L’Agenzia per la Difesa Missilistica degli Stati Uniti è già alla ricerca di tecnologie avanzate di difesa missilistica dopo che il presidente Donald Trump ha firmato un nuovo ordine esecutivo, invocando una «Iron Dome per l’America». L’ordine esecutivo ha concesso al Dipartimento della Difesa 60 giorni per valutare la rete di difesa missilistica degli Stati Uniti e rinnovarla con sensori per armi ipersoniche, intercettori missilistici spaziali e altre capacità di difesa missilistica cosiddette “non cinetiche”. Trump ha inoltre incaricato lo stato maggiore della Difesa di concepire nuovi modi per fermare le minacce in arrivo prima che mai, persino prima del loro lancio.
Quattro giorni dopo la firma dell’ordine da parte di Trump, l’Agenzia per la Difesa Missilistica ha pubblicato una richiesta di informazioni agli esperti dell’industria degli armamenti su potenziali progressi tecnologici per soddisfare l’obiettivo di migliorare lo scudo di difesa missilistico. La rapidità con cui è stata avviata questa ricerca suggerisce che l’amministrazione Trump stia perseguendo con urgenza nuove difese strategiche avanzate in un momento di crescente competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina. Entrambe le nazioni hanno fatto progressi nella tecnologia delle armi strategiche offensive negli ultimi anni, mentre le forze armate statunitensi hanno faticato a tenere il passo.
Mentre l’ordine di Trump prevede lo sviluppo di nuove capacità di difesa missilistica, un’attenzione particolare è riservata alla valutazione dei sistemi già esistenti e alla loro corretta distribuzione per proteggere gli Stati Uniti, le truppe statunitensi dispiegate all’estero e gli alleati.
Daniel Flesch, analista senior del Centro Allison per la Sicurezza Nazionale presso la Heritage Foundation, ha descritto l’ordine di Trump come un approccio olistico che si basa sulle capacità già in possesso delle forze armate statunitensi.
Da tempo i ricercatori di armamenti considerano i laser ad alta potenza come una possibile soluzione per intercettazioni nella fase di spinta.
Stati Uniti e Israele hanno entrambi sviluppato progressi nei sistemi laser per abbattere droni e missili, ma potrebbero essere necessari ulteriori miglioramenti per contrastare in modo efficace missili balistici sofisticati.
L’ordine di Trump potrebbe portare alla ripresa dello sviluppo di un sistema laser aviotrasportato per intercettazioni nella fase di spinta, come l’aereo laser Boeing YAL-1 dell’aeronautica statunitense, poi accantonato.
LE NUOVE “GUERRE STELLARI”
L’idea di Trump per una “Iron Dome per l’America” trae ispirazione diretta dall’Iniziativa di Difesa Strategica, un programma di difesa missilistica lanciato dal presidente Ronald Reagan nel 1983.
«Il presidente Reagan si impegnò a costruire una difesa efficace contro gli attacchi nucleari e, sebbene questo programma abbia portato a molti progressi tecnologici, venne cancellato prima che il suo obiettivo potesse essere raggiunto», afferma l’ordine di Trump. L’Sdi mirava infatti a sviluppare capacità di intercettazione spaziale e non cinetica, che molti critici dell’epoca liquidarono come fantascienza. L’iniziativa venne spesso soprannominata, in tono sprezzante, il programma “Star Wars” di Reagan.
Il concetto di Trump per una rete di intercettori spaziali assomiglia a una delle idee chiave dell’Sdi, nota con il nome in codice “Brilliant Pebbles”. Questo piano prevedeva il dispiegamento di migliaia di piccoli satelliti, ognuno dotato di intercettori in grado di fermare missili balistici nemici nella fase di spinta.
Eric Gomez, analista indipendente ed ex ricercatore sul controllo degli armamenti e stabilità nucleare per il Cato Institute, ritiene che una rete migliorata di sensori spaziali per tracciare i missili balistici sia una delle innovazioni tecnologiche più realizzabili dell’ordine di Trump, mentre gli intercettori spaziali restano tra le sfide più difficili da affrontare.
Gomez ha valutato che l’ordine di Trump potrebbe portare a una ripresa della ricerca sugli intercettori spaziali, ma ha espresso dubbi sulla possibilità che tali sistemi siano pronti nei prossimi cinque anni. Tuttavia aziende private, come SpaceX, hanno dimostrato la capacità di mettere in orbita vaste reti di satelliti: «Storicamente, uno dei problemi principali era che la tecnologia era estremamente difficile da far funzionare e i costi di lancio erano molto alti». E ora i costi di lancio stanno diminuendo grazie a società come SpaceX. SpaceX è di Elon Musk, che negli ultimi mesi si è rivelato un alleato vicino a Trump.
LA MAD
Quando l’Unione Sovietica si unì agli Stati Uniti come potenza nucleare, dando inizio all’era della Guerra Fredda, la teoria della deterrenza nucleare si concentrò rapidamente su un concetto noto come distruzione mutua assicurata (Mad). In sostanza, la teoria implicava che ciò che impediva ai sovietici di lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti era la consapevolezza che Washington avrebbe risposto colpo su colpo, portando i sovietici alla distruzione insieme a sé.
Se gli Stati Uniti riuscissero a sviluppare mezzi per intercettare in modo efficace e costante la maggior parte degli attacchi nucleari nemici, potrebbero abbandonare un modello di deterrenza basato sulla vulnerabilità reciproca. Ancor prima dell’SDI di Reagan, gli Stati Uniti avevano cercato soluzioni per superare il dilemma della Mad.
Il primo missile antibalistico statunitense, il Nike Zeus, fu infatti sviluppato tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 e prevedeva l’uso di un’arma nucleare a bassa potenza per generare un’esplosione sufficientemente ampia da distruggere un missile balistico nemico in arrivo.
I sistemi di difesa missilistica possono proteggere una nazione dalle conseguenze di uno scambio nucleare reciproco con un avversario, ma il loro sviluppo potrebbe alimentare la sfiducia tra concorrenti nucleari come Russia e Cina. «Se gli Stati Uniti hanno un sistema di difesa missilistica molto migliore di quello sovietico, allora potremmo teoricamente lanciare un primo attacco contro l’Unione Sovietica e trovarci in una posizione migliore per neutralizzare la ritorsione», ha detto Eric Gomez.
Nel 1972, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica firmarono il Trattato sui missili antibalistici (Abm), con il quale entrambe le parti accettarono di limitare il numero di sistemi impiegati per contrastare un potenziale attacco nucleare dell’altro. Il Trattato aveva lo scopo di mettere Stati Uniti e Unione Sovietica su un piano di parità in termini di capacità difensive, riducendo così la pressione su entrambe le parti per sviluppare armi offensive più potenti. Il Trattato Abm fu uno dei risultati dei Colloqui sulla limitazione delle armi strategiche (Salt) del 1969, che portarono anche a un accordo provvisorio per limitare gli arsenali nucleari offensivi di entrambe le parti. Nel dicembre 2001, il presidente George W. Bush ordinò il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dal Trattato Abm, affermando che l’accordo ostacolava la capacità del governo statunitense di sviluppare difese contro attacchi da parte di terroristi e Stati canaglia.
Il ritiro dai precedenti trattati sul controllo degli armamenti ha già spinto le potenze concorrenti a sviluppare nuove capacità nucleari offensive, e la nuova iniziativa di Trump per l’espansione delle difese potrebbe alimentare ulteriori tensioni, secondo Gomez, che sottolinea come la Russia abbia recentemente sviluppato e dimostrato nuove capacità offensive, inclusi siluri con testate nucleari.
Nel novembre scorso, la Russia ha colpito l’Ucraina con una nuova variante di missile balistico a medio raggio, di cui il presidente russo Vladimir Putin si è vantato, affermando che i moderni sistemi di difesa missilistica avrebbero difficoltà a intercettarlo.
L’ARTE DELLA TRATTATIVA
L’iniziativa di Trump per il potenziamento della difesa missilistica statunitense potrebbe integrarsi con i piani per raggiungere nuovi accordi sul controllo degli armamenti con Russia e Cina. Lo stesso Trump ha sollevato questa possibilità durante un intervento virtuale al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, il 23 gennaio: «Vogliamo vedere se possiamo denuclearizzare, e penso che sia molto possibile. E posso dirvi che il presidente Putin voleva farlo. Lui ed io volevamo farlo. Abbiamo avuto una buona conversazione con la Cina» ha dichiarato Trump in videocollegamento. «Sarebbero stati coinvolti, e sarebbe stata una cosa incredibile per il pianeta».
Reagan aveva rifiutato le richieste del leader sovietico Mikhail Gorbaciov di interrompere il suo programma Sdi, ma aveva offerto di condividere la tecnologia sviluppata come misura di fiducia per avviare il percorso verso la denuclearizzazione.
La denuclearizzazione totale non si è mai realizzata, ma Reagan e Gorbaciov raggiunsero comunque un accordo: il Trattato sulle forze nucleari intermedie, con cui Stati Uniti e Unione Sovietica accettarono di eliminare i missili terrestri con una gittata compresa tra 500 e 5.500 chilometri.
«Se l’obiettivo dell’amministrazione è avviare un trattato o un dialogo sulla riduzione degli armamenti, allora questa iniziativa può certamente favorirlo», ha affermato Flesch parlando dell’ordine esecutivo di Trump sulla difesa missilistica.
Anche Gomez ha preso in considerazione la possibilità che l’ordine esecutivo possa facilitare ulteriori colloqui sul controllo degli armamenti, ma ha espresso dubbi sul fatto che ci sia abbastanza fiducia per concludere un accordo che coinvolga Stati Uniti, Russia e Cina, che probabilmente vorrà accumulare più testate nucleari per raggiungere una parità relativa con Russia e Stati Uniti prima di aderire a un quadro di riduzione reciproca degli armamenti nucleari.