Il 6 la Casa Bianca ha dichiarato che oltre 50 Paesi hanno contattato l’amministrazione Trump per avviare trattative sui dazi. Lo ha dichiarato in un’intervista al programma This Week di Abc News, Kevin Hassett, direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca. Sebbene Hassett non abbia specificato di quali Paesi si tratti, il 4 aprile Donald Trump ha scritto su Truth che il presidente taiwanese Lai Ching-te ha proposto l’azzeramento dei dazi come base per le trattative con gli Stati Uniti, impegnandosi ad abbattere le barriere commerciali piuttosto che imporre contromisure e annunciando un incremento degli investimenti taiwanesi nel mercato statunitense.
Il primo ministro thailandese, Paetongtarn Shinawatra, ha dichiarato che anche «la Thailandia ha espresso la propria disponibilità a discutere con il governo statunitense per riequilibrare la bilancia commerciale in modo equo per entrambe le parti» sottolineando che la Thailandia potrebbe diventare un partner per la produzione industriale degli Stati Uniti.
Il primo ministro britannico, Keir Starmer, sempre il 3 aprile, ha affermato che il Regno Unito risponderà in modo «calmo e ponderato», osservando che gli Stati Uniti hanno applicato al Regno Unito un dazio del solo 10%.
Hassett ha poi osservato: «i dati sono di circa il 50 per cento superiori alle attese del mercato. È il secondo mese consecutivo con risultati così positivi. Da quando Trump è entrato in carica abbiamo già creato qualcosa come 10 mila posti di lavoro nell’industria automobilistica, e proprio ieri sera ho ricevuto una segnalazione — ancora non ufficiale — che alcuni stabilimenti automobilistici stanno introducendo un secondo turno di produzione per far fronte all’aumento della domanda». Secondo Hassett, inoltre, l’impatto sui consumatori sarà contenuto, poiché gli esportatori probabilmente assorbiranno almeno in parte l’aumento dei prezzi: «Tutto dipende dal rapporto tra domanda e offerta, e dall’elasticità della domanda e dell’offerta».
«E poi, se fossero davvero i consumatori americani a sopportare il peso della tassa, come mai sono [solo] i governi stranieri a protestare?» è il ragionamento (che non fa una grinza) del direttore del Consiglio economico nazionale. Che continua: «Qui il punto è che la Cina è entrata nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2000, e nei quindici anni successivi, i redditi reali degli americani sono diminuiti di circa mille e duecento dollari. Se davvero i beni a basso costo fossero la soluzione – cioè: se bastasse solo importare prodotti a basso prezzo, per migliorare il benessere e i salari reali degli americani – il reddito reale sarebbe aumentato. Invece è successo il contrario, perché i salari sono scesi più velocemente dei prezzi».