La settimana scorsa, il presidente armeno Vahagn Khachaturyan ha firmato una legge che getta le basi giuridiche per una candidatura dell’Armenia all’Unione Europea, un passo significativo per il Paese del Caucaso meridionale. La notizia, passata quasi inosservata sui media internazionali, si inserisce in un contesto di persistenti tensioni con l’Azerbaigian, storico rivale nella regione.
Dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, Armenia e Azerbaigian, entrambe ex repubbliche sovietiche, si sono scontrate in due guerre per il controllo del Nagorno-Karabakh, un territorio riconosciuto internazionalmente come parte dell’Azerbaigian. Nel 2023, Baku ha lanciato un’offensiva militare lampo di 24 ore, riuscendo a riprendere il pieno controllo della regione montuosa. Da allora, i due Paesi hanno avviato negoziati, mediati dalla Russia, per porre fine alle ostilità e definire i confini condivisi.
Il mese scorso, funzionari armeni e azeri hanno annunciato di aver concordato un possibile trattato di pace. «L’accordo di pace è pronto per la firma», ha dichiarato il ministero degli Esteri armeno il 13 marzo. Lo stesso giorno, il ministero degli Esteri azero ha confermato che «i negoziati sul testo dell’accordo sono stati conclusi». Tuttavia, sulla frontiera di circa mille chilometri, gli scontri non si sono placati.
Il 16 marzo, tre giorni dopo l’annuncio congiunto, Baku ha accusato le forze armene di aver aperto il fuoco su posizioni azere, accusa prontamente smentita da Yerevan. In un contesto di crescenti tensioni, Mosca, che rivendica il Caucaso come propria sfera di predominio, ha invitato entrambe le parti alla moderazione. «Ribadiamo il nostro appello a Baku e Yerevan affinché mostrino moderazione, adottino misure per ridurre le tensioni ed evitino azioni che possano aggravare la situazione», ha dichiarato il 9 aprile una portavoce del ministero degli Esteri russo, aggiungendo: «Siamo pronti ad assistere i nostri partner nel superare le divergenze che ancora ostacolano la firma per un trattato di pace».
Intervistato da The Epoch Times, l’analista politico russo Stanislav Aleksandrovich Pritchin ha spiegato che Armenia e Azerbaigian hanno già trovato un’intesa sulla maggior parte degli elementi dell’accordo. A suo avviso, il nodo principale resta la richiesta di Baku di eliminare dalla Costituzione armena un passaggio che sancisce la rivendicazione sul Nagorno-Karabakh. «Per l’Armenia non è semplice organizzare un referendum costituzionale», ha spiegato Pritchin, a capo della sezione Asia Centrale presso l’Istituto di Economia Mondiale e Relazioni Internazionali di Mosca. «Ci sono inoltre altre divergenze che probabilmente rallenteranno la normalizzazione dei rapporti».
Dello stesso parere Halil Akinci, analista politico ed ex ambasciatore turco in Russia, secondo il quale l’intesa sarebbe stata già raggiunta, ma non ancora formalizzata. «L’Armenia è pronta a delimitare il confine e a riconoscere che il Karabakh appartiene all’Azerbaigian», ha dichiarato. «Le due parti hanno risolto quasi tutte le questioni in sospeso, ma il trattato non è stato ancora firmato», ha aggiunto «per qualche motivo, la ratifica viene rimandata». Akinci ha suggerito che le recenti tensioni al confine potrebbero essere istigate o amplificate da fazioni estremiste in entrambi i Paesi, con l’intento di sabotare il processo di pace. «Forse ci sono stati scontri minori, ma episodi simili sono sempre accaduti lungo i confini internazionali».
UN PIEDE IN DUE STAFFE
Dopo l’offensiva azera del 2023, Yerevan si è progressivamente avvicinata a Bruxelles e Washington, nonostante la storica alleanza con la Russia. All’inizio del 2024, l’Armenia ha infatti sospeso la sua partecipazione all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, alleanza militare a guida moscovita, accusando l’organizzazione di non aver offerto sostegno durante l’offensiva azera, un’accusa respinta dalla Russia.
Parallelamente ai primi passi verso l’Ue, l’Armenia ha rafforzato i legami con gli Stati Uniti, firmando a gennaio un accordo di partenariato strategico. Secondo il ministero degli Esteri americano, l’intesa rappresenta una «tappa fondamentale» nelle relazioni bilaterali, favorendo una cooperazione più stretta in ambito economico, di sicurezza e difesa. Il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha sottolineato che il rafforzamento dei legami con gli Stati Uniti è «essenziale per navigare nel complesso panorama geopolitico».
Pochi giorni prima, il Parlamento armeno aveva ratificato il disegno di legge che apre la strada a una futura adesione all’Unione Europea, firmata dal presidente. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, principale promotore dell’avvicinamento dell’Armenia all’Occidente, ha più volte ribadito che qualsiasi candidatura all’Ue dovrà essere approvata tramite referendum popolare. Tuttavia, ha anche avvertito che il processo di adesione non sarà rapido. Lo stesso Pritchin ha espresso scetticismo sulle possibilità di successo di una candidatura armena, anche a lungo termine, citando «fattori politici e geografici».
Situata nel Caucaso meridionale, l’Armenia si trova infatti al di fuori dei confini geografici dell’Europa e non confina con alcun membro dell’Unione Europea. Ciononostante, Bruxelles ha manifestato sostegno a una possibile candidatura armena. Una risoluzione adottata lo scorso anno dal Parlamento Europeo ha affermato che una domanda di status di Paese candidato costituirebbe «l’inizio di una fase trasformativa» nei rapporti tra l’Armenia e l’Unione.
LA SCELTA DI YEREVAN
Mosca, tuttavia, ha ripetutamente avvertito che l’adesione all’Ue sarebbe «incompatibile» con l’attuale appartenenza dell’Armenia all’Unione Economica Eurasiatica, guidata dalla Russia. A gennaio, il vicepremier russo Alexey Overchuk ha dichiarato che una candidatura all’Ue obbligherebbe Yerevan a «fare una scelta» tra i due blocchi economici. All’inizio di aprile, Rodion Miroshnik, alto funzionario del ministero degli Esteri russo, ha escluso la possibilità che l’Armenia partecipi contemporaneamente a Unione Europea, Unione Economica Eurasiatica e Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. «La Russia ha sempre sottolineato di non voler interferire negli affari interni degli Stati, inclusa l’Armenia», ha dichiarato. «Tuttavia, è improbabile che la partecipazione contemporanea possa coesistere con l’adesione all’Ue».
Lanciata ufficialmente nel 2015, l’Unione Economica Eurasiatica comprende Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan. «Per la Russia, l’Armenia dovrebbe lasciare l’organizzazione per entrare nell’Ue», ha affermato Pritchin. «Sarebbe una scelta difficile, perché l’Armenia beneficia della sua appartenenza all’Unione Economica. La sua economia subirebbe un disastro se uscisse dal blocco». Durante una visita di Pashinyan a Mosca nell’ottobre scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha stimato il valore degli scambi bilaterali a oltre 8 miliardi di dollari nella prima metà del 2024.
In un ulteriore segnale della complessità della regione, questa settimana l’Armenia ha condotto esercitazioni militari congiunte con l’Iran lungo il confine condiviso di circa 42 chilometri. «L’obiettivo di queste esercitazioni è consolidare la sicurezza dei confini sulla base di interessi comuni», ha dichiarato un funzionario militare iraniano, citato dai media di Stato.
Secondo Pritchin, l’avvicinamento dell’Armenia all’Occidente sembra in contrasto con la cooperazione militare con l’Iran, considerato il principale avversario regionale degli Stati Uniti. «La maggior parte degli osservatori vede una contraddizione tra il desiderio dell’Armenia di aderire all’Ue e rafforzare i legami di sicurezza con gli Usa, mentre al contempo approfondisce le relazioni strategiche con l’Iran», ha osservato. «Tuttavia, negli ultimi mesi si è assistito a un rafforzamento dei rapporti tra Armenia e Iran, con visite reciproche di alti funzionari».