Accordo internazionale: Cina, le Isole Cook e i suoi minerali essenziali

15 Febbraio 2025 15:47 Aggiornato: 15 Febbraio 2025 15:47

Il Primo Ministro delle Isole Cook, Mark Brown, ha incontrato gli alti funzionari del Pcc per una «Partnership Strategica Globale». Le Isole Cook fanno parte del «regno della Nuova Zelanda», Paesi che, in teoria, sono indipendenti, anche se i cittadini possiedono passaporti neozelandesi.

Il 13 febbraio Brown ha pubblicato una foto su Facebook, scattata al National Deep Sea Centre di Pechino, dichiarando che il Centro, insieme al China Ocean Sample Repository, aiuterà le Isole Cook a espandere le proprie capacità di ricerca marina.

Nonostante l’accordo apparentemente innocuo, il National Deep Sea Centre si allinea agli sforzi di Pechino di sfruttare i minerali essenziali presenti sotto gli oceani di tutto il mondo. Qingdao inoltre, ospita il centro di formazione congiunto dell’International Seabed Authority, offrendo stage a giovani scienziati delle Isole Cook.

Le grandi risorse sottomarine

 Il grande bacino di Penrhyn, si ritene essere uno dei più grandi giacimenti di cobalto, titanio, tellurio, niobio e di elementi rari come l’ittrio.

Solo quattro regioni marine possiedono queste risorse, e il Congresso degli Stati Uniti sta sostenendo le compagnie di estrazione sottomarina per individuarle, nella speranza di raccogliere abbastanza metalli per la produzione di batterie, così da porre fine alla dipendenza dalla Cina.

Le altre tre regioni come il bacino dell’Oceano Indiano Centrale, il Clarion-Clipperton e il bacino del Perù, si trovano in acque internazionali e sono amministrate dall’International Seabed Authority. Le aziende controllate dal regime cinese detengono cinque delle 30 licenze concesse per l’estrazione in queste aree, il numero più alto di qualsiasi altro Paese.

Di conseguenza il bacino di Penrhyn ha una grande importanza per gli Stati Uniti e per i loro alleati nel Pacifico, Australia e Nuova Zelanda.

Il primo ministro delle Isole Cook Mark Stephen Brown alla conferenza sul clima COP29 dell’UNFCCC a Baku, in Azerbaigian. Sean Gallup/Getty Images

Finora, le Isole Cook hanno concesso tre licenze di esplorazione per il bacino: una a un consorzio di aziende americane e olandesi, una a una joint venture tra una società d’investimento statale e un’azienda belga, e l’ultima a una compagnia mineraria americana.

Il Pcc è quindi tagliato fuori dall’unica zona di estrazione sottomarina di valore, ed è proprio qui che nasce l’offerta di una partnership a Brown, che sembra desideroso di accettare.

Non è dato sapere cosa le Isole Cook dovranno offrire in cambio del denaro di Pechino finché non sarà reso pubblico l’accordo, ammesso che Brown mantenga la sua promessa.

Anche se l’accordo non dovesse essere così esteso come quelli che il regime cinese ha firmato con le Isole Salomone e Kiribati, non mancheranno le implicazioni in materia di sicurezza, come spesso accade quando si ha a che fare con Pechino.

Per questo piccolo stato del Pacifico, con una popolazione inferiore a 15 mila abitanti e un Pil di soli 260 milioni di dollari, per lo più derivanti dal turismo, l’approccio cinese, che non bada a spese per la diplomazia nel Pacifico, potrebbe davvero fare colpo.

Le sue esportazioni ammontano a soli 30 milioni di dollari, quindi vendere queste risorse, soprattutto in un periodo in cui il mondo non ne ha mai abbastanza, non rappresenta solo il modo più semplice per il governo Brown di affrontare il deficit del Paese di 18 milioni e 500 mila dollari, ma potrebbe essere l’unica soluzione possibile.

Nel frattempo, l’opposizione ha appena presentato un voto di sfiducia contro Brown, mentre il suo  governo si è dichiarato favorevole all’accordo, pur ammettendo di non sapere esattamente a cosa stiano rinunciando, secondo il Ministro degli Affari Esteri Tingika Elikana.

La leader dell’opposizione, Tina Browne, ha dichiarato a Pacific Media Network che i residenti sono sempre più arrabbiati e convinti che Brown debba dimettersi.

 

Redazione Eti/Rex Widerstrom

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