Ammiraglio Credendino: la marina italiana è di massimo livello ma servono altri 9 mila uomini

di Agenzia Nova
6 Marzo 2025 9:48 Aggiornato: 6 Marzo 2025 9:48

Gli inseguimenti dei sottomarini russi, le battaglie contro i droni degli Houti per proteggere il traffico mercantile, la lunga campagna della portaerei Cavour nell’Indo-Pacifico. E il progetto per una rete di sorveglianza sottomarina che difenda i fondali italiani.

Il capo di Stato maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio Enrico Credendino, in una intervista a Repubblica fa il bilancio di tre anni decisamente straordinari ma ricorda che le risorse della Marina sono limitate e che serviranno altri 9 mila uomini. «Lo sforzo della Marina è iniziato con invasione dell’Ucraina che ha visto l’aumento della flotta russa nel Mediterraneo: ci sono stati fino a tre sottomarini, di cui uno a propulsione nucleare con missili balistici, in azione contemporaneamente e abbiamo dovuto seguirli. Poi quando gli Houti nell’autunno 2023 hanno cominciato a colpire il traffico mercantile, si è aggiunto l’impegno sotto bandiera Ue nel Mar Rosso: è stata la prima missione combat dalla fine della Seconda guerra mondiale. Gli ultimi attacchi – continua – sono avvenuti quattro settimane fa: uno sciame formato da droni e da un missile cruise è stato respinto dal cacciatorpediniere Duilio con i suoi missili e da una squadriglia di velivoli americani diretti dalla nostra nave».

Gli aerei statunitensi in combattimento sotto controllo italiano: «È accaduto più volte. L’esordio risale a diversi mesi fa quando una formazione di droni si è mossa verso la loro portaerei. Era il periodo dei monsoni, con condizioni meteo terribili, e i radar della loro ammiraglia non riuscivano a seguirli: più a nord c’era il cacciatorpediniere Duilio che aveva una buona visibilità e gli hanno affidato il controllo di una coppia di intercettori, che sotto la guida del Duilio hanno abbattuto tutti i sei ordigni».

Le risorse della Marina sono sufficienti per fronteggiare tutte queste sfide? «Si, ma per un periodo limitato. Questo sforzo può durare per tre-quattro anni, non oltre. Le marine francesi e britannica, simili a noi come numero di navi, hanno diecimila persone in più. Noi siamo fermi a 30 mila e questo ha un impatto sulla resilienza degli equipaggi che restano in mare per mesi e sulla vita delle loro famiglie, anche se tutti tornano entusiasti dalle missioni». Credendino pensa che sarebbe «opportuno aumentare l’organico a 39 mila e – dice – so che il ministro Guido Crosetto ci sta lavorando perché è molto sensibile alle esigenze del personale».

Quanto al numero delle navi: «Non vedo problemi. È appena entrato in servizio il Trieste, che aumenta sensibilmente le nostre capacità di intervento anfibio. Può trasportare più mezzi, più truppe da sbarco e pure gli aerei F35B: può andare ovunque nel mondo e gestire per sei mesi un’operazione ad alta intensità. Dal 2029-30 arriveranno pure le navi anfibie più piccole che sostituiranno la classe Santi. Ed è stata decisa la costruzione delle altre fregate Fremm Evo, dei pattugliatori e dei cacciatorpediniere Ddx. Stiamo già lavorando ai progetti della generazione successiva: potrebbe essere dotata di propulsori nucleari, grazie alla tecnologia dei nuovi reattori, sia per i caccia che per i sottomarini».

L’amministrazione Trump ha prospettato il ritiro delle forze statunitensi, lasciando agli europei il compito di difendere il continente: «Tra il dire e il fare c’è letteralmente di mezzo il mare. Quando l’amministrazione Obama ha spostato il baricentro nell’Indo-Pacifico, il Mediterraneo è rimasto senza portaerei Usa: in futuro potrebbe accadere in maniera più strutturata. Per noi un mare insicuro è un mare costoso: la nostra economia dipende dalla capacità di tenere libere le linee di comunicazione navali», ha concluso Credendino.

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