La Mercedes-Benz, citando il Dalai Lama su Instagram, ha scatenato una tempesta in Cina: dopo Marriott, Zara e Muji, è l’ultima società straniera in ordine di tempo, a subire gli strali di Pechino, per aver toccato nervi scoperti della dittatura comunista cinese, quali Tibet, Hong Kong e Taiwan.
En Chine, Mercedes-Benz commet une bourde diplomatique en citant le dalaï-lama https://t.co/S2ryYGHp7o pic.twitter.com/0l747WpXcY
— Le monde Auto (@LeMondeAuto) February 7, 2018
Al centro di questa nuova polemica, un annuncio pubblicitario apparentemente innocuo, che il costruttore di automobili tedesco ha pubblicato lunedì su Instagram, con l’immagine di una lussuosa berlina in riva al mare. Il messaggio recitava: «Guarda una situazione da ogni angolazione, diventerai più aperto!», riferendosi esplicitamente a una massima del Dalai Lama, capo spirituale tibetano in esilio dal 1959 a seguito dell’invasione cinese del Tibet.
La marque allemande @MercedesBenz a présenté ses excuses pour "avoir blessé les sentiments des Chinois", après avoir partagé sur le réseau social Instagram une citation du #DalaïLama.
Pourtant l'Instagram est bloqué en #Chine#Tibethttps://t.co/AJG3pv9E4s
— བསྟན་རྣམ། Tenam (@tenam) February 7, 2018
Contemporaneamente all’immancabile censura imposta a Instagram in Cina, il messaggio ha subito scatenato reazioni furiose, dai toni ultranazionalisti, sui social media di regime cinesi.
Il Dalai Lama, premio Nobel per la Pace, costretto a rifugiarsi in India, è la ‘bestia nera’ di Pechino che lo critica aspramente, definendolo «lupo travestito da agnello» e «separatista», nonostante il capo spirituale del buddismo tibetano assicuri di chiedere alla Cina unicamente più autonomia per il Tibet.
Mercedes-Benz cite le dalaï lama, Pékin enrage – Le constructeur allemand a dû présenter ses excuses après une citation du chef spirituel tibétain sur Instagram, même si l'accès au réseau social est bloqué en Chine. https://t.co/UZYs7CLF1K
— Actualités Suisse (@SuisseSUI) February 7, 2018
Di fronte alle polemiche, la Mercedes ha prontamente ritirato il messaggio e martedì ha presentato le proprie scuse sul sito cinese Weibo: «siamo consapevoli di aver ferito i sentimenti del popolo cinese […] profondamente dispiaciuti […] per aver pubblicato informazioni estremamente scorrette […] e determinati ad approfondire la conoscenza della cultura cinese».
Mercedes-Benz s'excuse auprès de la Chine pour avoir fait une publicité avec une citation du dalaï-lama https://t.co/BPERExijnw pic.twitter.com/MzEZljHmeE
— franceinfo (@franceinfo) February 8, 2018
Non c’è da sorprendersi: la Mercedes-Benz non può permettersi di inimicarsi il regime di Pechino, visto che la Cina è suo primo mercato (le vendite dello scorso anno sono salite del 26 percento rispetto all’anno prima).
Ma nonostante le scuse, l’azienda tedesca è stata ancora oggetto di un editoriale al vetriolo del Quotidiano del Popolo, altro organo di propaganda del Pcc: «Mercedes-Benz, vi siete fatti nemico il popolo cinese!»; l’articolo continua con un’invettiva contro le imprese straniere, accusate di «ricavare oro» dalla Cina senza rispettarne il popolo.
Mercedes apologises for 'hurting the feelings' of Chinese people after quoting the Dalai Lama https://t.co/ydBGdM0AwS pic.twitter.com/EVU9T4oQ22
— Hong Kong Free Press (@HongKongFP) February 7, 2018
Da diverse settimane, aziende occidentali sono sotto attacco a causa della loro scarsa dimostrazione di aderenza ai diktat del Partito Comunista Cinese. Non solo: anche gli artisti sanno da parecchio tempo quanto costi varcare la linea rossa. Il gruppo rock inglese Placebo, lo scorso anno ha dichiarato di essere stato «bandito a vita» in Cina, per aver pubblicato su Instagram una foto del Dalai Lama.
#Placebo banni par la Chine à cause d'une photo du Dalaï Lama.. Ce pays ne respire décidément pas la liberté. ? pic.twitter.com/o6qfCfJ4gu
— ʍąℓɨȼɨą ? (@MaliciaDevil) July 21, 2017
A metà gennaio, le autorità di Shanghai hanno bloccato temporaneamente il sito degli hotel Marriott, in cui si descriveva il Tibet come un Paese autonomo. Anche Marriott ha fatto ammenda: ma, prima di aggravare ulteriormente la propria situazione, uno dei suoi account Twitter all’estero, aveva approvato il post di un’organizzazione che sostiene l’indipendenza del Tibet, cosa che gli ha attirato nuove rimostranze.
La Chine ferme le site de Marriott après sa gaffe sur le Tibet https://t.co/xpqtR0ZtgN pic.twitter.com/L9hRt37DMj
— La Presse Affaires (@LP_Affaires) January 12, 2018
Non solo: la spagnola Zara e l’americana Delta Airlines, in gennaio sono state elegantemente bacchettate, per aver ‘descritto male’ sui loro siti Hong Kong e Taiwan, inserite nella lista dei «Paesi», come se fossero Stati indipendenti. E anche la marca giapponese di oggetti d’interni e abiti Muji è stata violentemente criticata, perché in un suo catalogo compariva una carta della Cina mancante di un arcipelago, oggetto di una feroce disputa tra Tokio e Pechino. Il ministero degli Esteri cinese avrebbe poi ordinato di «strappare» le «carte sbagliate». Tokio ha reagito presentando una protesta ufficiale a Pechino.
Après @Marriott , @Delta , @ZARA et plusieurs autres sociétés, c'est au tour du japonais @muji_net d'être épinglé par #Pekin pour avoir publié des cartes jugées erronées de la #Chine
via @PDChina #censure #geographie #japon #Internet https://t.co/h2XAimeiaa pic.twitter.com/AfMvUZTchc— Claude Fouquet (@ClaudeFP) January 31, 2018
Articolo in francese: Mercedes et le dalaï lama : Pékin s’attaque aux entreprises
Traduzione di Francesca Saba