Il 19 marzo, il ministero degli Esteri statunitense ha offerto una ricompensa di 15 milioni di dollari in cambio di informazioni utili a bloccare il flusso di tecnologie di applicazione civile e militare dalla Cina all’Iran. L’obiettivo è colpire i «meccanismi finanziari» del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane, accusato di sostenere attacchi terroristici attraverso milizie quali Hamas e Hezbollah.
L’annuncio arriva dopo una serie di eventi come l’esercitazione multinazionale Maritime Security Belt-2025 del 9 marzo, quando l’Iran ha ospitato Russia e Cina nel Golfo dell’Oman, tramite la lettera inviata il 7 marzo dal presidente Trump alla guida suprema iraniana Ali Khamenei sui negoziati nucleari e il 14 marzo Teheran, stando a Reuters, ha scelto di discutere la questione nucleare con Russia e Cina.
Washington accusa le Guardie Rivoluzionarie, che controllano diversi settori dell’economia iraniana e influenzano la politica iraniana, di ricevere supporto da quattro cittadini cinesi. Liu Baoxia, Li Yongxin, Yung Yiu Wa e Zhong Yanlai avrebbero aiutato l’organizzazione terroristica ad acquistare tecnologie utili a fini anche militari, e bloccate dall’embargo statunitense, tramite società di facciata cinesi, trasferendole successivamente in Iran. Questo sistema permette all’Iran di aggirare le sanzioni statunitensi, acquisendo milioni di dollari in armi, droni e tecnologie belliche impiegate da organizzazioni in Russia, Sudan e Yemen.
Il 30 gennaio 2024, i procuratori americani hanno incriminato i quattro cinesi per un’operazione durata dal 2007 e al 2020 volta a violare le sanzioni contro l’Iran.
Quel che è più importante, però, è che Cina condivide gli interessi strategici dell’Iran. Nel 2022, il governo statunitense ha infatti ordinato al colosso tecnologico Nvidia di bloccare la vendita al regime cinese dei chip A100, A100X e H100, processori 20 volte più potenti della generazione precedente, perfetti per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.