Un peschereccio giapponese è stato espulso dalla Guardia costiera cinese dalle acque territoriali di Senkaku, isole contese fra Tokyo e Pechino, con l’accusa di esservi entrato illegalmente. Lo ha riferito oggi il portavoce della Guardia costiera cinese Liu Dejun, precisando di aver adottato «misure di controllo necessarie ed in conformità con la legge in vigore». Il portavoce ha quindi esortato il Giappone a cessare immediatamente «tutte le attività illegali» in queste acque. Controllate dalla municipalità giapponese di Ishigaki e rivendicate dalla Cina con il nome di Diaoyu, le isole sono al centro di un contenzioso di lunga data tra i due Paesi. Rivendicate anche da Taiwan, le Senkaku comprendono otto isole e formazioni rocciose disabitate dal 1940. La contesa per la loro sovranità è diventata più accesa a partire dal 1968, quando un rapporto delle Nazioni Unite ha paventato l’esistenza di vasti giacimenti di risorse fossili sottomarine nella regione.
Le rivendicazioni di Pechino si basano su presupposti di tipo storico: dal quindicesimo secolo le isole erano parte del Regno di Ryukyu, Stato vassallo della Cina secondo il sistema tributario, passando al dominio feudale giapponese solo nel 1870. Furono ufficialmente annesse al Giappone, assieme a Taiwan, nel 1895, a seguito della sconfitta cinese nella prima guerra sino-giapponese (1894-1895) e al conseguente Trattato di Shimonoseki. Alla fine della Seconda guerra mondiale, le Senkaku passarono sotto amministrazione statunitense, che le restituì al Giappone nel 1971. La crisi sino-giapponese per la sovranità dell’isola raggiunse un picco nel 2012, anno in cui Tokyo acquistò tre delle isole da un privato cittadino, innescando una serie di violente manifestazioni in Cina e la piccata reazione del presidente Xi Jinping, che definì l’acquisizione «una farsa». Da allora, il ministero degli Esteri cinese ha lanciato ripetuti appelli al dialogo, invitando il Giappone a risolvere le controversie tramite «consultazioni amichevoli» prescindendo da scontri sul campo che coinvolgano anche altri Paesi, senza mai nominare direttamente gli Stati Uniti.