Il Grande Balzo in Avanti di Mao è il più grande sterminio della Storia

di Jack Phillips
12 Marzo 2020 10:38 Aggiornato: 27 Gennaio 2025 11:55

Si ritiene che l’Olocausto di Hitler, le purghe di Stalin siano  i peggiori genocidi della Storia;  Mao però li ha superati tutti. Nel giro di soli 4 anni, tra il 1958 e il 1962, 45 milioni di persone sono morte a causa di quel progetto fallimentare che l’allora capo del Partito Comunista Cinese Mao Zedong chiamava ‘Il Grande Balzo in Avanti’. Il calcolo è dello storico olandese Frank Dikötter, che si basa sui documenti relativi alla Grande Carestia desecretati recentemente dal regime cinese stesso.

Mao voleva trasformare all’istante i contadini cinesi in masse ben organizzate nelle comuni popolari, per passare in un paio d’anni dall’essere un’economia feudale a una grande potenza industriale al pari degli Stati Uniti. Dikötter spiega come questo progetto si sia invece rivelato un disastro, uccidendo decine di milioni di persone per fame, torture ed esecuzioni sommarie.

Gli esempi che cita lo storico olandese sono diversi: «un ragazzo rubò una manciata di grano in un villaggio dello Hunan e il capo locale [del Partito, ndr] costrinse suo padre a seppellirlo vivo», il padre morì pochi giorni dopo a causa del trauma e del dolore; in un altro caso, a un uomo accusato di aver dissotterrato una patata i funzionari tagliarono un orecchio, e sono solo: «le gambe gli furono legate col filo di ferro, una pietra di dieci chili gli venne gettata sulla sua schiena e infine venne marchiato» con un ferro rovente di marchiatura per bestiame.

Ma durante ‘Il Grande Balzo in Avanti’ la carenza di cibo era anche  usata come mezzo per eliminare persone inutili, come scrive Dikötter: «In tutto il Paese, chi era troppo malato per lavorare veniva regolarmente escluso dalle forniture di cibo; i malati, i deboli e gli anziani erano banditi dalla mensa, poiché i quadri [del Pcc, ndr] trovavano ispirazione nel motto di Lenin: “Chi non lavora non mangia”».

Secondo i resoconti storici delle riunioni dei dirigenti del Partito Comunista Cinese, Mao era pienamente consapevole di questa carestia senza precedenti nella storia della Cina.

Dikötter ha trovato anche nuove prove di abusi da parte del Pcc nei primi anni ’50. In molti villaggi cinesi, i leader locali venivano torturati, umiliati e giustiziati mentre la loro terra veniva ridistribuita agli attivisti del Pcc, che usavano contadini e teppisti come manovalanza criminale. Lo stesso Liu Shaoqi, il secondo in comando del Partito Comunista Cinese, notando che la violenza stava andando fuori controllo, scrisse: «Quanto ai modi in cui le persone vengono uccise, alcune sono sepolte vive, altre sono giustiziate, altre sono fatte a pezzi; e alcuni dei corpi  degli strangolati e massacrati sono appesi agli alberi o alle porte».

Qualche anno dopo, in reazione al fallimento del Grande Balzo in Avanti e alla conseguente crisi economica, Mao avrebbe lanciato la sua devastante ‘Rivoluzione culturale’, che durò dal 1966 al 1976, portando al massimo livello il culto della sua persona. Dietro al pretesto di eliminare determinate figure «autorevoli che stanno prendendo la strada del capitalismo», il vero obiettivo era quello di eliminare ogni oppositore all’interno del Partito e annientare quello che era rimasto della cultura tradizionale cinese.

Dikötter calcola che durante la Rivoluzione Culturale siano morte almeno due milioni di persone, e diversi altri milioni di cinesi sono stati imprigionati. Ma gli omicidi di massa, a quanto pare non sono nemmeno il crimine peggiore commesso da Mao, come lo storico ha spiegato alla rete pubblica statunitense  Npr: «Rispetto alla ‘Grande Carestia di Mao’, avvenuta dal ’58 al ’62, questa sembra essere una cifra piuttosto bassa – ossia i due milioni di morti – Non è tanto la morte a caratterizzare la Rivoluzione culturale, quanto il trauma! Il modo in cui le persone sono state messe l’una contro l’altra: erano obbligate a denunciare i familiari, i colleghi, gli amici… Si è trattato di perdita: perdita di fiducia, perdita di amicizia, perdita di fiducia negli altri esseri umani, perdita di prevedibilità nelle relazioni sociali. Ed è questo il segno indelebile che la Rivoluzione culturale ha lasciato».

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