Farmaci antidolorifici legati a un minor rischio di demenza

di Redazione ETI/George Citroner
24 Marzo 2025 19:01 Aggiornato: 24 Marzo 2025 19:01

L’uso prolungato di comuni antidolorifici, come ibuprofene e naprossene, potrebbe ridurre il rischio di demenza del 12%. Lo rivela una recente ricerca che ha seguito oltre 11.700 persone per quasi 15 anni. I risultati suggeriscono un possibile ruolo preventivo di questi farmaci, pur evidenziando i rischi connessi a un utilizzo prolungato. In Occidente, circa una persona su nove oltre i 65 anni convive con l’Alzheimer, una forma di demenza attualmente incurabile.

RISULTATI DELLO STUDIO

Pubblicata sul Journal of the American Geriatrics Society, la ricerca mostra che l’81% dei partecipanti ha assunto antidolorifici almeno una volta. Chi li ha utilizzati a lungo termine ha registrato un rischio di demenza inferiore del 12% rispetto a chi non ne ha mai fatto uso. «L’impiego prolungato di antidolorifici si lega a una riduzione del rischio», scrivono gli autori. Al contrario, un utilizzo breve o intermedio sembra associarsi a un lieve incremento del pericolo.

Alcuni farmaci, come ibuprofene, indometacina e sulindac, riducono selettivamente la produzione di amiloide-beta 42, una proteina chiave nell’Alzheimer. Tuttavia, il beneficio si osserva anche con antidolorifici che non influenzano l’amiloide, tra cui naprossene, rofecoxib, nabumetone, ketoprofene, meloxicam, celecoxib, fenilbutazone, etoricoxib e valdecoxib. Questo suggerisce che i vantaggi potrebbero derivare da altri meccanismi.

Non emerge, però, una relazione tra dosi più elevate e maggiori benefici. Lo studio si basa sui dati dello Studio Rotterdam, avviato nel 1990, che ha analizzato 11.745 persone senza demenza, di età superiore ai 45 anni, attraverso i registri farmaceutici dal 1991. I partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi: non utenti, uso breve (meno di un mese), intermedio (da 1 a 24 mesi) e prolungato (oltre 24 mesi). Fino al 1° gennaio 2020, sono stati diagnosticati 2.091 casi di demenza.

L’USO PROLUNGATO COMPORTA RISCHI PER LA SALUTE

Pur offrendo spunti interessanti sulla connessione tra infiammazione e demenza, lo studio mette in guardia sui rischi associati all’uso prolungato di antidolorifici, soprattutto negli anziani. Tra i possibili effetti collaterali figurano sanguinamenti gastrointestinali, ulcere gastriche, eventi cardiovascolari come infarti e ictus, danni renali e ipertensione. Questi problemi derivano dall’alterazione dei meccanismi protettivi del corpo, già più fragili con l’avanzare dell’età. «Servono ulteriori ricerche per confermare questi dati e definire strategie preventive», sottolinea il dottor M. Arfan Ikram del Centro Medico Universitario Erasmus MC di Rotterdam, nei Paesi Bassi.

La relazione tra antidolorifici e demenza rimane incerta: studi precedenti hanno fornito risultati contrastanti, evidenziando in alcuni casi un rischio aumentato o l’assenza di effetti. Sebbene i farmaci antinfiammatori contrastino l’infiammazione, fattore associato alla demenza, si ritiene che dieta, integratori e stili di vita sani possano offrire benefici simili con minori rischi.

APPROCCI ALTERNATIVI

Valutare l’uso di antidolorifici per prevenire la demenza richiede un’analisi attenta di diversi fattori, spiega la dottoressa Erika Gray, farmacista e responsabile medico di ToolBox Genomics. È fondamentale considerare la storia familiare di demenza, eventuali sanguinamenti gastrointestinali, la funzionalità renale, le condizioni generali del paziente e i valori di laboratorio.

L’infiammazione cronica è un elemento chiave nello sviluppo della demenza e gli antidolorifici contribuiscono a ridurla, ma non sono l’unica soluzione. Si consigliano integratori come curcumina, nattokinasi, serrapeptasi e proteasi, oltre a cibi antinfiammatori come aglio e zenzero. Mantenere livelli ottimali di vitamina D e controllare la glicemia nei diabetici o prediabetici può contribuire allo stesso obiettivo. «Queste strategie possono abbassare l’infiammazione e il rischio di demenza senza i pericoli associati agli antidolorifici», conclude la dottoressa Gray.

Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.

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