Finito il monopolio della chemioterapia?

Secondo recenti studi, i trattamenti per alcuni tipi di cancro potrebbero subire una rivoluzione, grazie all’analisi genetica delle cellule tumorali. Un importante passo avanti, per i numerosi pazienti affetti da tumore al seno o ai polmoni, che potranno così evitare di sottoporsi alla chemioterapia e ai suoi pericolosi effetti collaterali. Gli studi, presentati alla conferenza annuale sul cancro a Chicago, confermano dunque l’avvento di una nuova era per i malati di cancro.

La prima buona notizia riguarda il cancro al seno nelle donne: dopo aver effettuato i test genetici, per almeno il 70 percento di loro sarà sufficiente la cura ormonale prescritta abitualmente dopo l’intervento. Inoltre, il nuovo metodo potrà essere applicato anche nei casi di tumore ai polmoni.

Di solito, quando si rilevano determinate mutazioni nelle cellule umane, viene somministrato un farmaco specifico per il tumore. Ora, tuttavia, nella maggior parte dei casi, i pazienti verranno sottoposti al nuovo tipo di trattamento, già ampiamente in uso: l’immunoterapia. Questa eviterà nella maggioranza dei pazienti nausee, perdita di capelli e altre conseguenze dovute all’alta tossicità della chemioterapia.
Tanto l’entusiasmo tra i presenti alla conferenza: in pochi mesi, dopo una serie di test clinici, l’intero protocollo terapeutico del cancro ai polmoni è stato stravolto. Secondo uno specialista si tratta di un cambiamento «straordinario».

Attualmente, numerose donne vengono sottoposte a chemioterapia dopo l’intervento chirurgico, oltre che alla terapia ormonale, per evitare un’ulteriore formazione del tumore. Ma uno studio internazionale condotto su diecimila donne, ha concluso che il livello che giustifica il ricorso alla chemioterapia potrebbe essere aumentato senza rischi: negli ultimi anni, un test genetico eseguito sul tumore permetteva di prevedere la probabilità di una recidiva. Questo test ha una scala da zero a cento. Fino a oggi, la chemioterapia era consigliata al di sopra di 25, mentre al di sotto di dieci non lo era, il che ha posto un dilemma alle donne situate nella zona grigia, tra 11 e 25. Lo studio ha evidenziato che per quelle donne, dopo nove anni di monitoraggio, la chemioterapia non aveva causato effetti.

Kathy Albain, oncologa presso l’ospedale Loyola Medicine di Chicago, e coautrice dello studio, afferma che questo «avrà un impatto enorme su medici e pazienti» dal momento che farà « diminuire le terapie con effetti nocivi». Solo negli Stati Uniti, potranno trarne vantaggio ogni anno 65 mila donne. Joseph Sparano, principale autore della ricerca e medico del centro Montefiore Medical di New York, ha spiegato: «Tutte le donne al di sotto dei 75 anni con un tumore al seno allo stadio iniziale, devono fare il test e riferire i risultati» al proprio medico.

Per il tipo più diffuso di tumore ai polmoni, l’immunoterapia offre un’enorme speranza. Le aziende farmaceutiche competono già ferocemente in questo settore. Durante la conferenza, ha fatto scalpore uno studio sull’antitumorale Keytruda, o pembrolizumab, sul quale ha puntato tutto l’Américain Merck [una delle prime cinque aziende farmaceutiche al mondo, nota all’estero come Msd, ndt]. Si assume per via endovenosa ogni tre settimane, in genere contro il melanoma o il cancro ai polmoni, ed è diventato il medicinale numero uno del laboratorio americano.

I farmaci immunoterapici aiutano il sistema immunitario dei pazienti a fare quel che dovrebbe fare: individuare e attaccare il tumore. Questo metodo però non funziona con ogni tipo di cancro e può provocare gravi effetti collaterali, al punto che a volte i pazienti interrompono il trattamento. Nel corso dell’ultima sperimentazione, finanziata dall’azienda statunitense, i ricercatori hanno confrontato l’efficacia dell’assunzione del solo Keytruda con la chemioterapia [l’effetto dell’associazione dei due protocolli è stata studiata separatamente, e ha mostrato buoni risultati in alcuni casi, ndr]. I pazienti curati da principio col pembrolizumab hanno vissuto da quattro a otto mesi più a lungo di quelli trattati con la chemioterapia. Ma soprattutto hanno subito effetti secondari gravi in numero inferiore [18 percento rispetto al 41 percento, ndr].

Secondo l’oncologo Gilberto Lopes, dell’ospedale universitario di Miami e responsabile della ricerca, lo studio ha mostrato che «il pembrolizumab è più efficace della chemioterapia su due terzi dei malati di cancro ai polmoni del tipo più diffuso».

I ricercatori sottolineano comunque che bisogna effettuare ancora numerosi studi, e nessuno ha affermato che la chemioterapia sparirà per tutti i tipi di tumore. Ma per John Heymach, cancerologo del centro MD Anderson del Texas, l’ottimismo è d’obbligo: «Stiamo per lasciare l’epoca in cui l’unica soluzione era quella della chemioterapia».

 

Articolo in francese: Contre certains cancers, l’aube d’une nouvelle ère sans chimiothérapie

Traduzione di Francesca Saba

 

 
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