L’enigmatica posizione del Movimento 5 Stelle su Hong Kong

Di Marco D'Ippolito

Mentre in tutto il mondo aumentano le critiche al regime di Pechino per l’approvazione della draconiana legge sulla ‘sicurezza nazionale’ relativa a Hong Kong, resta ancora ambigua la posizione del governo italiano.

Aggiornamento, 29 maggio ore 22.00: Secondo La Presse, fonti interne alla Farnesina hanno dichiarato che durante la videoconferenza dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea del 29 maggio l’Italia, rappresentata da Luigi Di Maio, ha confermato le preoccupazioni per la stretta di Pechino espresse dell’Alto Rappresentante Borrell la settimana scorsa. La posizione italiana sarebbe che «occorre preservare la stabilità, la prosperità, l’autonomia e il sistema di libertà e diritti fondamentali di Hong Kong».

Da un lato, l’onorevole Andrea Romano (Pd) ha denunciato in Parlamento la «stretta repressiva, violenta e ingiustificabile, da parte dell’autorità di Pechino […] contro manifestanti pacifici che protestano per la nuova legislazione che di fatto cancellerà l’autonomia di Hong Kong», pur ribadendo l’«amicizia» del Partito Democratico nei confronti di Pechino.

Mentre dal canto suo, il Movimento 5 Stelle (M5s) ha pubblicato un ambiguo comunicato nella mattinata del 29 maggio in difesa delle autorità centrali di Pechino, sottolineando che «sulla questione di Hong Kong non ci sono linee diverse all’interno del Movimento 5 Stelle».

Il comunicato del Movimento 5 Stelle (M5s)

Secondo Agenzia Nova, la nota congiunta è stata redatta dai parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Esteri della Camera dei deputati e del Senato, che hanno scritto: «Ogni Paese ha il diritto e il dovere di garantire l’ordine pubblico sul suo territorio, nelle strade di Hong Kong come in quelle di Minneapolis, ma deve farlo rispettando i diritti umani e le libertà civili e senza compiere abusi nell’uso della forza, come accaduto nel tragico caso di George Floyd».

Ma l’ambiguità presente nel comunicato non è passata inosservata. Proprio Andrea Romano, durante un’intervista con Radio Radicale, ha sottolineato che «non si può definire la repressione in corso a Hong Kong ‘tutela dell’ordine pubblico’». Peraltro, il regime comunista cinese utilizza da mesi questa formula per giustificare la repressione dei manifestanti, e ora la sta utilizzando per giustificare l’introduzione della legge sulla ‘sicurezza nazionale’.

Le proteste a Hong Kong sono infatti iniziate a giugno del 2019 in seguito a una controversa proposta di legge sull’estradizione che avrebbe accresciuto il potere del Partito Comunista Cinese (Pcc) nel territorio di Hong Kong. Ma dopo che milioni di hongkonghesi sono scesi in piazza, il Capo dell’esecutivo di Hong Kong, Carrie Lam, è stata costretta ad accantonare la proposta. Da allora, le manifestazioni contro l’ingerenza di Pechino nell’ex colonia britannica si sono fermate solo per l’emergenza coronavirus, nonostante la violenta repressione da parte della polizia – controllata indirettamente dal regime comunista – che ha causato anche la morte di diversi giovani manifestanti.

Per questo Romano ha definito «l’accostamento con Minneapolis quantomeno scivoloso», sottolineando che in quel caso «chi si è reso responsabile dell’omicidio, perché di questo si è trattato, di quel ragazzo di colore, non ha riportato l’ordine pubblico a Minneapolis. Ma è stato cacciato dalla polizia e verrà indagato, mentre invece ci risulta che chi colpisce indiscriminatamente i manifestanti a Hong Kong non subisce alcun tipo di punizione».

Il parlamentare del Partito Democratico ha anche precisato che «La questione di Hong Kong non è una questione che riguarda gli affari interni cinesi […] primo perché ci sono dei patti internazionali da rispettare, secondo perché la difesa dei diritti umani deve superare qualsiasi frontiera» a «prescindere dalla dimensione dell’interscambio commerciale».

 

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