Nella guerra dei dazi la Cina è disarmata

15 Febbraio 2025 12:46 Aggiornato: 15 Febbraio 2025 12:46

Dopo aver sospeso i dazi minacciati contro Canada e Messico, il presidente Donald Trump ha rivolto la sua attenzione in modo più deciso alla Cina, senza alcuna intenzione di revocare i dazi imposti. Ad aver ricevuto meno attenzione, però, è la guerra commerciale che la Cina sta conducendo contro gli Stati Uniti.

Nonostante le preoccupazioni sugli effetti dei dazi nel commercio bilaterale, la Cina ha pochissimo margine di manovra nella disputa commerciale con gli Stati Uniti. Senza dubbio, Pechino può rispondere e adattarsi, come ha già fatto in vari modi, ma ha scarsa capacità di infliggere danni significativi a Washington.

LA SCARSA CAPACITÀ DELLA CINA DI METTERE SOTTO PRESSIONE GLI STATI UNITI

Non esistono quasi prodotti fabbricati esclusivamente in Cina che gli Stati Uniti non possano acquistare da altri Paesi. Mentre Pechino sta cercando di aggirare le restrizioni imposte sui semiconduttori acquistandoli in massa da Paesi terzi per proseguire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, gli Stati Uniti hanno reagito ai dazi imposti dalle amministrazioni Trump e Biden senza particolari difficoltà, aumentando semplicemente gli acquisti da altre nazioni. In sostanza, la Cina ha pochissimi strumenti di pressione economica nei confronti di Washington.

La posizione di Pechino è complessa, perché, a differenza degli Stati Uniti, non produce quasi nulla che non possa essere facilmente reperito altrove, un concetto noto tra gli economisti come “sostituibilità”. Se le aziende lasciassero la Cina in massa per trasferirsi in Messico, Vietnam o negli stessi Stati Uniti per la produzione di abbigliamento o l’assemblaggio di prodotti elettronici, questo realizzerebbe esattamente l’obiettivo dei dazi americani.

Anche nei settori in cui la Cina domina il mercato mondiale, Pechino è restia a imporre misure di ritorsione perché i suoi prodotti possono essere facilmente sostituiti. Il timore è quello di perdere clienti e, di conseguenza, anche quei pochi strumenti di pressione economica rimasti.

LA MOSSA DELLE TERRE RARE

Di recente, però, la Cina ha deciso di sfruttare uno dei pochi settori in cui ha una posizione dominante: la produzione di metalli e minerali specializzati, comunemente noti come terre rare. Questi materiali vengono utilizzati nell’industria tecnologica, per esempio negli smartphone, ma anche in settori meno avanzati come la produzione di batterie e pannelli solari.

A seconda del tipo di metallo, la Cina detiene quasi il 90% della quota di mercato nell’estrazione, raffinazione e produzione di alcuni metalli delle terre rare, con una quota media che si aggira intorno al 50-60%. Nel tentativo di reagire a quelle che considera ingiuste restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori, Pechino ha recentemente annunciato controlli sulle esportazioni di questi materiali e di altri metalli correlati.

PERCHÉ IL BLOCCO DELLE TERRE RARE POTREBBE NON FUNZIONARE

Ci sono però diversi problemi nella strategia cinese. Nonostante il nome, le terre rare non sono affatto così rare, anzi: sono relativamente comuni, solo che vengono estratte meno frequentemente, perché i processi di estrazione e raffinazione sono altamente inquinanti e richiedono grandi quantità di minerale grezzo. La Cina ha investito massicciamente nella costruzione di raffinerie e impianti minerari, acquistando riserve anche all’estero nel tentativo di monopolizzare il mercato.

Pechino aveva già tentato questa strategia circa un decennio fa, arrivando perfino a imporre un embargo totale sulle esportazioni di terre rare. Tuttavia, pochi anni dopo, la misura venne silenziosamente revocata. Il motivo? Alcune piccole miniere furono aperte in altre parti del mondo, e le aziende incrementarono rapidamente il riciclo dei materiali, riducendo la dipendenza dalla Cina.

Oggi, rispetto al passato ci sono ancora più miniere operative e una maggiore consapevolezza tra i governi occidentali riguardo alla minaccia rappresentata dal controllo cinese su questo settore. Per questo, il nuovo tentativo di Pechino rischia di avere un impatto limitato.

LA POSIZIONE STRATEGICA DEGLI STATI UNITI

Negli ultimi mesi, negli Stati Uniti sono stati individuati due grandi giacimenti di litio, un materiale fondamentale per la produzione di batterie per auto elettriche e altre applicazioni industriali. E si tratta delle riserve più grandi al mondo. Con l’amministrazione Trump che ha manifestato la volontà di accelerare progetti di estrazione per ridurre la dipendenza dalla Cina, il tempismo di Pechino per una nuova guerra economica appare quantomeno discutibile.

Cercare di comprendere le strategie economiche dei pianificatori cinesi non è mai semplice. Tuttavia, la scelta di fornire agli Stati Uniti ulteriori motivi di preoccupazione, considerando la scarsa influenza economica di Pechino e l’elevata sostituibilità dei suoi prodotti, appare ancora più difficile da spiegare.

Come recita un famoso proverbio attribuito a Napoleone: «Non interrompere mai il tuo nemico mentre sta commettendo un errore».

Christopher Balding per The Epoch Times USA

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