L’ordine in cui vengono consumati proteine, grassi e carboidrati durante i pasti può influenzare significativamente la salute metabolica. Assumere i carboidrati all’inizio o alla fine del pasto porta a effetti diversi. Ma quale scelta è più vantaggiosa?
L’alimentazione è una delle strategie più efficaci per ottimizzare la salute metabolica e ridurre il rischio di malattie come il diabete di tipo 2. Tuttavia, anche la sequenza in cui gli alimenti vengono consumati è determinante: lo stesso pasto, con identiche calorie e nutrienti, può avere impatti metabolici molto diversi a seconda dell’ordine di assunzione.
Il dottor Jason Fung, nefrologo ed esperto di fama mondiale di digiuno, spiega come una risposta metabolica a basso impatto su insulina e glicemia, possa essere ottenuta consumando prima proteine e grassi e lasciando i carboidrati per ultimi.
Diversi studi hanno dimostrato che assumere proteine del siero di latte prima di un pasto aiuta a ridurre i livelli di glucosio postprandiale. Un’ulteriore ricerca del Weill Cornell Medical College di New York ha confermato che anche l’ordine di assunzione degli alimenti influisce in modo significativo sui livelli di glicemia e insulina dopo i pasti.
Lo studio ha coinvolto 11 adulti in sovrappeso o obesi con diabete di tipo 2, che hanno consumato lo stesso pasto in due giorni distinti, con una settimana di distanza. L’unica differenza era l’ordine degli alimenti.
Nel primo giorno, i partecipanti hanno assunto inizialmente i carboidrati (pane e succo d’arancia), seguiti dopo 15 minuti dalle proteine (petto di pollo alla griglia) e dalle verdure (insalata con olio e aceto e broccoli al vapore con burro).
Nel secondo giorno, invece, l’ordine è stato invertito: prima verdure e proteine, poi i carboidrati. I risultati hanno mostrato che assumere i carboidrati per ultimi riduce i livelli di glicemia postprandiale del 28,6%, 36,7% e 16,8% rispettivamente dopo 30, 60 e 120 minuti. Anche i livelli di insulina risultano più bassi.
Secondo i ricercatori, l’effetto positivo dell’ordine di assunzione degli alimenti sulla glicemia è paragonabile a quello di farmaci specifici per la riduzione del glucosio postprandiale. Inoltre, questa strategia alimentare potrebbe migliorare la sensibilità insulinica, offrendo un’alternativa più sostenibile rispetto alle tradizionali restrizioni dietetiche per i pazienti con diabete.
Attualmente, 463 milioni di adulti nel mondo soffrono di diabete di tipo 2, un numero destinato a salire a 700 milioni entro il 2045. Inoltre, molte persone hanno una condizione di prediabete, che aumenta il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, malattie cardiache e ictus. Negli Stati Uniti, si stima che 96 milioni di adulti siano prediabetici, e che oltre l’80% non ne sia consapevole.
Uno studio pubblicato su Diabetes, Obesity & Metabolism ha esaminato come modificare l’ordine degli alimenti possa essere una strategia semplice per ridurre i picchi glicemici nella prediabete. I partecipanti hanno consumato lo stesso pasto in tre modi diversi:
- Carboidrati per primi, seguiti dopo 10 minuti da proteine e verdure.
- Proteine e verdure per prime, seguite dopo 10 minuti dai carboidrati.
- Verdure per prime, seguite da proteine e carboidrati.
I risultati hanno mostrato che, consumando i carboidrati per ultimi, la glicemia totale si riduce del 38% rispetto a quando vengono assunti per primi. Inoltre, i picchi glicemici diminuiscono di oltre il 40% quando proteine e verdure precedono i carboidrati.
Anche nei bambini con diabete di tipo 1, assumere i carboidrati per ultimi ha dimostrato effetti positivi. In uno studio su 20 pazienti tra i 7 e i 17 anni, il consumo di proteine e grassi prima dei carboidrati riduce i livelli medi di glucosio di 1 mmol/L rispetto ai pasti in cui tutti gli alimenti vengono consumati contemporaneamente.
Oltre all’ordine di assunzione degli alimenti, anche il momento della giornata in cui si mangia influisce sulla salute metabolica. Il dottor Fung sostiene il digiuno intermittente o time-restricted eating, che prevede di consumare i pasti in una finestra temporale ristretta, solitamente di 6-8 ore al giorno. Questa strategia potrebbe portare a una riduzione del fabbisogno di insulina e favorire un migliore controllo del peso corporeo.
Secondo il dottor Fung, il diabete di tipo 2 può essere contrastato non solo riducendo l’assunzione di zuccheri, ma anche permettendo al corpo di bruciare il glucosio accumulato nelle cellule. Il digiuno intermittente migliora la sensibilità insulinica e aiuta a mantenere stabili i livelli di glucosio.
Il digiuno intermittente, sebbene possa sembrare un cambiamento drastico, è una strategia efficace e relativamente semplice da adottare. Studi dimostrano che limitare l’assunzione di cibo a una finestra di 6-8 ore al giorno migliora la sensibilità insulinica, riduce la glicemia a digiuno e limita lo stress ossidativo.
Oltre alla tempistica dei pasti, anche la qualità degli alimenti ha un ruolo determinante. L’acido linoleico, presente negli oli vegetali e negli alimenti ultra-processati, è associato a un maggiore rischio di malattie metaboliche, incluso il diabete. Ridurre il consumo di oli vegetali e di cibi industriali, insieme al digiuno intermittente e a un’adeguata sequenza di assunzione degli alimenti, rappresenta un approccio efficace per prevenire e gestire il diabete di tipo 2.
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.