Secondo The Times of Israel la posizione ufficiale è stata trasmessa alla Corte suprema dall’avvocato Zion Amir, legale indipendente incaricato dalla compagine governativa dopo il dissenso espresso dalla procuratrice generale in merito alla rimozione del direttore dell’agenzia di sicurezza interna. Secondo la memoria depositata, i ricorsi «mancano di base legale, causa fondata e supporto fattuale», e costituirebbero un tentativo di «espropriare il governo israeliano – e indirettamente l’elettorato – del potere e della responsabilità fondamentali legate alla sicurezza dello Stato». Amir sostiene inoltre che la decisione ricade nella piena competenza del potere esecutivo, come previsto dalla legge del 2002 sullo Shin Bet.
I ricorrenti contestano la natura politica della decisione, ritenuta motivata da fattori personali legati alla tensione crescente tra il premier Benjamin Netanyahu e Bar. Secondo le accuse, il capo dello Shin Bet avrebbe rifiutato di firmare una dichiarazione per la Corte in cui si affermava che Netanyahu non poteva partecipare regolarmente al processo penale a suo carico per motivi di sicurezza. Bar, in una lettera indirizzata alla Corte, ha confermato di aver respinto più volte questa richiesta, aggiungendo che tale rifiuto avrebbe compromesso il rapporto di fiducia con il primo ministro. Sullo sfondo si profila un possibile conflitto di interessi: lo Shin Bet starebbe infatti indagando su presunti legami tra collaboratori di Netanyahu e attività di lobbying per conto del Qatar.