La Cina sfrutta le ricerche finanziate dagli Stati Uniti per potenziare il proprio esercito

Di Frank Fang; Eva Fu

Secondo un nuovo rapporto del Parlamento statunitense, la Cina comunista ha ottenuto un «accesso secondario» alle tecnologie statunitensi attraverso collaborazioni tra istituti di ricerca accademici nel corso dell’ultimo decennio, con milioni di dollari di finanziamenti statunitensi destinati indirettamente al progresso della tecnologia militare cinese.

Il rapporto, frutto della collaborazione tra i repubblicani del Comitato scelto della Camera sul Partito Comunista Cinese e del Comitato per l’Istruzione e la Forza Lavoro della Camera, ha rilevato che i ricercatori finanziati dagli Stati Uniti hanno collaborato con le loro controparti cinesi in campi come l’ipersonica, l’energia diretta, la fisica nucleare e delle alte energie, l’intelligenza artificiale e l’autonomia.

«Non si tratta di tecnologie innocue con applicazioni esclusivamente civili. Si tratta piuttosto di tecnologie all’avanguardia, militarmente vantaggiose nel Pacifico occidentale, che il Pla [People’s Liberation Army; Esercito Popolare di Liberazione, ndt] può e vuole utilizzare contro i militari statunitensi in caso di conflitto», si legge nel rapporto.

John Moolenaar (R-Mich.), presidente della Commissione sul Partito Comunista Cinese, ha dichiarato in un comunicato che i risultati dell’indagine congiunta sono «allarmanti».

«Il Partito Comunista Cinese sta guidando i suoi progressi militari con la ricerca finanziata dai contribuenti statunitensi e attraverso gli istituti congiunti Usa-Rpc in Cina», ha dichiarato Moolenaar, riferendosi al nome ufficiale della Cina comunista, la Repubblica Popolare Cinese.

Il rapporto ha identificato più di 8.800 pubblicazioni sostenute da finanziamenti del Dipartimento della Difesa (Dod) americano e pubblicate con co-autori cinesi, e altre 185 pubblicazioni sostenute da finanziamenti delle agenzie di intelligence statunitensi. Più di 2.000 articoli finanziati dal Dipartimento della Difesa hanno incluso co-autori direttamente affiliati alla base industriale e di ricerca della Difesa cinese.

Secondo il rapporto, queste collaborazioni «forniscono un accesso privilegiato proprio alla nazione straniera avversaria, dalla cui aggressione queste capacità sono necessarie per proteggersi».

«La conclusione preoccupante è che la ricerca finanziata dal Dipartimento della Difesa, che dovrebbe consentire alle forze armate statunitensi di mantenere un vantaggio tecnologico sugli avversari, è stata probabilmente utilizzata per favorire e rafforzare il Pla», si legge nel rapporto.

Casi studio

Il rapporto presenta sei casi studio in cui ricercatori finanziati a livello federale hanno aiutato il Partito Comunista Cinese (Pcc) a raggiungere progressi nella tecnologia delle armi nucleari di quarta generazione, nell’intelligenza artificiale, nei laser avanzati, nelle nanotecnologie, nei semiconduttori al grafene e nella robotica.

Un caso riguarda un ricercatore senza nome, definito «Ricercatore 4», che secondo il rapporto «è un pioniere della piezoelettricità e dei nanogeneratori» e che si è assicurato nel corso di decenni circa 22 milioni di dollari di finanziamenti federali da diverse agenzie statunitensi, tra cui il Dipartimento dell’Energia, la Nasa e l’Aeronautica Militare.

Secondo il rapporto, il ricercatore ha anche partecipato ai programmi per i talenti del Pcc dal 1992, ricoprendo numerose posizioni all’interno di «istituzioni cinesi problematiche» come l’Accademia delle Scienze cinese, di proprietà statale.

L’Fbi afferma sul suo sito web che i «piani per i talenti» di Pechino, che sono iniziative di reclutamento gestite dal Pcc, promuovono il furto di segreti commerciali e lo spionaggio economico.

Il ricercatore si è impegnato con istituti di ricerca medica legati al Pla e collabora con diverse «Università dei Sette Figli della Difesa Nazionale», tra cui l’Università Beihang. I «Sette Figli» si riferiscono a sette università cinesi legate all’industria militare e della difesa cinese.

Tra il 2012 e il 2024, il ricercatore ha depositato centinaia di brevetti in Cina.

«Molti brevetti sembrano sfruttare direttamente i concetti sviluppati durante il periodo di permanenza negli Stati Uniti del ricercatore 4, suggerendo il trasferimento alla Rpc di conoscenze e capacità applicate, probabilmente finanziate dai contribuenti americani», si legge nel rapporto.

Nel 2014, il ricercatore ha ricevuto un premio in una cerimonia alla quale hanno partecipato il leader del Pcc Xi Jinping e i rappresentanti del massimo organo militare cinese, la Commissione militare centrale. La cerimonia ha elogiato il ricercatore per aver costruito «centri di ricerca scientifica all’avanguardia e basi di piattaforme in Cina», secondo il rapporto.

«Non è una sorpresa che la Cina stia facendo tutto il possibile per diventare la prima potenza al mondo e che userà tutti i mezzi possibili per farlo», ha dichiarato la deputata Virginia Foxx (R.C.), presidente della Commissione per l’istruzione e la forza lavoro della Camera statunitense, in occasione di una conferenza organizzata dalla Alexander Hamilton Society il 23 settembre.

«Se [la Cina, ndr] ha l’opportunità di approfittare dei dollari dei contribuenti statunitensi, lo farà sicuramente».

«I dollari dei nostri contribuenti dovrebbero essere utilizzati nel nostro Paese per far progredire i nostri sistemi e non per aiutare i cinesi comunisti a far progredire il loro sistema».

Istituti congiunti

Il rapporto ha anche esaminato quelli che descrive come istituti congiunti problematici tra università statunitensi e cinesi, sostenendo che queste cooperazioni «nascondono un sofisticato sistema di trasferimento di tecnologie e competenze statunitensi critiche alla Rpc».

Attraverso questi istituti, degli accademici americani, compresi quelli che hanno ricevuto finanziamenti federali, si sono recati in Cina per lavorare e consigliare studiosi cinesi, nonché per formare studenti cinesi, secondo il rapporto.

«Questo crea un canale diretto per il trasferimento dei benefici della loro esperienza di ricerca alla Rpc», si legge nel rapporto.

Il rapporto ha preso in esame tre istituti congiunti: Tsinghua-Berkeley Shenzhen Institute (Tbsi), Georgia Tech Shenzhen Institute (Gtsi) e Sichuan University-Pittsburgh Institute.

In occasione di un evento organizzato dalla Alexander Hamilton Society poco dopo la pubblicazione del rapporto, Moolenaar ha applaudito il Georgia Institute of Technology e la University of California-Berkeley per aver scelto di interrompere i legami con gli enti cinesi: «Voglio sottolineare che entrambe le istituzioni, da quando questo rapporto è venuto alla luce e da quando hanno lavorato con la nostra commissione su questi risultati, hanno riconosciuto il problema di queste affiliazioni e le hanno interrotte», ha dichiarato Moolenaar.

La Georgia Tech ha però dichiarato in un comunicato che le affermazioni del rapporto sul Gtsi sono «prive di fondamento»: «Non è stata condotta alcuna ricerca presso il Gtsi, non è stato facilitato alcun trasferimento di tecnologia e non sono stati erogati finanziamenti federali alla Cina», ha dichiarato l’università in un comunicato.

Tuttavia, il 6 settembre, la Georgia Tech ha annunciato che avrebbe «interrotto la sua partecipazione al Gtsi» con l’Università di Tianjin e il governo municipale di Shenzhen. L’università ha dichiarato che la partnership non era «più sostenibile» dopo che il Dipartimento del commercio degli Stati Uniti ha aggiunto l’università cinese all’elenco degli enti nel 2020.

Inoltre, nel 2020, il Dipartimento del Commercio ha accusato l’Università di Tianjin di essere coinvolta in più di una decina di casi di furto di segreti commerciali da parte di aziende statunitensi.

I ricercatori di Berkeley «si impegnano solo in ricerche i cui risultati vengono sempre diffusi apertamente in tutto il mondo» e l’università era «inconsapevole di alcuna ricerca condotta da docenti di Berkeley presso la Tbsi per qualsiasi altro scopo», ha dichiarato in un comunicato Katherine Yelick, vice-cancelliere per la ricerca dell’università.

La Yelick ha anche affermato che l’università ha deciso «di avviare il processo di cessione di tutte le proprietà» della scuola di Shenzhen «dopo un’attenta valutazione, iniziata diversi mesi fa».

Ha aggiunto che Berkeley «prende molto seriamente le preoccupazioni sulla sicurezza della ricerca, comprese quelle espresse dal Congresso».

L’Università di Pittsburgh ha comunicato di non poter commentare perché la scuola «non è stata consultata e non ha collaborato con il Comitato scelto della Camera durante l’indagine».

Delimitazioni

Moolenaar ha precisato durante l’evento che il rapporto non sostiene esplicitamente che siano state violate delle leggi.

«Non è illegale che un professore di un’università collabori con l’Esercito Popolare di Liberazione, il che è scioccante se si pensa a questa organizzazione», ha dichiarato.

«Quindi, quello che stiamo sostenendo è un vero e proprio consolidamento della normativa in termini di cosa è legale, cosa non lo è, per cosa possono essere usati i dollari dei contribuenti, specialmente quelli della difesa, in termini di tipi di collaborazioni e accordi educativi».

Gabriel Scheinmann, direttore esecutivo della Alexander Hamilton Society, ha dichiarato a Epoch Times che gli Stati Uniti devono risolvere il problema.

«Le università americane che collaborano con quelle cinesi su progetti di ricerca che hanno implicazioni militari: nulla di questo è in realtà illegale. Credo che l’onere di mettere ordine in casa propria spetti a noi, agli Stati Uniti, al Congresso e alle università», ha dichiarato Scheinmann.

«È bello vedere che il Congresso inizia a svegliarsi e a prestare maggiore attenzione al problema, ma ovviamente la strada da percorrere per risolverlo è ancora lunga».

Il rapporto offre diverse raccomandazioni politiche, tra cui l’approvazione del Deterrent Act, una legge che la Camera ha approvato nel dicembre dello scorso anno. La legge (H.R.5933) ridurrebbe la soglia di rendicontazione delle donazioni estere alle università e vieterebbe i contratti con determinate entità estere o Paesi a rischio.

La versione del Senato della legislazione (S.3362) non è stata programmata per il voto.

Un’altra raccomandazione è che il Congresso vieti ai ricercatori che ricevono fondi federali di collaborare con gli «enti a più alto rischio», come quelli affiliati al Pla, ai Sette Figli della Difesa Nazionale, ai laboratori di difesa nazionale cinese e al Ministero della Pubblica Sicurezza cinese.

Secondo il rapporto, il Congresso dovrebbe anche vietare ai ricercatori finanziati con fondi federali «qualsiasi collaborazione futura» con questi enti in relazione all’oggetto delle loro sovvenzioni di ricerca.

«Sappiamo che il Partito Comunista Cinese sta diventando sempre più aggressivo in patria e nel mondo, e sta usando ogni mezzo per infiltrarsi nelle nostre istituzioni e sconvolgere il nostro stile di vita», ha dichiarato Moolenaar.

 

Articolo in lingua inglese: China Exploits US-Funded Research to Boost Military, Report Says

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