Il presidente Trump ha dato il via al suo secondo mandato con una politica di dazi che sta sconvolgendo il commercio dell’intero pianeta. Dopo aver imposto dazi aggiuntivi del 10 percento sui prodotti cinesi, in risposta alla crisi del fentanile, il presidente ha imposto anche un dazio del 25 percento sulle importazioni di acciaio e alluminio. Sebbene questo susciti preoccupazioni tra i partner commerciali degli Stati Uniti, tra cui l’Unione Europea, è invece accolto con favore dal settore metalmeccanico americano (aziende e sindacati). Alcuni economisti obiettano sui potenziali effetti inflazionistici dei dazi, che dovrebbero entrare in vigore il 4 marzo. Il Canada, il più grande fornitore di acciaio e alluminio degli Stati Uniti, sarà il più colpito. Nel 2024, i principali fornitori di acciaio degli Stati Uniti sono stati Canada, Brasile, Messico, Corea del Sud e Vietnam; i principali fornitori di alluminio sono stati Canada, Emirati Arabi Uniti e Messico.
Sia l’amministrazione Trump che quella Biden hanno accusato la Cina di fare dumping, ossia di vendere acciaio sottocosto sul mercato internazionale; il dumping è una pratica commerciale di concorrenza sleale (abitualmente posta in essere dalla Cina) che mira a distruggere la concorrenza vendendo sottocosto, allo scopo di diventare poi monopolista di mercato.
A maggio 2024, Biden aveva ulteriormente aumentato i dazi sull’acciaio e l’alluminio cinesi per ridurre l’esposizione al dumping e difendere i produttori statunitensi. Ma alcune aziende cinesi stanno aggirando i dazi tramite trasbordi, ossia instradando le merci attraverso altri Paesi che non sono colpiti da dazi.
Il professor Christopher Tang, docente di gestione della Filiera produttiva alla Ucla (l’Università della California a Los Angeles), ritiene che la Cina stia utilizzando nazioni come il Vietnam per evitare i dazi statunitensi: «mandano prodotti in acciaio in Vietnam, dove subiscono alcuni processi di basso valore aggiunto, per poi essere inviati negli Stati Uniti». La Cina sta anche aumentando il commercio in metalli verso i Paesi del Sud del mondo e dell’America Latina, spiega poi il professor Tang.
Da anni, la Cina inonda settori strategici, come l’acciaio, con un’offerta che supera di gran lunga la domanda, allo scopo di far crollare i prezzi e spazzare via la concorrenza. E può farlo perché – al netto del lavoro schiavistico a costo zero nello Xinjinag – in Cina le aziende, e le banche, sono praticamente tutte controllate dal regime comunista (in modo diretto o indiretto), per cui possono sostenere l’onere di produrre in perdita per periodi di tempo impensabili per le aziende occidentali, che operano nel libero mercato.
Ma la Cina non è l’unica a distorcere i mercati, secondo un rapporto dell’American Iron and Steel Institute: «Negli ultimi 10 anni, il Vietnam ha aumentato la sua produzione di acciaio del 243 percento, mentre le esportazioni di acciaio vietnamite verso gli Stati Uniti sono aumentate del 264 percento dal 2014». Questo perché il regime comunista cinese sta anche sovvenzionando i produttori di acciaio al di fuori della Cina, in particolare nel Sud-est asiatico. Alla luce di questo, si può capire meglio “l’accanimento” di Trump verso le importazioni di acciaio e alluminio.
LE REAZIONI INTERNE
La confederazione sindacale United Steelworkers ha ringraziato Trump per aver affrontato il problema della sovraproduzione, causato dalle condotte commerciali spregiudicate del regime cinese, che inonda i mercati internazionali di metallo a prezzi stracciati, ma è contraria alla penalizzazione degli alleati commerciali degli Stati Uniti come il Canada: «Il Canada non è il problema. Anzi: il Canada ha adottato misure per coordinare le proprie politiche commerciali con gli Stati Uniti per rispondere alle pratiche commerciali scorrette; l’applicazione di dazi generalizzati danneggia i lavoratori su entrambi i lati del confine», ha dichiarato David McCall, presidente di Usw International, «il nostro sindacato considera i dazi come uno dei tanti strumenti importanti che dobbiamo impiegare per riequilibrare le nostre relazioni commerciali; noi sollecitiamo un approccio misurato, che rafforzi il nostro settore manifatturiero e tenga conto delle relazioni con i nostri alleati che, come il Canada, rispettano le regole».
I dazi di Trump hanno portato a una valanga di previsioni economiche catastrofiche in termini inflazionistici. Il rapporto sull’inflazione al consumo di gennaio verrà pubblicato il 12 febbraio, e si prevede che le variazioni annuali dell’indice dei prezzi al consumo rimarranno stabili. Ma un sondaggio sui consumatori dell’Università del Michigan ha mostrato che le aspettative di inflazione da qui a un anno sono aumentate di 1 punto percentuale, salendo al 4,3 percento a febbraio: «Molti consumatori sembrano preoccupati che l’inflazione elevata tornerà entro il prossimo anno», dice Joanne Hsu, responsabile del sondaggio, «questa è solo la quinta volta in 14 anni che assistiamo a un aumento così elevato in un mese».
Ewa Manthey, stratega delle materie prime presso ING, prevede che i dazi sull’alluminio provochino un’impennata dei prezzi dell’alluminio in America: «Il “Midwest premium”, il miglior indicatore del rischio dazi, è già aumentato di oltre il 30 percento da quando Trump ha vinto le elezioni». Questo costo aggiuntivo al prezzo base del metallo avrà un effetto a cascata sull’economia, secondo Mark Malek, responsabile degli investimenti presso Siebert Financial: «Indipendentemente dalla provenienza delle materie prime, saranno le aziende statunitensi a dover pagare i dazi – Pensate a tutti gli oggetti in casa che contengono alluminio o acciaio, dal garage alla cucina, ai muri… È probabile che tutti quegli oggetti diventino più costosi a causa di questi dazi, se saranno applicati. Questa è l’inflazione causata dal lato dell’offerta». I dazi rappresentano anche ulteriori rischi inflazionistici per la Federal Reserve, la Banca Centrale degli Stati Uniti, almeno stando a quanto affermano gli economisti della Deutsche Bank in un recente rapporto.
Ciononostante, si prevede che Trump introduca ulteriori dazi a breve, prendendo di mira Paesi che a loro volta impongono dazi elevati sui prodotti statunitensi. Trump ha affermato che intende implementare i dazi a condizione di reciprocità: «Molto semplicemente, se loro ci fanno pagare, noi li facciamo pagare», ha detto ai giornalisti il 9 febbraio. La Commissione europea ha affermato in una dichiarazione del 9 febbraio che risponderà ai dazi; i Paesi europei considerano l’imposizione di dazi una cosa illecita ed economicamente dannosa.
Un recente sondaggio della Cbs dice che il 56 percento degli americani approva i dazi alla Cina; mentre i dazi su Messico, Canada ed Europa non sono approvati dalla maggioranza degli americani. E quasi tre cittadini americani su quattro ritengono che questi nuovi dazi faranno aumentare i prezzi al consumo.