Il Senato del Messico ha approvato in prima lettura la riforma della Costituzione con la quale la presidente, Claudia Sheinbaum, intende mettere fine al «nepotismo» in politica e al perpetuarsi del potere.
Il provvedimento, che passa ora all’esame della Camera dei deputati, prevede da una parte che chi occupa un incarico pubblico elettivo non si possa candidare a un secondo mandato consecutivo nello stesso ruolo. Al tempo stesso, se approvata, la riforma stabilisce che per essere eletti non si può aver avuto un legame matrimoniale, di concubinato o di coppia con chi, nei tre anni precedenti l’apertura delle urne, abbia esercitato la carica in questione. Un limite che si produce anche nel caso di legami fino al quarto grado di parentela e secondo grado di affinità.
Il provvedimento, approvato all’unanimità nelle linee generali, è stato approvato con una modifica maturata nel dibattito sui singoli articoli: la riforma dovrebbe infatti entrare in vigore nel 2030 e non nel 2027, come previsto in origine. Uno slittamento che per le opposizioni tradisce la volontà dei partiti al governo, tanto a livello della federazione quanto dei singoli Stati, di garantirsi la possibilità di esercitare un’altra legislatura completa.
La riforma, nell’intenzione dei proponenti, dovrebbe rispondere alle polemiche, sempre più accese nel dibattito politico nazionale, sulla presenza di «dinastie» familiari che insistono sugli stessi posti di potere, togliendo opportunità di partecipazione democratica a fasce più ampie di popolazione, oltre che limitare l’accesso a posti di potere a persone che non abbiano altri meriti che quelli della parentela.