I dazi funzionano?

di Redazione ETI/Terry Wu
25 Febbraio 2025 11:10 Aggiornato: 25 Febbraio 2025 11:10

Donald Trump sta utilizzando i dazi—essenzialmente tasse pagate dalle aziende straniere per accedere al mercato statunitense—come strumento principale per realizzare il suo programma America First. Una strategia che sta portando risultati.

Per quanto riguarda l’uso politico dei dazi, Canada e Messico hanno entrambi raggiunto accordi con il presidente dopo che quest’ultimo aveva minacciato di imporre dazi del 25% ai due Paesi, a meno che non riducessero drasticamente il flusso di immigrati illegali e di fentanyl negli Stati Uniti. I dazi sono stati sospesi per un mese. Nel contesto di una disputa sui voli di rimpatrio degli immigrati illegali in Colombia, Trump ha minacciato di imporre dazi anche su questo Paese, che successivamente ha accettato di riprendersi tutti i suoi cittadini espulsi dagli Stati Uniti.

Sul fronte strettamente commerciale, il 13 febbraio Trump ha annunciato un piano di dazi reciproci e di altre misure per riequilibrare l’import-export degli Stati Uniti:«Ho deciso, per ragioni di equità, che imporrò un dazio reciproco pari a quello che ogni Paese applica agli Stati Uniti d’America», spiegando che  la maggior parte dei partner commerciali dell’America impongono dazi più alti rispetto agli Stati Uniti.

Il presidente ha dato istruzioni alle agenzie federali di determinare i dazi reciproci per ogni Paese, valutando fattori come i dazi esistenti, le imposte sul valore aggiunto, i sussidi locali, le normative che ostacolano l’accesso delle aziende statunitensi ai mercati esteri e la svalutazione della moneta, che rende i prodotti statunitensi più costosi.

DAZI E ALTRE BARRIERE COMMERCIALI

Durante una conferenza stampa il 13 febbraio, un funzionario della Casa Bianca ha affermato che i partner commerciali degli Stati Uniti adottano metodi diversi per imporre barriere sleali ai prodotti americani. Mentre, ad esempio, l’India applica «alcuni dei dazi più alti al mondo», il Giappone, pur avendo dazi relativamente bassi, impone ostacoli strutturali significativi, come tasse e normative. Ogni Paese avrà la possibilità di negoziare una riduzione dei dazi statunitensi abbassando le proprie barriere commerciali.

Venendo all’Europa, la Casa Bianca ha evidenziato il disavanzo commerciale con l’Unione Europea nel settore automobilistico. Oltre ad applicare un dazio quattro volte superiore a quello statunitense, l’Ue impone un’ulteriore imposta sul valore aggiunto, l’Iva, sulle esportazioni statunitensi, variabile tra il 17% e il 27% a seconda del Paese di destinazione.

Gli Stati Uniti pagano tasse più alte per accedere ai mercati esteri e acquistano molto di più di quanto vendano. Cina, Regno Unito e India pagano un dazio del 2,5% per vendere le loro automobili negli Stati Uniti, ma impongono dazi del 15%, 10% e 125% sui prodotti equivalenti statunitensi.

Al momento, i veicoli cinesi non sono disponibili sul mercato statunitense; Volvo, di proprietà della cinese Geely, ha una quota di mercato molto ridotta. Tuttavia, le aziende cinesi di componentistica per auto stanno aumentando la loro presenza in Messico, Paese che beneficia di dazi zero grazie all’attuale accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Quindi la Cina può vendere negli Usa componentistica per auto senza pagare dazi.

E infatti, quando Trump nel suo primo mandato ha imposto dazi aggiuntivi sui prodotti cinesi, nel 2018, 12 nuove fabbriche cinesi di componenti per auto si sono trasferite in Messico, oltre alle 8 già operative. E sebbene i veicoli elettrici cinesi siano temporaneamente bloccati dai dazi del 100%, il gigante cinese dell’auto elettrica Byd sta già aprendo una fabbrica in Messico.

Il 18 febbraio, Trump ha dichiarato ai giornalisti a Mar-a-Lago che i nuovi dazi sulle automobili saranno «intorno al 25%».

ACCIAIO

Il 10 febbraio, Trump ha annunciato dazi del 25% su tutte le importazioni di acciaio, eliminando le precedenti esenzioni per Paesi come Canada e Messico. Ha inoltre più che raddoppiato i dazi sull’alluminio, passando dal 10% al 25%. I dazi entreranno in vigore il 12 marzo. L’obiettivo del dazio del 25% sull’acciaio è proteggere l’industria statunitense dalla concorrenza cinese.

La Cina è responsabile di  una cronica sovrapproduzione di acciaio: con una produzione annua di un miliardo di tonnellate,  produce da sola più acciaio del resto del mondo messo insieme. E, a causa del crollo del mercato immobiliare e del rallentamento economico, si prevede che la Cina consumerà in futuro ancora meno acciaio: lasciando tra 200 e 250 milioni di tonnellate da destinare ai mercati esteri.

Nel 2024, le esportazioni di acciaio della Cina hanno raggiunto un massimo storico di 110,7 milioni di tonnellate, con un aumento su base annua del 22%. Questa cifra è superiore alla produzione totale degli Stati Uniti, pari a 80 milioni di tonnellate, e molto più elevata rispetto alle importazioni statunitensi, che si attestano intorno ai 26 milioni di tonnellate. Anche se la Cina non esporta direttamente molto acciaio negli Stati Uniti, l’impatto indiretto dell’inondazione di acciaio cinese a basso costo sul mercato globale danneggia i produttori statunitensi.

Trump aveva inizialmente imposto dazi del 25% sull’acciaio nel 2018, durante il suo primo mandato, ma le esenzioni concesse in seguito ne avevano annullato di fatto l’efficacia.  La nuova misura elimina tutte le esenzioni, e Trump ha dichiarato che l’amministrazione si impegnerà anche a «contrastare la riclassificazione errata dei dazi e gli schemi di evasione doganale».

Secondo i dati del commercio mondiale dell’Organizzazione mondiale del commercio, i dazi effettivi sulle importazioni di acciaio statunitense ai sensi della Sezione 232 erano praticamente nulli per le spedizioni provenienti da grandi esportatori come Ue, Cina, Giappone e India. Con le nuove modifiche, l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Canada e Messico non sarà più applicabile alle importazioni di acciaio. Inoltre, le quote esenti da dazi negoziate separatamente con Ue, Regno Unito e Giappone cesseranno di essere valide. I dazi annunciati del 25% non si applicano a tutti i prodotti in acciaio, ma solo a specifici prodotti definiti ai sensi della Sezione 232 nel 2018.

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