Slitta al 21 marzo il processo degli ex proprietari dell’Ilva, con il destino dell’acciaieria ancora da delineare, ora nelle mani dello Stato. Fabio e Nicola Riva sono stati condannati a rispettivamente 22 e 20 anni di reclusione dalla Corte d’Assise di Taranto per reati relativi al disastro ambientale, nello specifico associazione a delinquere, contaminazione alimentare e la volontaria omissione delle obbligatorie misure di sicurezza sul luogo di lavoro.
Il processo “Ambiente Svenduto” è stato però trasferito da Taranto a Potenza a causa della presenza, tra le parti civili, di due magistrati onorari tarantini, il che sollevava dubbi sull’imparzialità del tribunale locale. La Corte d’Assise d’Appello di Taranto ha accolto l’istanza della difesa e annullato la sentenza di primo grado, decisione confermata dalla Cassazione a dicembre 2024.
Il nuovo processo inizierà quindi il 21 marzo 2025 a Potenza. Il trasferimento ha suscitato timori tra le parti civili e ambientaliste per possibili ritardi e prescrizioni. Resta comunque il fatto che gli ex proprietari del colosso siderurgico sono innocenti fino a prova contraria.
Ma che futuro attende all’ex Ilva? Il governo italiano ha predisposto diverse misure per affrontare le problematiche dell’acciaieria di Taranto (ora Acciaierie d’Italia), lo scorso mese sono stati destinati 250 milioni di euro per sostenere l’azienda durante la fase di transizione e ristrutturazione. Il complesso è ora controllato per il 60% da Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, e il restante 40% è detenuto da ArcelorMittal. L’azienda è stata posta sotto gestione commissariale dello Stato dal febbraio 2024.
Sembra però che il coinvolgimento azionario dello Stato non sia destinato a durare a lungo: «Io ho l’impressione che in questi anni la presenza dello Stato non abbia contribuito per l’ex Ilva. Quindi di per sé la presenza dello Stato non sempre è una soluzione al problema» ha dichiarato alla stampa il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso. «Non mi sembra che il bilancio di questi anni in cui Invitalia aveva una parte importante e significativa in Acciaierie d’Italia possa essere giudicata positiva».
Nel corso del 2024, il governo ha delineato un piano industriale per il rilancio dell’acciaieria, con l’obiettivo di raggiungere una produzione di 6 milioni di tonnellate entro il 2026. Questo piano prevede la costruzione di due forni elettrici che sostituiranno gli altiforni 1 e 4, quest’ultimo l’unico ancora operativo, con entrata in funzione prevista per il 2027.
Fra gli investitori interessati sorgono i nomi di Metinvest, un gruppo siderurgico ucraino e l’azienda canadese Stelco Holdings