Arie famose: ‘Come un bel dì di maggio’, Andrea Chénier

Di Alessandro Starnoni

Andrea Chénier, la nota opera del compositore pugliese Umberto Giordano (1867 – 1948), prende il nome dall’omonimo poeta francese (André Chénier) vittima del Terrore di Robespierre e della Rivoluzione Francese, quando, con la Comune di Parigi, moltissime persone rappresentanti dell’alta società furono assassinate nel sangue.
Dalla Comune di Parigi infatti diversi altri movimenti socialisti e comunisti nel mondo presero coraggio inneggiando a rivoluzioni, che con violenze inaudite scalzarono via le classi principali della società e i valori tradizionali dei quali queste ultime erano custodi: la credenza nel divino, le arti classiche, la bellezza, l’ordine sociale.

Agli albori della Rivoluzione Francese (1789), il giovane poeta Andrea Chénier (che all’inizio scriveva versi critici proprio verso l’aristocrazia, poiché anch’esso ingannato dalla propaganda rivoluzionaria, poi divenne critico infatti verso i «carnefici» Giacobini) aveva conosciuto una giovane fanciulla in una festa al Castello di Coigny. Questa fanciulla un po’ «capricciosa e un po’ romantichetta» era la giovane Maddalena di Coigny.

I due si incontreranno nuovamente solo più tardi, anche se in una situazione completamente diversa, durante il Regime del Terrore. Maddalena è ora ridotta alla povertà dai rivoluzionari, che hanno già ucciso sua madre.  Tuttavia, nonostante tutto, i due si innamorano, felici di essersi ritrovati, con l’amore come unica speranza in mezzo alla furia rivoluzionaria.

In seguito, la gelosia del servitore del Castello, Gérard, che si era anch’esso fin da subito invaghito di Maddalena, e che in seguito diverrà uno dei capi rivoluzionari, porterà a denunciare il poeta Chénier alle autorità rivoluzionarie, che lo condanneranno alla ghigliottina in quanto ‘nemico della patria’.

Gérard si pentirà del suo gesto ma solo perché spinto dal suo amore per Maddalena e dopo aver ascoltato la sua storia di dolore. Si rende conto infatti che quegli ideali rivoluzionari erano stati rappresentati come ‘nobili’ solamente per poter raggiungere il consenso delle masse e poi il potere, ma in realtà non lo erano affatto se non nella mera superficie delle parole: comprende come quegli slogan di ‘libertà e uguaglianza’ non fossero altro che specchietti per le allodole di cui potevano servirsi le persone assetate di sangue e potere. Queste ultime si erano in effetti rivelate in tutta la loro corruzione e malvagità nei fatti.

Gérard si rende anche conto di essersi fatto prendere da passioni violente e di essere andato contro i suoi stessi principi di vera libertà e uguaglianza.
Ma è troppo tardi: Chénier sta per essere condannato, così Maddalena fa di tutto per rivederlo e, con l’aiuto di Gérard, prende il posto di una prigioniera sulla carretta destinata al patibolo, così da poter trascorrere gli ultimi momenti al fianco del suo amato poeta. Gérard non può far altro che piangere in preda alla disperazione.

L’aria Come un bel dì di maggio, nell’ultimo atto, è un malinconico omaggio alla poesia e all’amore, che il poeta Andrea Chénier (tenore) legge in prigione al suo amico Roucher, mentre entrambi aspettano la loro ingiusta esecuzione.

È scritta per la voce del tenore lirico spinto, e l’attacco dei primi versi immedesima lo spettatore nella malinconia che il poeta prova davanti alla sua triste condanna e all’impossibilità di realizzare il suo destino d’amore con Maddalena (soprano).

La seconda parte dell’aria è un continuo crescendo dove il tenore spinto può mettere in risalto tutta la mascolinità caratteristica della sua voce, che riflette tutto il suo amore per la vita.

Di seguito alcune delle migliori interpretazioni dell’aria, rispettivamente dei tenori Franco Corelli, Beniamino Gigli e dello svedese Jussi Björling.

Come un bel dì di maggio
Che con bacio di vento
E carezza di raggio
Si spegne in firmamento

Col bacio io d’una rima
Carezza di poesia
Salgo l’estrema cima
Dell’esistenza mia

La sfera che cammina
Per ogni umana sorte
Ecco già mi avvicina
All’ora della morte

E forse pria che l’ultima
Mia strofa sia finita
M’annuncerà il carnefice
La fine della vita
Sia! Strofe, ultima Dea
Ancor dona al tuo poeta
La sfolgorante idea
La fiamma consueta
Io, a te, mentre
Tu vivida a me sgorghi dal cuore
Darò per rima il gelido
Spiro d’un uom che muore

 
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