L’Europa inciampa sull’elettrico e il Giappone corre con l’idrogeno

di Mirko fadda
8 Marzo 2025 9:35 Aggiornato: 8 Marzo 2025 9:35

In un panorama automobilistico che vede l’elettrico arrancare, un’alternativa, seppur prematura, sembra emergere dal Giappone. Toyota è una delle poche case automobilistiche che continua a investire pesantemente nella tecnologia a idrogeno, in particolare attraverso i veicoli a celle a combustibile (Fuel Cell Electric Vehicles) come la nuova Toyota Mirai (in giapponese “futuro”) e, più recentemente, con innovazioni come le “capsule a idrogeno”, o cartucce portatili.

Presentate al Japan Mobility Show Bizweek 2024, le capsule a idrogeno sono indicate come una possibile soluzione per semplificare l’uso dell’idrogeno non solo nelle auto ma anche in altre applicazioni, come le cucine domestiche.

Toyota utilizza l’idrogeno nei suoi Fuel Cell Electric Vehicles, come la Mirai, attraverso un sistema di celle a combustibile che trasforma l’idrogeno in elettricità per alimentare un motore elettrico.

L’installazione del sistema a celle a combustibile in una Toyota Mirai presso uno stabilimento Toyota, Aichi, Giappone. REUTERS/Joe White/FIle Photo

L’idrogeno è immagazzinato in serbatoi ad alta pressione (solitamente 700 bar) all’interno del veicolo. La Mirai dispone di tre serbatoi in fibra di carbonio con una capacità totale di 5 kg di idrogeno, garantendo un’autonomia dichiarata di circa 650 km. L’idrogeno viene inviato alla cella a combustibile, un dispositivo elettrochimico che combina idrogeno e ossigeno dall’aria per generare elettricità senza che avvenga una combustione, ma bensì una diversa reazione chimica, in cui l’idrogeno si separa in protoni ed elettroni: gli elettroni creano una corrente elettrica, mentre i protoni si combinano con l’ossigeno per formare acqua, espulsa poi come vapore.
L’elettricità generata alimenta un motore elettrico (da 142 kW, circa 182 cavalli nella Mirai) e una piccola batteria ausiliaria immagazzina energia per supportare l’accelerazione e recuperare energia in frenata.

Il rifornimento è molto diverso dall’elettrico e molto simile a quello del motore a scoppio: l’idrogeno viene pompato nei serbatoi alla stazione di rifornimento in 3-5 minuti. Quanto alle emissioni, sono zero: l’unico sottoprodotto è l’acqua distillata, espulsa tramite un piccolo tubo di scarico.

CONFRONTO CON LE AUTO ELETTRICHE

I problemi delle auto elettriche nascono da una serie di fattori, a partire dai costi elevati: hanno prezzi iniziali più alti rispetto alle auto “termiche”.  Ma l’idrogeno non fa eccezione, anzi: la Toyota Mirai costa ben 56 mila euro, mentre un’auto elettrica mediamente costa 30 mila euro, in Italia.  Secondo l’European Automobile Manufacturers Association, Le immatricolazioni di auto elettriche a batteria sono diminuite del 10,2% a dicembre 2024. In calo le immatricolazioni in Germania (-38,6%) e Francia (-20,7%), portando a un calo complessivo del 5,9% del volume di mercato per il 2024 rispetto al 2023.

Sebbene la rete di ricarica elettrica sia in crescita con oltre 600 mila punti in Europa, restano ancora insufficienti . Per l’idrogeno, essendo una tecnologia ancora più recente le stazioni sono quasi inesistenti: appena 1000 in tutto il mondo, secondo H2stations.org.

Un altro aspetto è l’inquinamento: la produzione delle batterie al litio e dell’idrogeno emettono una gran quantità di anidride carbonica , contrastando i benefici ambientali. La maggior parte dell’idrogeno oggi infatti è prodotta da combustibili fossili, il cosiddetto idrogeno “grigio”. L’idrogeno “verde”, invece, è un carburante completamente pulito ricavato da elettrolisi con le fonti rinnovabili, ma è ancora costoso e poco diffuso.

Sostituire i veicoli endotermici con quelli a zero emissioni sembra quindi un obiettivo ancora lontano, con un elettrico non all’altezza delle aspettative e un idrogeno promettente ma ancora acerbo.

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