Dopo un periodo di altalene finanziarie e una crescita non più a doppia cifra, da due giorni la Cina ha svalutato lo yuan per un totale di quasi il 3,5 per cento. La Banca centrale cinese sostiene che l’intervento aiuterà il mercato, ma viene visto con perplessità e rischia di logorare i rapporti con i partner commerciali della Cina.
Secondo l’economista Tao Wang, amministratore delegato e capo del China Economic Research presso l’Ubs investment Bank, questa mossa aiuterebbe a sostenere la crescita rallentata dell’economia cinese e non esclude un’ulteriore svalutazione. Tutto ciò potrebbe portare a un «cambiamento epocale nel cambio politica dei tassi», ha detto la Wang su Ap. A ogni modo è lecito aspettarsi che Pechino valuterà i risultati di questa manovra, prima di effettuare un’altra possibile svalutazione.
Negli ultimi anni l’aumento del cambio yuan/dollaro Usa probabilmente non è piaciuto a Pechino, dal momento che la Cina ha subito una diminuzione delle esportazioni e perdite dei posti di lavoro nelle grandi industrie manifatturiere. In base ai dati diffusi nel fine settimana, le esportazioni a luglio sono diminuite dell’8,3 per cento rispetto a luglio 2014.
Secondo i dati dell’economista Vishu Varathan della Mizuho Bank, lo yuan è aumentato di circa il 3,5 per cento all’anno dal 2012, su una base ponderata. Varathan crede che la svalutazione dello yuan possa avere due possibili impatti: da un lato rischia di ledere i rapporti nel commercio internazionale, dall’altra potrebbe essere positivo per l’Asia, se aiuta a rilanciare la domanda cinese per le importazioni.
Per l’Europa e gli Usa la svalutazione dello yuan potrebbe fornire alla Cina un vantaggio sleale sui prezzi e danneggiare i concorrenti stranieri. I produttori stranieri potrebbero denunciare questa mossa, ma la Banca Centrale cinese ha detto di andare incontro alle richieste americane, sostenendo il mercato.
Dura la risposta del senatore Chuck Schumer, che non si fida di questa mossa. «Per anni, la Cina ha truccato le regole e ha giocato con la sua moneta», ha detto Schumer, citato da Ap. «Piuttosto che cambiare il loro modo, il governo cinese sembra giocare al raddoppio».
Invece, secondo il Fondo Monetario Internazionale, il cambiamento potrà essere positivo. «L’impatto esatto dipenderà da come il nuovo meccanismo è implementato nella pratica», si legge in un comunicato del Fmi, rilasciato l’11 agosto. «Crediamo che la Cina possa, e debba, mirare a conseguire efficacemente un sistema di cambio fluttuante entro due o tre anni».
Secondo il Fmi l’ultima modifica non avrà alcun effetto sulla decisione di aggiungere eventualmente lo yuan al dollaro, all’euro, allo yen e alla sterlina nel paniere di valute utilizzate nei Diritti Speciali di Prelievo, l’unità di conto del Fmi.
Nell’economia cinese, la svalutazione dello yuan può oscillare del due cento al di sopra o al di sotto del tasso fissato dalla Banca Centrale, in base alle negoziazioni del giorno precedente e tenendo anche in considerazione la domanda e l’offerta del mercato. Tuttavia, da luglio 2015, lo yuan non ha più un collegamento diretto con il dollaro e il suo tasso di cambio si basa su un paniere segreto di valute estere, dominato probabilmente dal dollaro.
«Questa situazione complessa sta proponendo nuove sfide – si legge in un comunicato della banca centrale citato da Ap – Uno yuan forte non è del tutto coerente con le aspettative del mercato».