva in una casa di riposo in Islanda. I membri della sua famiglia si sono alternati per farle visita, anche se lei non aveva riconosciuto nessuno di loro né aveva parlato per un anno. Un giorno, suo figlio Lydur era seduto al suo capezzale quando improvvisamente lei si è alzata, lo ha guardato direttamente in faccia e ha detto: «Mio Lydur, ti reciterò una poesia».

Secondo il figlio, lei ha recitato poi molto chiaramente i seguenti versi, che lui ha ritenuto particolarmente appropriato alla sua situazione (tradotto): «Oh, padre della luce, sii adorato.

Vita e salute mi hai dato,

Mio padre e mia madre.

Adesso mi siedo, perché splende il sole.

Mi mandi la tua luce.

Oh, Dio, quanto sei buono».

Dopo aver recitato il testo, la donna si è sdraiata e non ha risposto, rimanendo così fino alla sua morte, avvenuta un mese dopo.

Suo figlio si è scritto la poesia pensando che fossero le parole originali di sua madre, ma in seguito ha scoperto che era la prima strofa di una poesia islandese.

Studi sulla lucidità terminale

La lucidità terminale non è un fenomeno nuovo e sono stati registrati dei casi nella letteratura medica fin dal 19° secolo.

Uno studio che esaminava casi di lucidità terminale risalenti al 1826 ha rilevato che l’84% di coloro che hanno sperimentato questo breve periodo di lucidità sono morti entro una settimana e il 43% di questi è morto entro 24 ore. Ma alcuni episodi possono emergere fino a sei mesi prima della morte.

Su Alzheimer e demenza è stato pubblicato uno studio sulla lucidità paradossale, impiegando un campione di 49 pazienti, molti dei quali affetti da demenza. Dallo studio è emerso che il 43% dei pazienti ha sperimentato una lucidità paradossale poche ore prima della morte. Il 41% dei casi ha avuto l’esperienza da due a sette giorni prima e il dieci per cento dei casi si è verificato da otto a trenta giorni prima della morte.

Lo stesso studio cita che altri ricercatori hanno scoperto che la lucidità paradossale nei pazienti affetti da demenza si verifica in genere entro uno o due giorni prima che i pazienti muoiano.

C’è anche un’ampia gamma di variazioni nella durata degli episodi. Un altro studio di riferimento su 38 casi che hanno sperimentato episodi di lucidità ha rilevato che il 5% è durato diversi giorni, l’11% è durato un giorno, il 29% è durato diverse ore, il 24% è durato tra 30 e 60 minuti, il 16% è durato 10-30 minuti e il 3% degli episodi è durato meno di dieci minuti.

Alcuni scienziati si sono chiesti se determinate situazioni o stimoli possano innescare questi episodi lucidi. Sebbene le condizioni in cui si verificano questi episodi lucidi varino, la presenza di membri della famiglia e la riproduzione di musica familiare o significativa per il paziente sono entrambi relativamente comuni.

Questi episodi sono testimoniati anche da caregiver, infermieri, medici e operatori di hospice e di cure palliative che si prendono cura dei malati terminali.

Uno studio sulle esperienze di fine vita ha rilevato che sette operatori sanitari su dieci in una casa di cura hanno affermato di aver osservato negli ultimi cinque anni pazienti affetti da demenza e confusione diventare lucidi pochi giorni prima di morire.

Cause misteriose

Gli scienziati stanno ancora determinando le cause della lucidità terminale e il fenomeno è difficile da studiare a causa della sua natura imprevedibile e transitoria. Anche studiare questi episodi lucidi durante il loro breve verificarsi sarebbe considerato non etico, poiché sottrarrebbe tempo prezioso ai pazienti che potrebbero utilizzare per riconnettersi con i propri cari.

Un rapporto del 2009 del signor Nahm e del dottor Greyson afferma che, storicamente, i medici che studiavano il fenomeno hanno pensato che la causa fosse un cambiamento nella fisiologia del cervello mentre il paziente stava morendo. Tuttavia, gli autori affermano che queste conclusioni sono «piuttosto generali e sembrano inadeguate da una prospettiva medica moderna».

Rimangono molte domande sulla lucidità terminale e sulle sue cause

All American Hospice afferma che molti «si chiedono se sia reale, spirituale o semplicemente un’esperienza soprannaturale», scrivendo che alcuni credono che possa essere un fenomeno spirituale perché il paziente «si sveglia» per completare il lavoro incompiuto, come dire addio, esprimere i suoi ultimi desideri o vedere qualcuno per l’ultima volta.

Uno studio ha teorizzato che la lucidità terminale potrebbe essere invece un fenomeno fisico a causa di cambiamenti cerebrali subito prima della morte.

Un articolo di Yen Ying Lim, professore associato presso il Turner Institute for Brain and Mental Health, e Diny Thomson, dottorando in neuropsicologia clinica e psicologo provvisorio, entrambi della Monash University, affermano che le spiegazioni vanno oltre la scienza: «Questi momenti di lucidità mentale possono essere un modo per la persona morente di dire gli ultimi addii, di concludere prima della morte e di riconnettersi con la famiglia e gli amici. Alcuni credono che gli episodi di lucidità terminale siano rappresentativi della persona che si connette con l’aldilà».

Aiutare i propri cari ad affrontare la situazione

Per coloro che assistono a questi episodi di lucidità, essi possono costituire un’esperienza positiva o stressante, e talvolta entrambe le cose. Uno studio pubblicato nel 2022 ha chiesto agli operatori sanitari di valutare le loro esperienze di questi episodi in pazienti con Alzheimer in stadio avanzato e demenze correlate. Il 72% li ha definiti «abbastanza o molto positivi», il 17% ha dichiarato che erano stressanti e il 10% ha affermato che erano una combinazione dei due.

La lucidità terminale può essere stressante e fonte di confusione per alcuni membri della famiglia che potrebbero pensare che sia un segno che la persona amata si stia riprendendo e richiedere un cambiamento nelle cure per adattarsi a questa nuova situazione, causando un notevole tumulto emotivo per i membri della famiglia, gli amici e il personale che si prende cura della persona.

L’articolo di Yen Ying Lim e Diny Thomson della Monash University citato sopra, discute della lucidità terminale nei soggetti affetti da demenza e dell’importanza che le persone conoscano questa condizione: «Essere consapevoli della lucidità terminale può aiutare i propri cari a capire che fa parte del processo di morte, riconoscere che la persona affetta da demenza non si riprenderà e consentire loro di sfruttare al meglio il tempo che hanno con la persona lucida».

Per gli scienziati, la lucidità terminale rappresenta un’opportunità per rivalutare la nostra comprensione del cervello e la percezione che le perdite cognitive che caratterizzano l’Alzheimer e altre demenze siano inevitabili e irreversibili.

Per le famiglie, questi brevi episodi di lucidità possono essere un dono meraviglioso, che permette alla persona malata di salutarsi, riconnettersi con i propri familiari e amici, comunicare le ultime volontà ed essere un’occasione per chiedere o donare perdono. Per i cari dei pazienti affetti da demenza grave che potrebbero non aver avuto alcuna comunicazione con loro per molti anni, questa può essere un’esperienza molto curativa e un bellissimo modo per dire addio.

 

Versione in inglese: Terminal Lucidity: Many Patients Experience an Unexplained Return of Mental Acuity in Their Final Days

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