Gli effetti reali dei placebo sulle malattie, un cambio di prospettiva

Di Yuhong Dong, M.D., Ph.D.

I ricercatori farmaceutici testano nuovi farmaci confrontandoli con un placebo, una pillola che sembra il farmaco ma non contiene nulla di rilevante. L’obiettivo è determinare se il farmaco sia più efficace del placebo. È interessante però notare che spesso le persone che assumono il placebo sperimentano effetti positivi. Se questi effetti sono pari a quelli di chi assume il vero farmaco, il farmaco è considerato non riuscito.

Questo effetto è noto come «effetto placebo». Placebo in latino significa «io piacerò». Di solito rappresenta un tipo di effetto psicologico rispetto all’effetto «reale» di un medicinale.

La prima volta che un placebo è stato utilizzato come termine medico risale a più di 200 anni fa, quando il medico scozzese William Cullen (1710–1790) lo introdusse nel 1772 per confortare i pazienti che richiedevano farmaci di cui non avevano bisogno, dando loro qualcosa per soddisfare le loro richieste e aspettative.

Un libro pubblicato nel 1801 dal medico britannico John Haygarth riportava che i pazienti con «reumatismi» riducevano il loro dolore con un trattamento placebo.

Nel 1937, uno studio controllato con placebo pubblicato in Jama riportava che l’effetto di un placebo sul dolore cardiaco nei pazienti ambulatoriali era tanto buono quanto i farmaci testati, come le xantine (teobromina e aminofillina).

L’effetto placebo è un fenomeno complesso con profonde verità sottostanti che non sono state adeguatamente spiegate al pubblico.

Auto-guarigione

Nel 2009, i ricercatori hanno condotto un piccolo ma interessante trial clinico che ha scoperto il primo componente dell’effetto placebo.

Dei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile (Ibs) sono stati assegnati casualmente in due gruppi. Al gruppo A non è stato dato alcun trattamento, mentre al gruppo B è stato dato un placebo chiaramente etichettato come: «Pillole placebo fatte di una sostanza inerte, come pillole di zucchero, che hanno dimostrato nei studi clinici di produrre un miglioramento significativo nei sintomi dell’Ibs attraverso processi di auto-guarigione mente-corpo».

Dopo tre settimane, il 30 percento dei pazienti del gruppo A ha riportato un sollievo adeguato, rispetto al 60 percento del gruppo B.

La percentuale di alleviamento della malattia nel gruppo A ha rivelato il primo fattore chiave dell’effetto placebo: il tempo guarisce. Oppure, utilizziamo un termine più accurato evidenziato nella nota ricevuta dal gruppo B: i nostri corpi hanno capacità di «auto-guarigione».

La maggior parte delle persone lo ignora, e i media mainstream non lo hanno enfatizzato abbastanza. Tuttavia, è uno dei componenti essenziali della guarigione da una malattia ed è il concetto centrale delle terapie naturali.

L’auto-guarigione non è nulla di misterioso. Nei pazienti con Ibs, la funzione intestinale può essere influenzata da stress, mediatori infiammatori o diete specifiche.

Se le persone aggiustano i loro stili di vita, come ridurre i livelli di stress, evitare cibi scatenanti e promuovere la salute intestinale attraverso l’esercizio fisico, spesso alleviano naturalmente i loro sintomi di Ibs.

Anche senza alcuna azione, l’intestino, il microbioma e l’immunità possono lentamente guarire da soli nel tempo.

Idee positive

Il raddoppio dell’efficacia nel gruppo B è intrigante poiché i pazienti di questo gruppo hanno ricevuto un placebo insieme a una nota rassicurante sull’autoguarigione.

L’idea positiva associata al farmaco suggeriva che sarebbe stato efficace. Ogni farmaco noto è legato a certe convinzioni associate al marchio.

La stessa cosa può accadere con un placebo.

Prendere semplicemente un placebo, come una pillola di zucchero, credendo che sia un medicinale, ha il potenziale di migliorare dolore, ansia, depressione, ridurre la pressione sanguigna, guarire le ulcere gastrointestinali e potenziare il sistema immunitario.

Persino la chirurgia placebo, in cui i pazienti vengono messi sotto anestesia, tagliati e poi suturati senza alcun intervento effettivo, ha avuto un impatto positivo sui risultati dei pazienti.

Questo potere delle idee è spesso trascurato nella medicina moderna, mentre è stato enfatizzato e sviluppato nelle pratiche spirituali e nelle terapie psichiatriche.

Il messaggio conta

Il messaggio trasmesso a un paziente dal proprio medico riguardo l’esito previsto del trattamento può influenzare significativamente il processo di guarigione del paziente.

Ad esempio, in uno studio condotto da Alia Crum, professoressa associata di psicologia alla Stanford University, i medici hanno somministrato ai pazienti un test cutaneo alla istamina. Dopo sei minuti, hanno applicato una crema placebo. Il test cutaneo alla istamina è utilizzato per produrre una reazione allergica, che causa un’eruzione cutanea sull’avambraccio.

Il medico ha informato metà dei partecipanti che era stata loro data una crema antistaminica per trattare l’eruzione cutanea. L’altra metà è stata informata che la crema era un agonista dell’istamina e avrebbe peggiorato l’eruzione cutanea.

Il gruppo a cui è stato detto che la crema avrebbe peggiorato l’eruzione ha sperimentato irritazione entro 10 minuti dall’applicazione. Coloro a cui è stato detto che la crema avrebbe migliorato l’eruzione hanno visto miglioramenti (5,1 mm rispetto a 4,7 mm).

I risultati dello studio suggeriscono che il messaggio ha un impatto sull’esito del trattamento.

Compassione con autorità

In uno studio precedente, il team del Dr. Kaptchuk ha reclutato 262 pazienti con Ibs e li ha assegnati casualmente a tre gruppi.

  1. Il primo gruppo di pazienti non ha ricevuto alcun trattamento.
  2. Il secondo gruppo ha ricevuto un placebo, con una minima interazione medico-paziente.
  3. Il terzo gruppo ha ricevuto lo stesso placebo del secondo gruppo, ma i loro medici li hanno ascoltati attentamente e con pazienza.

Nel primo gruppo che non ha ricevuto alcun trattamento, il 28 percento dei partecipanti ha sperimentato un sollievo adeguato dai loro sintomi, il che può essere attribuito alla guarigione naturale della malattia. Nel gruppo placebo con minima interazione, il 42 percento dei partecipanti ha sperimentato un sollievo adeguato. Tuttavia, nel gruppo in cui i partecipanti sono stati coinvolti e hanno ricevuto un trattamento interattivo dai loro medici, il 62 percento ha riportato un sollievo adeguato dai loro sintomi.

Semplicemente, l’interazione coinvolgente tra medici e pazienti prima del trattamento può produrre i risultati più efficaci, anche con un placebo.

Inoltre, la compassione di un medico combinata con la sua autorità può influenzare enormemente l’esito della guarigione di un paziente. Durante lo studio del test cutaneo alla istamina condotto dalla dott.ssa Crum, un gruppo di pazienti è stato trattato da un medico che ha instaurato una connessione personale con loro. Invece di chiedere solo informazioni di base, il medico ha chiesto delle loro esperienze personali, con domande come «dove sei nato?» e «com’era crescere in Ohio?» Il badge del medico indicava che era un «Fellow presso il Centro di Allergologia di Stanford» e la procedura è stata condotta in una stanza impeccabile con grande precisione.

Dimostrando compassione e competenza, il medico ha aumentato le aspettative dei pazienti attraverso feedback positivi sull’efficacia della crema. Questa credenza ha migliorato notevolmente la guarigione del paziente (5,1 mm rispetto a 4,3 mm).

In un altro scenario, il medico era distaccato e per nulla accogliente. Guardava lo schermo del computer e chiedeva: «Data di nascita, luogo di nascita. […] Prossima domanda». Il suo badge riportava «Dottore in formazione» e la sua scrivania era disordinata. Ha esitato quando ha messo il bracciale per la pressione sanguigna al paziente.

In questo scenario, il paziente non ha mostrato alcuna reazione al test cutaneo (5,1 mm rispetto a 5,0 mm).

L’impatto della nostra mentalità dipende dall’ambiente in cui essa si sviluppa. Segnali sociali, come il calore umano e la competenza, sono significativi nel plasmare le nostre credenze e nell’aggiungere senso e profondità.

Quando abbiamo fiducia in un trattamento, non è solo per l’efficacia del trattamento stesso, ma anche perché abbiamo fiducia nelle conoscenze e nell’esperienza del nostro medico, che tiene conto delle nostre necessità individuali e personali.

Non solo psicologico

Spesso si presume che la risposta al placebo non sia mediata da meccanismi fisici o chimici ma sia puramente psicologica. Nonostante questa convinzione prevalente, un vecchio e relativamente piccolo esperimento potrebbe far pensare altrimenti.

Ricercatori canadesi hanno somministrato a sei pazienti affetti da malattia di Parkinson un trattamento con L-dopamina o pillole placebo per studiare i meccanismi di un placebo.

Un cambiamento patologico chiave nella malattia di Parkinson è la mancanza di dopamina nel cervello. Questo esperimento ha utilizzato isotopi di ligandi radioattivi per fornire una lettura precisa del livello di dopamina.

Lo studio ha fornito prove che i pazienti con malattia di Parkinson che hanno ricevuto un placebo hanno avuto un rilascio sostanziale di dopamina endogena nei loro cervelli. L’effetto placebo è stato potente quanto il trattamento farmacologico ed è stato mediato dall’attivazione dell’area cerebrale nota come via nigro-striatale, una delle principali vie della dopamina.

Il placebo induce il cervello a rilasciare le sostanze chimiche di cui i pazienti con malattia di Parkinson hanno bisogno. C’è una vera e propria farmacia dentro ognuno di noi.

I pensieri positivi non sono solo psicologici. Pensare positivamente agli altri può persino innescare reazioni chimiche che potenziano la funzione del sistema immunitario, inclusa la produzione di interferoni che combattono i virus.

Anziché fare solo affidamento sul potere dell’immaginazione, i placebo funzionano mimando le capacità naturali di guarigione del corpo attraverso neurotrasmettitori e circuiti cerebrali.

Sfruttare il potere dei placebo

L’effetto placebo rimane un fenomeno affascinante e spesso sottovalutato nella medicina moderna. Ciò che è iniziato come un semplice controllo dei test si è rivelato un complesso intreccio di fattori psicologici, neurologici e fisiologici.

Rivelare questi componenti poco familiari dell’«effetto placebo» ci offre una nuova opportunità per capire il vero significato delle buone terapie, pensando al potere delle nostre capacità di auto-guarigione, dei pensieri, delle idee e delle interazioni sociali sul nostro benessere complessivo.

Il sistema sanitario del futuro dovrebbe riconsiderare la connessione tra mente e corpo ed esplorare nuovi approcci olistici alla cura della salute, che utilizzino le capacità naturali di guarigione del corpo.

 

Il dottor Yuhong Dong è un editorialista medico senior di The Epoch Times. È un’ex esperta medico-scientifica senior e leader della farmacovigilanza presso la sede centrale di Novartis in Svizzera e vincitrice di quattro premi Novartis. Ha esperienza di ricerca preclinica in virologia, immunologia, oncologia, neurologia e oftalmologia, e ha anche esperienza clinica nelle malattie infettive e nella medicina interna. Ha conseguito la laurea in medicina e il dottorato in malattie infettive presso l’Università di Pechino in Cina.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Versione in inglese: The Real Healing Effects of Placebos on Diseases Are Obscured by Drugs

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