Dopo una colonscopia, è comune avvertire gas, gonfiore, dolore addominale e crampi. In alcuni casi, questi disturbi persistono per settimane, modificando in modo duraturo il microbiota intestinale.
Circa il 40% dei pazienti sperimenta problemi prolungati, più frequenti tra le donne, in chi si sottopone a procedure lunghe o in presenza di condizioni preesistenti, come la malattia infiammatoria intestinale, che alterano il microbiota. Le variazioni nel microbiota – l’insieme di batteri, virus, funghi e altri microrganismi dell’intestino crasso – possono causare disturbi gastrointestinali. Le colonscopie possono indurre disbiosi, ovvero uno squilibrio microbico, sebbene in molti casi l’equilibrio venga ripristinato rapidamente.
Adottare strategie mirate, come una dieta equilibrata e l’uso di probiotici, può ridurre o abbreviare questi disturbi.
PERCHÉ LE COLONSCOPIE ALTERANO LA FLORA INTESTINALE
L’uso di lassativi, la rapida evacuazione, l’assottigliamento del muco intestinale e l’esposizione all’ossigeno durante la colonscopia influiscono sul microbiota, secondo una revisione pubblicata su Clinical Endoscopy. La diarrea post-procedura, legata alla disbiosi, deriva dalla riduzione del muco nel colon, che, se da un lato facilita l’individuazione di polipi e anomalie, dall’altro riduce batteri benefici come l’Akkermansia.
La preparazione intestinale determina un’alterazione iniziale significativa del microbiota. La revisione evidenzia diversi effetti: riduzione della diversità microbica, diminuzione di Firmicutes e Bacteroidetes (i due principali gruppi batterici intestinali) e aumento di Proteobacteria, potenzialmente patogeni in quantità elevate.
«Molti studi indicano che il microbiota torna ai livelli basali entro due-sei settimane, dimostrando la sua resilienza», scrivono gli autori. Tuttavia, alcuni fattori, come la condizione iniziale del microbiota, la presenza di malattia infiammatoria intestinale o sovrappeso e i metodi di preparazione intestinale, influenzano il recupero. La suddivisione della preparazione intestinale in due dosi – una la sera prima e l’altra la mattina stessa – favorisce un miglior recupero microbico.
«Curiosamente, questo è lo standard attuale, perché garantisce una pulizia intestinale più efficace rispetto a una dose unica», spiega il dottor Andres F. Carrion, gastroenterologo e portavoce dell’American Gastroenterological Association. L’uso di anidride carbonica, anziché miscele contenenti ossigeno, aiuta inoltre a preservare il microbiota, facilitando l’espansione del colon durante la procedura.
PRECAUZIONI UTILI
Le linee guida non forniscono indicazioni specifiche per gruppi particolari, ma alcuni pazienti dovrebbero valutare con il medico il momento migliore per sottoporsi alla colonscopia. Nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale, eseguire l’esame durante una riacutizzazione è utile per definire i trattamenti, ma in altri casi potrebbe essere opportuno rimandarlo. Ad esempio, chi sta assumendo antibiotici o li ha appena terminati potrebbe posticipare la colonscopia per evitare interferenze con il microbiota.
«Si evita la procedura durante infezioni, anche lievi come sinusiti o bronchiti, rimandandola a un momento più sicuro», spiega il dottor Carrion. Nei pazienti in chemioterapia, si programma la colonscopia quando i globuli bianchi sono al picco, riducendo il rischio di infezioni.
Nonostante i possibili effetti collaterali, la colonscopia rimane un esame di screening essenziale. «Si consiglia almeno una colonscopia a 45 anni per individuare precocemente eventuali polipi non rilevabili con test fecali», spiega la dottoressa Elena Ivanina, gastroenterologa esperta in trattamenti naturali.
RIPRISTINARE LA FLORA INTESTINALE
Sebbene le linee guida non forniscano indicazioni specifiche su come ristabilire il microbiota, diversi studi, tra cui la revisione su Clinical Endoscopy, suggeriscono che i probiotici possano essere utili per i pazienti a rischio. L’efficacia varia a seconda del momento di somministrazione: alcuni studi li consigliano prima della colonscopia, altri dopo. In generale, i probiotici aiutano a ripristinare la diversità microbica.
Formulazioni contenenti Bifidobacterium infantis, Lactobacillus acidophilus, Enterococcus faecalis e Bacillus cereus riducono rapidamente i Proteobacteria, contribuendo a proteggere la salute intestinale. Secondo la revisione, chi soffre di disturbi gastrointestinali prima della colonscopia ne trae i maggiori benefici. Una recente meta-analisi presentata a una conferenza dell’American Gastroenterological Association, condotta su 2.345 pazienti, ha rilevato che l’uso di probiotici riduce significativamente gonfiore, dolore e vomito, con lievi miglioramenti per nausea, stitichezza, gas e diarrea.
«Questi dati sottolineano il potenziale dei probiotici nel migliorare l’esperienza dei pazienti, facilitando future colonscopie», scrivono gli autori.
LIMITI DEI PROBIOTICI
Il dottor Carrion sottolinea che la scelta del probiotico più adatto è complessa, considerando la diffusa disbiosi. I dati attuali non sono sufficienti per stabilire linee guida definitive. Inoltre, farmaci e ingredienti dei cibi processati influiscono sul microbiota, rendendo imprevedibili le reazioni individuali alla colonscopia.
Il microbiota è unico per ogni individuo, come un’impronta digitale, e questo rende difficile standardizzare l’uso dei probiotici. Dal 2008, l’Alliance for Education on Probiotics aggiorna annualmente una guida clinica con indicazioni su probiotici utili per diarrea e dolore addominale, ma non specifiche per il post-colonscopia.
IL RUOLO DELLA DIETA
Molti pazienti tornano rapidamente a diete ricche di cibi processati e fast food, una pratica che ostacola il recupero del microbiota. Una corretta preparazione intestinale, evitando cibi solidi e seguendo una dieta a base di liquidi chiari, è essenziale per il successo della procedura.
«Più che probiotici, è fondamentale adottare una dieta prebiotica ricca di fibre, che funge da fertilizzante per i batteri intestinali – spiega il dottor Carrion – Una corretta alimentazione è più efficace di un’integrazione probiotica generica».
I prebiotici, che nutrono i batteri intestinali, si trovano in diversi alimenti, come aglio, cipolle, asparagi, banane, frumento, semi di lino, piselli, fagioli e cioccolato fondente. I probiotici, presenti in cibi fermentati come yogurt, crauti, kimchi e kefir, contribuiscono alla rigenerazione del microbiota. Evitare diete ricche di zuccheri e grassi trans è fondamentale per mantenere un intestino sano.
«Molti cercano una soluzione rapida, ma le abitudini alimentari sono un problema radicato – conclude il dottor Carrion – Servirebbe un cambiamento culturale per migliorare la salute intestinale a lungo termine».
Le informazioni e le opinioni contenute in questo articolo non costituiscono parere medico. Si consiglia di confrontarsi sul tema col proprio medico curante e/o con specialisti qualificati.