Come Pechino aggira i dazi “triangolando” il commercio

di James Gorrie per ET USA
22 Aprile 2025 15:35 Aggiornato: 22 Aprile 2025 15:35

É vero che sta emergendo un nuovo boom di pratiche commerciali scorrette in molte parti del mondo? Con l’intensificarsi della guerra commerciale Usa-Cina, sembra proprio di sì.

LA STRATEGIA DEL “MERCATO GRIGIO” CINESE

Con i dazi americani sulle importazioni cinesi al 145%, Pechino sembra puntare sul cosiddetto gray trade, ovvero una sorta di mercato grigio, per aggirare le barriere commerciali americane. Questa pratica consiste nel reindirizzare merci attraverso Paesi a cui sono stati imposti dei dazi più bassi, come Vietnam, Messico o Malesia, per mascherare l’origine cinese dei prodotti. Questa è la risposta di Pechino alle aggressive politiche commerciali di Trump, che rendono i prodotti cinesi meno competitivi sul mercato americano a causa dei costi aggiuntivi.

Il gray trade sfrutta le lacune nelle Regole d’Origine degli Stati Uniti, che determinano il Paese di provenienza di un prodotto per poter applicare i dazi. Le merci cinesi, ad esempio, vengono spedite incomplete o quasi finite a un Paese terzo, dove subiscono l’assemblaggio finale, l’elaborazione, il riconfezionamento o l’etichettatura per essere considerate originarie di quel Paese e non della Cina.

Per esempio: dei componenti elettronici cinesi inviati in Vietnam, assemblati in un prodotto finito e marchiati come “made in Vietnam”. Questo permette alla Cina di sfruttare il dazio del 10% sulle importazioni vietnamite, anziché del 145% sui beni cinesi.

È una risposta furba di Pechino, e senza alcun dubbio le aziende cinesi stanno reindirizzando le proprie merci verso Vietnam, Messico e Turchia. Una tattica simile viene adottata per il Messico, ovvero la cosiddetta “Tijuana two-step”, che consiste nel suddividere le merci in più pacchi sotto la soglia di 800 dollari (sotto questa soglia le merci sono esenti dai dazi per tutti i Paesi al di fuori della Cina).

PECHINO MESSA ALL’ANGOLO

Il gray trade non è una novità, né è una tattica sconosciuta all’amministrazione Trump, anzi. Durante il primo mandato del Presidente, i produttori cinesi di pannelli solari hanno aggirato i dazi del 30% collaborando con Paesi del Sud-Est asiatico. Nel 2025, tracciare l’origine di milioni di prodotti è un’impresa complessa, se non impossibile, rendendo difficile contrastare il gray trade.

Il motivo di questa furbata è chiaro: le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti rappresentano il 10% del commercio totale e sostengono tra 10 e 20 milioni di posti di lavoro. Secondo alcuni esperti, senza il gray trade, le esportazioni cinesi potrebbero crollare dell’80% nei prossimi due anni.

Con il peggioramento delle condizioni economiche interne, le previsioni di crescita del Pil cinese per il 2025 sono scese dal 5% al 4%, con un potenziale calo del 20% in un solo anno. Con la disoccupazione giovanile (tra i 16 e i 24 anni) vicina al 17%, il Partito Comunista Cinese teme il crescente malcontento popolare e le rivolte tra i giovani. Il gray trade offre una soluzione immediata contro i dazi americani: i dati ufficiali mostrano che a marzo le esportazioni cinesi sono cresciute del 12,4%, con un aumento dell’11,6% verso l’Asean e del 19% verso il Vietnam.

L’IMPATTO SUI PAESI CON BASSI DAZI

Ma non è solo la Cina a trarre profitto da questo mercato grigio, anche i Paesi che a cui sono stati imposti dei dazi bassi come Vietnam, Malesia e Messico, guadagnano fino al 10% dalle commissioni delle spedizioni e dalla lavorazione dei prodotti. Tra il 2017 e il 2022, il Vietnam ha sostituito quasi la metà della quota di mercato persa dalla Cina nelle importazioni americane. Tuttavia, questi Paesi rischiano ritorsioni da Washington, trovandosi a dover bilanciare i profitti del gray trade con le relazioni commerciali con gli Stati Uniti.

IMPLICAZIONI ECONOMICHE E GEOPOLITICHE

Economicamente, il gray trade permette alla Cina di restare nel mercato americano, ma fa lievitare i costi per le commissioni degli intermediari e la logistica. Per i consumatori americani invece, può posticipare rincari significativi, ma non può prevenirli del tutto. Geopoliticamente, i dazi di ritorsione di Pechino al 125% sui prodotti americani, uniti ai limiti su carne bovina e gas naturale liquefatto, inaspriscono le tensioni. Le recenti visite di Xi Jinping in Vietnam, Malesia e Cambogia potrebbero aver incoraggiato questi Paesi a prendere parte al gray trade.

SUL FILO DI UN RASOIO

L’impatto del gray trade potrebbe essere più ampio e pericoloso di quanto si possa credere. Da un lato, è una risposta furba della Cina ai dazi americani. Dall’altro, comporta rischi enormi. Gli Stati Uniti potrebbero estendere i dazi o usare l’International Emergency Economic Powers Act per risolvere la situazione. Anche questa, in effetti, sarebbe una strategia intelligente, ma potrebbe peggiorare la situazione.

«Il sistema commerciale internazionale degli ultimi novant’anni sta crollando, rendendo difficile prevedere l’impatto economico e capire dove sia il fondo del mercato», ha detto Vincent Chan, stratega per la Cina di Aletheia Capital Ltd., a Bloomberg. Con l’avanzare delle politiche commerciali americane e delle reazioni internazionali, il pericolo imminente è un’escalation incontrollata di dazi di ritorsione o altre rappresaglie. In sintesi, il gray trade potrebbe avere un impatto più ampio del previsto, rischiando di scatenare una guerra commerciale internazionale con delle conseguenze disastrose.

 

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