Come riconoscere le arti marziali tradizionali

di Redazione ETI
4 Febbraio 2025 16:17 Aggiornato: 4 Febbraio 2025 16:17

«Le arti marziali tradizionali cinesi sono bellissime», dice Li Youfu, presidente del Concorso Internazionale di Arti Marziali Tradizionali Cinesi di  Ntd Television, che il 30 agosto ha accolto nel New Jersey 91 artisti marziali provenienti da 11 Paesi per la competizione 2024.

Li Youfu è un campione dell’ideale di virtù marziale, che è inseparabile dalle vere arti marziali tradizionali. Oggi questi stili di arti marziali tradizionali cinesi, tramandati per migliaia di anni, sono quasi scomparsi dalla Storia. Li Youfu, che è nato prima della Rivoluzione Culturale di Mao, ha imparato da un maestro di arti marziali tradizionali cinesi prima che la maggior parte venisse uccisa o fuggisse sule montagne nella speranza di portare con sé i propri segreti, e spiega che gli stili tradizionali non si sono semplicemente persi: alcuni sono stati distrutti deliberatamente. Dopo che i famosi villaggi di arti marziali come Wudang e Shaolin sono stati devastati dalla  rivoluzione comunista, nuove persone vi si sono stabilite, praticando arti marziali miste e tecniche contemporanee.

Il Partito comunista cinese ha sempre promosso le arti marziali, ma senza la virtù, concentrandosi sul combattimento e la violenza: essere in grado di picchiare qualcuno a sangue non significa saper difendere gli inermi. L’ideologia del Partito, spiega il nostro interlocutore, è il “diritto”del più forte: è brutale, per cui le nuove tecniche di base sono brutali; tecniche come cavare gli occhi a un avversario non esistono nelle arti marziali tradizionali. Il Tai Chi Chuan, ad esempio, è uno stile i cui ultimi maestri sono scomparsi e non viene più praticato nella sua forma originale, in cui era difficilissimo seguire i movimenti di un maestro, perché era così veloce da essere intoccabile; un abile praticante di arti marziali tradizionali si riconosce dai suoi movimenti naturali.

Le arti marziali tradizionali cinesi sono state praticate per migliaia di anni, tramandate soprattutto nei templi buddisti e taoisti, e si dice che abbiano avuto origine già dall’Imperatore Giallo, il cui regno si stima sia iniziato nel 2698 a.C.. La virtù marziale insegna a distinguere tra il bene e il male e a fermare il male proteggendo il bene. Nell’antica Cina era usata anche in guerra.

Poiché le arti marziali venivano utilizzate in situazioni molto rischiose, le forme e i parametri di ogni stile marziale erano sacrosanti. Alterare la forma significava rischiare di sbagliare in una situazione di vita o di morte.
Le arti marziali tradizionali possono essere praticate a qualunque età. Ma questo non significa che siano facili. La virtù marziale richiede di sopportare le difficoltà e , soprattutto, il sacrificio dell’ego. La vera arte marziale tradizionale cinese richiede forza e dedizione, duri allenamenti ogni giorno, anche solo per pochi minuti: si procede per gradi, per piccoli passi. Una costanza che deriva da una motivazione interna: si impara a essere obiettivi nei pensieri e nelle azioni, a essere costanti e pazienti, a sopportare il dolore e a tollerare le provocazioni e le umiliazioni.

Le arti marziali rendono il praticante capace di uccidere una persona anche con un solo colpo, in un istante; danno cioè la possibilità di uccidere ma, al tempo stesso, impongono l’assoluto divieto di usare le tecniche apprese a meno che non esista, realmente, nessun’altra alternativa. Un praticante di arti marziali deve essere responsabile: deve rinunciare a combattere non per paura, ma per evitare di causare il male altrui, a meno che non sia assolutamente necessario.

Esemplare in questo senso è un aneddoto sul grande generale cinese Han Xin, vissuto a cavallo del terzo e il secondo secolo avanti Cristo, considerato il più grande comandante in capo dell’esercito che la Cina abbia mai avuto nei sui 5 mila anni di Storia.
Han Xin fin da bambino aveva  naturalmente studiato arti marziali; un giorno, quando era solo un adolescente, passeggiava per strada armato della propria spada, come era normale per tutti i praticanti di arti marziali, finché non venne fermato da un teppista che lo sfidò: «se hai il coraggio, tagliami la testa, visto che sei armato!». Han Xin ovviamente non lo fece e non reagì alla provocazione; ma il brutto ceffo che aveva incontrato gli sbarrava la strada, e a quel punto gli disse che se voleva passare poteva farlo solo strisciando per terra fra le sue gambe, visto che non aveva il “coraggio” di combattere. Han Xin, che era solo un ragazzo, con la spada avrebbe potuto facilmente decapitare il teppista e “dimostrare il proprio valore” alla piccola folla che si era radunata attorno. Ma non lo fece: piuttosto che uccidere una persona, umiliò se stesso nel modo peggiore, strisciò per terra fra le gambe del teppista e prosegui per la propria strada.

La vera arte marziale, insomma, lungi dall’essere un sport (come è intesa in Occidente) è anche e soprattutto una via di coltivazione spirituale, in cui equilibrio interiore, razionalità e compassione dominano la mente del praticante. «Sul sentiero della virtù, si possono superare tutti gli ostacoli» dice oggi Li Youfu.

 

 

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