La solitudine della Generazione Z tra tecnologia e relazioni fragili

di Timothy S. Goeglein per ET USA
15 Aprile 2025 20:37 Aggiornato: 15 Aprile 2025 20:37

Nel suo libro Generations, in cui analizza nel dettaglio le caratteristiche delle diverse generazioni degli ultimi ottant’anni, Jean Twenge scrive: «Il cambiamento tecnologico non riguarda solo gli oggetti; è il modo in cui viviamo, che plasma il nostro modo di pensare, sentire e agire». Nessuna generazione incarna questa verità più della Generazione Z, nata tra il 1995 e il 2012, cresciuta in un mondo dove la tecnologia è onnipresente.

Immersa in schermi e connessioni virtuali, la Generazione Z tende a ridurre le interazioni faccia a faccia con i coetanei, finendo per sperimentare un crescente senso di isolamento. Un fenomeno che non giova né a loro né alla società. Sebbene non valga per tutti, i dati rivelano una difficoltà sempre più marcata nel trovare e mantenere relazioni stabili e durature. Non a caso, l’età media per il primo matrimonio si attesta oggi a 30,2 anni per gli uomini e 28,6 per le donne.

Eppure, qualcosa potrebbe cambiare. Secondo un recente articolo di Natasha Dangoor sul Wall Street Journal, la Generazione Z sta iniziando a riconoscere l’importanza di un legame profondo. Dangoor descrive come i giovani abbiano spesso sostituito le relazioni tradizionali con le cosiddette situationship, rapporti ambigui e privi di una reale solidità, che finiscono per risultare insoddisfacenti per entrambe le parti coinvolte. «La Generazione Z è cresciuta in un mondo di swipe right, dove l’accesso immediato a nuovi appuntamenti ha confuso i confini tra amicizia, avventure di una notte e relazioni vere e proprie. La natura vaga di queste situationships, legami sentimentali che oscillano tra l’amicizia e la fedeltà, avrebbe dovuto limitare i contraccolpi emotivi e, forse, aiutare le coppie a muovere i primi passi verso un impegno stabile». Come osserva Twenge, tutto questo ha modificato profondamente il modo in cui la Gen Z pensa, sente e si comporta, alimentando una disillusione che li rende la generazione più sola di sempre. Un’indagine dell’American National Family Life rivela che il 56% della Generazione Z si sente solo almeno una o due volte al mese.

La psicologa e esperta di relazioni Abby Medcalf, citata nell’articolo, spiega che le azioni dei giovani sono spesso guidate da emozioni come solitudine, noia, rifiuto, tristezza o senso di abbandono. Spinti da questa solitudine, molti adottano comportamenti controproducenti, passando da una situationship all’altra senza mai costruire un vero legame emotivo. È come se, con un altro swipe sullo smartphone, cercassero l’euforia di una nuova avventura, senza mai fermarsi a connettersi davvero.

Ma la tecnologia non è l’unica responsabile. Molti di questi giovani portano il peso di esperienze infantili segnate dal divorzio, sempre più comune nella società. Oltre il 52% dei figli di coppie divorziate negli Stati Uniti riferisce di sentirsi solo, contro il 33% di chi è cresciuto in famiglie unite. La paura dell’impegno potrebbe quindi affondare le radici in ciò che hanno vissuto.

In un mondo ideale, questa insoddisfazione spingerebbe la Generazione Z a cercare un partner e costruire un progetto di vita insieme. Ma poiché molti non hanno avuto modelli familiari di riferimento o hanno preferito rifugiarsi nella tecnologia, spesso non sanno nemmeno da dove cominciare per costruire un legame profondo con un’altra persona. Dangoor osserva: «Frequentare qualcuno in quest’area grigia ha lasciato molti nel buio, soprattutto quando il rapporto si interrompe. E la Gen Z sembra essersi ormai stancata delle situationships, che definisce segnate da confusione e rifiuto, sentimenti che continuano a pesare anche molto tempo dopo la fine di questi rapporti ambigui».

L’auspicio è che questa crescente insoddisfazione e l’assenza di relazioni autentiche inducano i giovani a fare i primi passi verso un legame più serio e duraturo, riscoprendo così la bellezza del matrimonio — forse l’unica risposta capace di colmare quel senso di vuoto e isolamento che oggi li affligge.

Prima di risolvere un problema, però, occorre riconoscerlo. E sembra che la Gen Z abbia cominciato a prendere coscienza di quanto possa essere sterile una vita priva di relazioni significative. È un primo segnale di speranza, nella prospettiva che questo crescente disincanto verso le relazioni superficiali lasci spazio al desiderio di un impegno autentico con un’altra persona.

 

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