Terminati i funerali di Jorge Bergoglio si apre il conclave per eleggere il nuovo papa. Il termine “conclave” deriva dal latino cum clave (“con chiave”), richiama l’idea di un’assemblea chiusa, isolata dal mondo esterno. Le sue origini risalgono a un evento del XIII secolo quando, per costringere i cardinali a decidere rapidamente, i fedeli li rinchiusero letteralmente a chiave.
Quando la sede papale è vacante, il camerlengo, figura chiave nell’amministrazione vaticana, assume la gestione temporanea della Chiesa. Entro 15-20 giorni, i cardinali elettori – quelli con meno di 80 anni, e nel numero massimo di 120 – si riuniscono a Roma. Con la formula Extra omnes (“tutti fuori”), la Cappella Sistina viene sigillata. Ogni cardinale presta un giuramento di segretezza, promettendo di non rivelare nulla di quanto accadrà, sotto pena di scomunica. Poi iniziano le votazioni, fino a quattro al giorno: due al mattino e due al pomeriggio. Ogni cardinale scrive il nome del suo candidato su una scheda, piegandola in modo che la calligrafia resti anonima e deposita la scheda in un’urna.
Dopo ogni coppia di scrutini, le schede vengono bruciate in una stufa all’interno della Cappella Sistina. Se nessun candidato ha ottenuto i due terzi dei voti necessari, si aggiunge al fuoco una sostanza chimica per produrre il fumo nero (fumata nera), simbolo di un’elezione non riuscita. Quando invece un papa è eletto, il fumo è bianco. Quando un cardinale ottiene i due terzi dei voti, il cardinale decano chiede al papabile se intenda accettare di diventare papa. Se la risposta è affermativa, è eletto il nuovo papa. Il cardinale protodiacono appare poi alla loggia centrale della Basilica di San Pietro e proclama la famosa formula in latino: “Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam!”, rivelando il nome del nuovo papa. Pochi minuti dopo, il nuovo pontefice si affaccia per la prima volta impartendo la benedizione Urbi et Orbi.
La Chiesa considera l’elezione del papa un atto guidato dallo Spirito Santo, ma il conclave ovviamente non è immune dalle dinamiche umane. Sebbene i cardinali non possano fare accordi espliciti, le congregazioni generali sono un’occasione per valutare i profili dei candidati. Alcuni nomi emergono come favoriti (i “papabili”, appunto). Bergoglio ha eliminato la possibilità di elezione con maggioranza semplice – che spesso imponeva numerosi scrutini – imponendo la maggioranza dei due terzi e rafforzando così la necessità di un ampio consenso.
E qui nascono le incertezze nella nomina del nuovo papa. Da un lato, la stragrande maggioranza dei cardinali che voteranno (110, su un massimo di 120 cardinali) sono stati nominati da Bergoglio, e appartengono quindi alla stessa area progressista cui apparteneva il defunto Francesco. I numeri quindi suggerirebbero un papa di continuità rispetto alla linea bergogliana.
Ma in questo caso esisterebbe un rischio di scisma: l’area conservatrice della chiesa (oltremodo scontenta del papato di Francesco) potrebbe persino abbandonare la chiesa ufficiale romana e fondarne una propria. Che si verifichi un nuovo scisma nella chiesa non è probabile ma è possibile, e d’altronde nella Storia è successo più di una volta. Ma a ben vedere, per molti osservatori e osservanti, uno “scisma di fatto” della chiesa cattolica già esiste: da quanto Benedetto XVI ha dovuto cedere il posto a Bergoglio nel 2013.