Il ministero della Giustizia degli Stati Uniti ha smesso di richiedere a Google di vendere i suoi investimenti nelle startup di intelligenza artificiale, ma rimane deciso a costringere l’azienda a cedere il browser Chrome per indebolire il suo monopolio.
Il ministero insieme a 38 procuratori generali, ha esortato il tribunale federale di Washington a ordinare a Google di vendere Chrome e ad adottare misure per smantellare quello che un giudice ha definito un «monopolio illegale nella ricerca su internet». La richiesta è che Google ceda «immediatamente e interamente Chrome, insieme a ogni servizio necessario» a un acquirente approvato dai querelanti. Inoltre, Google sarebbe obbligata a interrompere i pagamenti ai partner per ottenere un posizionamento preferenziale del suo motore di ricerca e a notificare le autorità prima di avviare nuove partnership con concorrenti nel settore della ricerca. «Con la sua enorme influenza e il suo potere incontrollato, Google ha privato consumatori e aziende del diritto di scegliere tra servizi concorrenti».
Tuttavia, le autorità antitrust hanno abbandonato una precedente richiesta di cedere gli investimenti di Google nell’Ia, sostenendo che tale mossa potrebbe causare «conseguenze indesiderate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale». L’azienda deve comunque comunicare in anticipo eventuali nuovi investimenti in Ia.
La Giustizia Usa ha agito contro Google per la prima volta nel 2020, segnando il più grande caso antitrust tecnologico negli Stati Uniti dai tempi dello scontro con Microsoft negli anni ’90. Google era accusato di tattiche anti-concorrenziali finalizzate a mantenere il dominio del mercato mediante contratti che lo rendevano il motore di ricerca predefinito su browser e smartphone. Questa posizione dominante avrebbe permesso a Google di manipolare il suo sistema pubblicitario, aumentando i costi per gli inserzionisti e incrementando i propri guadagni.
Google, che da tempo controlla quasi il 90% del mercato della ricerca negli Stati Uniti, sostiene che il proprio successo deriva da un servizio superiore, affermando che gli utenti possono facilmente passare a un altro motore di ricerca e che affronta comunque la concorrenza di Bing, Microsoft e altri. Ma nell’agosto 2024, il giudice Amit Mehta del Distretto di Columbia ha stabilito che Google ha mantenuto illegalmente un monopolio sui servizi di ricerca online e su alcuni annunci nei risultati di ricerca, sottolineando i lucrativi contratti di Google con produttori di dispositivi e partner dei browser, e rilevando che quasi il 70% delle query di ricerca generali negli Stati Uniti passa attraverso Chrome e altri portali che hanno Google come predefinito: «Molti utenti non sanno che esiste un motore di ricerca predefinito e nemmeno che si possa cambiare» dice la sentenza.
In seguito alla decisione, la Giustizia ha presentato una serie di misure nel 2024, delineando i passi che ritiene necessari per rispondere allo strapotere di Google nel mercato della ricerca online. La proposta chiede che Google ceda Chrome ed eventualmente Android, e mira a terminare la redditizia partnership di ricerca con Apple, che garantisce a Cupertino miliardi di dollari ogni anno in cambio della scelta di Google come motore di ricerca predefinito su Safari.
L’obiettivo del Governo americano è anche assicurare ai concorrenti l’accesso ai dati di Google, sia per la ricerca che per la pubblicità, «che altrimenti offrirebbero a Google un vantaggio continuo derivante dalla sua tendenza a escludere gli altri motori di ricerca». Google ha fatto opposizione definendo la richiesta un «programma interventista radicale» che va oltre la sentenza del tribunale, e dicendo che smantellare i suoi prodotti non solo danneggerebbe il suo business della ricerca online, ma potrebbe anche compromettere «la leadership tecnologica dell’America a livello mondiale».
In una controproposta presentata nel dicembre 2024, Google ha suggerito di consentire accordi multipli per motori di ricerca predefiniti su diversi dispositivi, il che significa che iPhone e iPad potrebbero avere motori di ricerca predefiniti diversi, e ha offerto di limitare gli accordi sui ricavi di ricerca con i produttori di hardware a contratti annuali, invece di avere impegni a lungo termine, e di garantire ai produttori di telefoni Android maggiore flessibilità su ricerca e Chrome.