Il regime cinese colpisce i funzionari americani

di Redazione ETI/Guy Birchall
22 Aprile 2025 12:52 Aggiornato: 22 Aprile 2025 12:52

Il regime cinese ha annunciato l’imposizione di sanzioni contro diversi parlamentari americano, funzionari governativi e dirigenti di organizzazioni non governative, accusandoli di «gravi ingerenze nelle questioni di Hong Kong». La decisione, comunicata il 20 aprile dal ministero degli Esteri cinese, rappresenta l’ultima rappresaglia nella lunga disputa tra Stati Uniti e Cina sul destino dell’ex colonia britannica.

La misura arriva in risposta alle sanzioni imposte da Washington lo scorso marzo contro sei alti funzionari cinesi e di Hong Kong, accusati di repressioni transnazionali e di minare l’autonomia della città. Il regime cinese, come di consueto, non ha reso noti i nomi dei funzionari statunitensi colpiti. «Dobbiamo ricordare agli Stati Uniti che Hong Kong appartiene alla Cina», ha dichiarato il portavoce del ministero Guo Jiakun, annunciando le contromisure.

Tra i funzionari sanzionati da Washington figurano Paul Lam, ministro della Giustizia di Hong Kong, Dong Jingwei, direttore dell’Ufficio per la sicurezza, e l’ex capo della polizia Raymond Siu.

Il confronto tra le due potenze si è ulteriormente inasprito nelle ultime settimane sul fronte commerciale. Il ministero del Commercio cinese ha reagito ai dazi americani minacciando ritorsioni e avvertendo i Paesi che intendano siglare accordi con Washington di non farlo «a spese degli interessi cinesi». Intanto, Taiwan, Giappone e Corea del Sud hanno già avviato negoziati con l’amministrazione americana.

Secondo fonti statunitensi alcuni prodotti cinesi, tra cui veicoli elettrici e dispositivi medici, stanno già subendo dazi per un totale del 245%.

Trump ha inoltre promesso di colmare le lacune normative che permettono alle aziende cinesi di aggirare i dazi attraverso Paesi terzi, a partire dal Messico. «È la Cina che deve sedersi al tavolo a fare un accordo con noi», ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt il 15 aprile, «non siamo noi obbligati a scendere a patti con Pechino. L’unica differenza tra la Cina e qualsiasi altro Paese è che la Cina è più grande, ma resta dipendente dal consumatore americano».

Il regime comunista cinese sta intanto preparando una controffensiva diplomatica. Il 23 aprile convocherà una riunione informale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per denunciare quello che definisce «l’uso intimidatorio dei dazi da parte di Washington». In una nota inviata ai 193 Stati membri, la Cina accusa apertamente gli Stati Uniti di utilizzare i dazi come arma politica.

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