Il declino inarrestabile del mercato immobiliare cinese

14 Febbraio 2025 15:47 Aggiornato: 14 Febbraio 2025 15:47

La crisi immobiliare cinese, prima di esplodere, era rimasta latente per decenni, nascosta dalla bolla degli investimenti speculativi e dalla necessità di “dopare” una situazione economica, quella cinese, che poco ha a che vedere con i dati ufficiali diffusi dal Partito comunista cinese. Alla fine, nel 2021, il gigante immobiliare Evergrande è diventato inadempiente su 300 miliardi di dollari di debiti, segnando l’inizio del tracollo dell’intero comparto.

Secondo la propaganda del governo cinese, il mercato immobiliare dovrebbe riprendersi nel 2025. Tuttavia, gli esperti ritengono che il peggio debba ancora arrivare: i problemi strutturali e la scarsa domanda da parte dei consumatori continuano a pesare sul settore. Sebbene le autorità abbiano introdotto una serie di pacchetti di stimolo nel 2024, queste misure non hanno affrontato le cause profonde della crisi.

Zhai Shanying, ex responsabile dell’investment banking della China Construction Bank, ora residente negli Stati Uniti, prevede che il 2025 sarà l’anno del «crollo totale» per il mercato immobiliare cinese. Secondo Zhai, il Partito Comunista Cinese ha esaurito tutte le strategie possibili per tenere in piedi il settore, dalle politiche governative a ogni livello fino al sostegno di aziende pubbliche e private.
Nel 2024, le autorità hanno approvato prestiti per oltre 5 mila miliardi di yuan (circa 686 miliardi di dollari) per aiutare le società immobiliari a ristrutturare i debiti. Inoltre, nel 2025, è prevista un’emissione speciale di obbligazioni per 4.500 miliardi di yuan (615 miliardi di dollari), destinata a finanziare nuove riserve di terreni e ad acquistare immobili invenduti.

Parallelamente, i governi locali hanno intensificato le iniziative per incentivare l’acquisto di case. Nel 2024, sono state introdotte 1.132 nuove misure, in aumento del 28% rispetto all’anno precedente, tra cui riduzioni dei tassi sui mutui, abbassamento degli anticipi richiesti e agevolazioni fiscali sulle transazioni immobiliari. A maggio 2024, la Banca Popolare Cinese ha annunciato un programma da 300 miliardi di yuan (41 miliardi di dollari) per facilitare il rifinanziamento dei mutui e consentire alle imprese statali locali di acquistare immobili residenziali esistenti.

Nonostante tutto questo, Zhai sostiene che gli stimoli del Pcc non riescano a contrastare la crisi immobiliare in modo efficace: «Quando tutte le alternative sono state esplorate senza successo un collasso diventa inevitabile, con conseguenze disastrose».

I dati recenti confermano infatti il continuo declino del settore. A gennaio 2025, i 100 principali costruttori cinesi hanno registrato vendite per 235 miliardi di yuan (33 miliardi di dollari), con un calo del 34,2% rispetto allo stesso periodo del 2024 e del 47,9% rispetto a dicembre. Inoltre, secondo la China Index Academy, il prezzo medio al metro quadro delle abitazioni esistenti è diminuito del 7% su base annua nelle 100 principali città del Paese.

Il calo delle vendite riflette una domanda debole e un potere d’acquisto in contrazione tra i consumatori cinesi, nonostante incentivi come promozioni su elettrodomestici, pacchetti di viaggio, riduzioni delle tariffe immobiliari e l’offerta di posti auto gratuiti nelle principali città.

LA CORRUZIONE

Secondo l’esperto di affari cinesi Shi Shan, uno dei motivi per cui il PCC non riesce a risolvere la crisi immobiliare è la collusione tra il sistema finanziario, i governi locali e i costruttori. Con il calo del valore degli immobili, le banche hanno registrato un aumento dei crediti deteriorati. Il Pcc potrebbe tentare di tamponare la crisi emettendo fondi di emergenza, ma questi capitali spesso rimangono “intrappolati” all’interno del sistema finanziario.
Shi sottolinea che le banche locali collaborano con i governi e le imprese statali del settore immobiliare per emettere nuovi prestiti destinati a ripagare quelli vecchi, riciclando così il debito senza risolvere il problema.

L’economista statunitense Frank Xie evidenzia inoltre che il regime comunista cinese sta intervenendo attivamente per evitare il fallimento di molte società immobiliari, nonostante il loro indebitamento insostenibile. A gennaio, gli organi di propaganda del regime hanno riferito che almeno 55 società immobiliari quotate in borsa hanno affrontato difficoltà nel ripagare i debiti esteri, con oltre la metà che ha ricevuto richieste di liquidazione.

UN BRUTTO 2025

Il 21 gennaio 2025, il colosso delle costruttozioni Country Garden ha ripreso le contrattazioni alla Borsa di Hong Kong dopo aver annunciato che il suo piano di ristrutturazione del debito era sulla buona strada e che avrebbe potuto ridurre il proprio indebitamento fino a 11,6 miliardi di dollari. Ma le vendite continuano a diminuire: a gennaio, il fatturato è sceso  del 59% rispetto all’anno precedente, un ulteriore peggioramento rispetto al calo del 51% di dicembre 2024.

«Pechino sta esercitando pressioni sui tribunali e sulle autorità finanziarie per bloccare le richieste di liquidazione e le procedure fallimentari» ha dichiarato Xie, professore presso l’Università del South Carolina ad Aiken. Secondo il professor Xie, molte aziende si avvicinano rapidamente alla bancarotta. I creditori, consapevoli del grave indebitamento dei costruttori, vedono i propri capitali difficilmente recuperabili. L’intervento del Pcc, dunque, non sta risolvendo la crisi, ma si limita a ritardarne gli effetti più disastrosi.

Nel 2025, inoltre, i costruttori cinesi dovranno affrontare una scadenza debitoria ancora più pesante. Secondo la China Real Estate Information Corp., le scadenze sui mercati dei capitali del settore immobiliare raggiungeranno i 525,7 miliardi di yuan (72,5 miliardi di dollari), in aumento dell’8,9% rispetto al 2024. E gli analisti concordano nel ritenere che il mercato immobiliare cinese non abbia ancora toccato il fondo. Insomma: il peggio deve ancora arrivare.

 

Lynn Xu, Kane Zhang

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