Maggiore pericolo di suicidio per chi si identifica Lgbtq+

di Redazione ETI/PA Media
12 Aprile 2025 11:02 Aggiornato: 12 Aprile 2025 12:03

Chi si identifica come lesbica, gay o con un altro orientamento sessuale Lgb+ presenta un rischio sensibilmente più elevato di autolesionismo intenzionale o suicidio rispetto alla popolazione eterosessuale. A rivelarlo è una nuova analisi condotta dall’Office for National Statistics, che per la prima volta ha esaminato le differenze nei tassi stimati di autolesionismo e suicidio in base all’orientamento sessuale.

I dati, raccolti dal censimento del 2021 nel Regno Unito, sono stati incrociati con i registri ospedalieri del Servizio Sanitario Nazionale e le registrazioni dei decessi relativi agli adulti in Inghilterra e Galles, per il periodo compreso tra marzo 2021 e dicembre 2023. L’analisi mostra come il rischio di suicidio per chi si identifica come Lgb+ oltre i 16 anni sia 2,2 volte superiore rispetto a chi si definisce eterosessuale. Per quanto riguarda l’autolesionismo intenzionale, il rischio risulta ancora più marcato: 2,5 volte più alto.

L’IMPATTO SUI GRUPPI PIÙ VULNERABILI

Il tasso standardizzato per età di autolesionismo tra gli adulti Lgb+ è pari a 1.508,9 casi ogni 100.000 persone, contro i 598,4 ogni 100.000 per la popolazione eterosessuale. Per i suicidi, il tasso tra gli adulti Lgb+ si attesta a 50,3 su 100.000, rispetto ai 23,1 tra gli eterosessuali.

Alcuni gruppi risultano particolarmente esposti. Le donne Lgb+ presentano un rischio di autolesionismo 2,8 volte più elevato rispetto alle loro controparti eterosessuali, mentre per gli uomini Lgb+ l’incremento è di 1,9 volte. La fascia d’età tra i 16 e i 24 anni mostra il valore più alto per l’autolesionismo: un rischio aumentato di 2,8 volte. Anche gli over 65 presentano un rischio significativamente superiore, con un incremento stimato di 1,6 volte.

All’interno della comunità Lgb+, chi si identifica come nero evidenzia un rischio di autolesionismo 3 volte più alto rispetto alla popolazione eterosessuale dello stesso gruppo etnico, una differenza più marcata rispetto a quella osservata tra i soggetti bianchi (2,4 volte), asiatici (2,3) o di etnia mista (2,3). L’aumento del rischio si conferma in contesti socioeconomici diversi: 2,9 volte superiore nelle aree meno svantaggiate e 2,4 in quelle più svantaggiate. Nelle zone rurali il rischio è 2,9 volte più alto, mentre nelle aree urbane si attesta a 2,5.

Per quanto riguarda il suicidio, anche in questo caso le donne Lgb+ risultano particolarmente vulnerabili, con un rischio 3,1 volte più alto rispetto alle donne eterosessuali. Per gli uomini, il rischio risulta 1,8 volte maggiore. Al contrario dell’autolesionismo, l’incremento del rischio di suicidio cresce con l’età: è massimo negli over 65 Lgb+ (2,8 volte più alto) e minimo tra i 16-24enni (1,9 volte).

Le differenze più marcate emergono tra gli adulti Lgb+ di etnia nera, il cui tasso di suicidio risulta 4,7 volte più elevato rispetto alla popolazione eterosessuale nera. Seguono gli adulti asiatici (2,2), bianchi (2,0) e di etnia mista (2,3).

DATI E LIMITI DELL’ANALISI

L’Office for National Statistics sottolinea che i dati raccolti non permettono di stabilire con certezza i fattori causali alla base di queste differenze. L’orientamento sessuale non può essere considerato di per sé un fattore di rischio per autolesionismo o suicidio. Tuttavia, l’analisi mette in luce tendenze significative e gruppi particolarmente vulnerabili, che possono offrire spunti utili per indirizzare le strategie di prevenzione.

«Questa è la nostra prima analisi su autolesionismo intenzionale e suicidio in relazione all’orientamento sessuale e fornisce nuove prospettive su un tema di grande importanza. L’analisi evidenzia sottogruppi della comunità Lgb+ nei quali il rischio relativo è sensibilmente più alto rispetto agli omologhi eterosessuali. Ogni suicidio rappresenta una tragedia con conseguenze devastanti per familiari, amici e comunità; ci auguriamo che questi dati possano essere d’aiuto per chi si occupa di prevenzione» spiega Emma Sharland, ricercatrice del gruppo sanitario dell’Office for National Statistics.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

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