Quando gli smartphone diventano più intelligenti, noi diventiamo più stupidi?

Di Makai Allbert

Mentre Mohamed Elmasry, professore emerito di ingegneria informatica presso l’Università di Waterloo, osservava i suoi nipotini di 11 e 10 anni che battevano sui loro smartphone, ha posto loro una semplice domanda: «Quanto fa un terzo di nove?».

Invece di prendersi un momento per pensare, hanno aperto immediatamente le loro applicazioni di calcolo. Così racconta Elmasry nel suo libro iMind Artificial and Real Intelligence.

Più tardi, dopo una vacanza con la famiglia a Cuba, ha chiesto loro di nominare la capitale dell’isola. Ancora una volta, le loro dita sono volate verso i loro dispositivi, cercando la risposta su Google invece di ricordare la loro esperienza recente.

Con il 60% della popolazione mondiale – e il 97% di coloro che hanno meno di 30 anni – che utilizza gli smartphone, la tecnologia è diventata inavvertitamente un’estensione del nostro processo intellettuale.

Tuttavia, ogni cosa ha un prezzo. L’esternalizzazione cognitiva, che consiste nell’affidarsi a sistemi esterni per raccogliere o elaborare le informazioni, può aumentare infatti il rischio di declino cognitivo.

L’uso abituale del Gps, ad esempio, è stato collegato a una significativa diminuzione della memoria spaziale: riduce la capacità di navigare in modo indipendente. Con l’affermarsi di applicazioni di intelligenza artificiale come ChatGpt, alcuni studi attuali hanno riscontrato una compromissione delle capacità di pensiero critico, nonché dipendenza, perdita di capacità decisionale e pigrizia.

Gli esperti enfatizzano la coltivazione delle competenze umane innate che la tecnologia non può replicare.

Trascurata l’intelligenza reale

Riferendosi ai suoi nipoti e alla loro eccessiva dipendenza dalla tecnologia, Elmasry ha spiegato che non sono affatto «stupidi».

Il problema è che non usano la loro vera intelligenza.

Loro – e il resto della loro generazione – si sono abituati a usare le app e i dispositivi digitali, affidandosi inconsciamente ai motori di ricerca su internet come Google, anziché riflettere su qualcosa.

E così come i muscoli fisici si atrofizzano senza l’uso, anche le nostre capacità cognitive si indeboliscono quando lasciamo che la tecnologia pensi per noi.

Un caso emblematico è quello che oggi viene definito «effetto Google», o amnesia digitale, come dimostra uno studio del 2011 della Columbia University.

La generazione attuale si è abituata a utilizzare app e dispositivi digitali. (hughhan/unsplash)
La generazione attuale si è abituata a utilizzare app e dispositivi digitali (Michael M. Santiago/Getty Images)

Betsy Sparrow e colleghi della Columbia hanno scoperto che le persone tendono a dimenticare facilmente le informazioni facilmente disponibili su internet.

I loro risultati mostrano che le persone sono più propense a ricordare cose che pensano non siano disponibili online. Inoltre, sono più brave a ricordare dove trovare le informazioni su internet che a ricordare le informazioni stesse.

Uno studio del 2021 ha testato ulteriormente gli effetti dell’uso di Google e ha scoperto che i partecipanti che si affidavano a motori di ricerca come Google hanno ottenuto risultati peggiori nelle valutazioni di apprendimento e nel richiamo della memoria rispetto a coloro che non effettuavano ricerche online.

Lo studio mostra anche che i Googlatori hanno spesso una maggiore fiducia nel fatto di aver «padroneggiato» il materiale di studio, il che indica una sopravvalutazione dell’apprendimento e l’ignoranza del loro deficit di apprendimento. La loro eccessiva sicurezza potrebbe essere il risultato di un pregiudizio di «illusione di conoscenza»: l’accesso alle informazioni attraverso i motori di ricerca crea un falso senso di competenza personale e diminuisce lo sforzo di apprendimento delle persone.

L’eccessiva dipendenza dalla tecnologia è parte del problema, ma averla a disposizione può essere altrettanto dannoso. Uno studio pubblicato sul Journal of the Association for Consumer Research ha scoperto che «la sola presenza» di uno smartphone riduce la «capacità cognitiva disponibile», anche se il telefono è spento o riposto in una borsa.

The Epoch Times

Questo effetto di «fuga del cervello» si verifica probabilmente perché la presenza di uno smartphone attinge alle nostre risorse cognitive, allocando sottilmente la nostra attenzione e rendendo più difficile concentrarsi completamente sul compito da svolgere, secondo i ricercatori. Non solo l’uso eccessivo della tecnologia compromette la nostra cognizione, ma i medici e i ricercatori hanno notato che è collegato a una riduzione dell’intelligenza sociale.

Simili alle macchine

Negli Stati Uniti, i bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni trascorrono in genere dalle quattro alle sei ore al giorno guardando gli schermi, mentre gli adolescenti possono arrivare fino a nove ore al giorno. Inoltre, il 44% degli adolescenti si sente ansioso e il 39% si sente solo senza il proprio telefono.

L’eccessivo tempo trascorso sullo schermo riduce le interazioni sociali e l’intelligenza emotiva ed è stato collegato a sintomi simili a quelli autistici, con una maggiore durata dell’uso dello schermo correlata a sintomi più gravi.

Il dottor Jason Liu, medico che ha conseguito anche un dottorato in neuroscienze, è ricercatore e presidente fondatore del Mind-Body Science Institute International. Liu ha dichiarato a Epoch Times di essere particolarmente preoccupato per l’uso dei media digitali da parte dei bambini.

Ha raccontato di aver osservato delle irregolarità nei suoi giovani pazienti che trascorrono troppo tempo nel mondo digitale: ha notato il loro linguaggio meccanico, la mancanza di espressione emotiva, lo scarso contatto visivo e la difficoltà a creare legami umani autentici. Molti presentano sintomi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività (Adhd), rispondono con distacco e lottano con la fragilità emotiva.

«Non dobbiamo lasciare che la tecnologia sostituisca la nostra natura umana», ha dichiarato Liu.

A conferma delle osservazioni di Liu, uno studio del Jama ha seguito per 24 mesi circa 3.000 adolescenti senza precedenti sintomi di Adhd e ha scoperto che una maggiore frequenza di utilizzo dei moderni media digitali era associata a probabilità significativamente più alte di sviluppare sintomi di Adhd.

The Epoch Times

Già nel 1988 gli scienziati hanno introdotto il concetto di «paradosso di internet», secondo il quale internet, pur essendo uno «strumento sociale», porta a comportamenti antisociali.

Osservando 73 famiglie durante i primi anni di utilizzo di internet, i ricercatori hanno notato che l’aumento dell’uso di internet era associato a una riduzione della comunicazione con i membri della famiglia, a cerchie sociali più ristrette e a un aumento della depressione e della solitudine.

Tuttavia, un controllo di tre anni ha rivelato che la maggior parte degli effetti negativi si è dissipata. Il ricercatore ha spiegato questo fenomeno con il modello «i ricchi diventano più ricchi»: gli introversi hanno subito maggiori effetti negativi da internet, mentre gli estroversi, con reti sociali più solide, hanno tratto maggiori benefici e si sono impegnati maggiormente nelle comunità online, attenuando gli effetti negativi.

Manuel Garcia-Garcia, responsabile globale delle neuroscienze di Ipsos, che ha conseguito un dottorato in neuroscienze, ha dichiarato a Epoch Times che le connessioni tra esseri umani sono fondamentali per costruire legami più profondi e che gli strumenti di comunicazione digitale, pur facilitando la connettività, possono portare a interazioni superficiali e ostacolare gli spunti sociali.

A sostegno dell’osservazione di Liu, secondo cui i pazienti diventano «simili a macchine», un esperimento di contagio emotivo su Facebook, condotto su quasi 700.000 utenti, ha manipolato i feed di notizie per mostrare più post positivi o negativi. Gli utenti esposti a contenuti più positivi hanno pubblicato più aggiornamenti positivi, mentre quelli che hanno visto più contenuti negativi hanno pubblicato più aggiornamenti negativi.

Questo ha dimostrato che la tecnologia può influenzare il comportamento umano in modo sottile ma sistematico. Secondo gli esperti, questo stimolo può rendere le nostre azioni ed emozioni prevedibili, simili a risposte programmate.

Il momento Eureka

«Seduto sulle vostre spalle c’è l’oggetto più complicato dell’universo conosciuto», ha dichiarato il fisico teorico Michio Kaku.

Sebbene le tecnologie più avanzate, compresa l’Ia, possano apparire sofisticate, sono incomparabili con la mente umana.

«L’Ia è molto intelligente, ma non lo è davvero», ha dichiarato a Epoch Times Kathy Hirsh-Pasek, professoressa di psicologia alla Temple University e membro senior della Brookings Institution. «È un algoritmo meccanico molto bravo a prevedere la parola successiva. Punto».

Il cervello umano si costruisce con lo sviluppo e «non ci viene dato come un computer in una scatola», ha detto Hirsh-Pasek. Il nostro ambiente e le nostre esperienze modellano l’intricata rete di connessioni neurali, 100 miliardi di neuroni interconnessi da 100 mila miliardi di sinapsi.

L’apprendimento umano vive di significati, emozioni e interazioni sociali, ma i sistemi informatici come l’Ia sono indifferenti a questi elementi, secondo Hirsh-Pasek. Le macchine «imparano» solo con i dati che vengono loro forniti, ottimizzando per ottenere il miglior risultato possibile.

Una pietra miliare dell’intelligenza umana è la capacità di apprendere attraverso i nostri sensi, ha dichiarato Jessica Russo, psicologa clinica, a Epoch Times. Quando interagiamo con il nostro ambiente, elaboriamo una grande quantità di dati da ciò che vediamo, sentiamo, assaggiamo e tocchiamo.

I sistemi di Ia non possono andare oltre le informazioni che gli sono state fornite e, pertanto, non possono produrre nulla di veramente nuovo, ha affermato Hirsh-Pasek.

«L’Ia è un sintetizzatore molto buono. Non è un pensatore molto buono», ha detto.

«Seduto sulle vostre spalle c’è l’oggetto più complicato dell’universo conosciuto», ha dichiarato il fisico teorico Michio Kaku.

L’intelligenza artificiale non ha le capacità intuitive degli esseri umani per comprendere veramente la profondità e l’autenticità delle emozioni, secondo quanto ha dichiarato a Epoch Times la dottoressa Sai Zuo, psichiatra in antropologia medica e medicina sociale.

La Zuo ha affermato che alcuni aspetti dell’intelligenza umana trascendono l’attuale comprensione degli scienziati, suggerendo che concetti come l’ispirazione provengono da «un livello superiore dell’universo».

Molti momenti di ispirazione hanno portato a scoperte nello sviluppo della scienza. Mentre faceva il bagno, l’antico matematico greco Archimede si rese conto che il volume di un oggetto poteva essere determinato dalla quantità di acqua che spostava, facendogli gridare «Eureka!», una scoperta che stabilì il principio del galleggiamento. Durante una pausa, Albert Einstein immaginò un esperimento con due fulmini, che portò alla teoria della relatività speciale.

L’intrattenimento e la tecnologia moderni, tuttavia, ostacolano la generazione di nuove idee riducendo la creatività.

Ad esempio, nel nostro mondo continuamente stimolato, non c’è spazio o tempo per la noia. Tuttavia, la noia aumenta la creatività e permette di pensare a soluzioni nuove.

Fortunatamente, esistono modi efficaci per contrastare le influenze negative della tecnologia e coltivare le nostre capacità umane innate.

Riscoprire l’intelligenza umana

Gli esperti suggeriscono che il digiuno dallo schermo, durante il quale la tecnologia viene rimossa, può aiutare a coltivare una vita più concentrata.

Uno studio ha dimostrato che i ragazzi di prima media che hanno trascorso cinque giorni in un campeggio naturale senza tecnologia hanno dimostrato miglioramenti significativi nella percezione delle emozioni non verbali, come la lettura delle emozioni del viso, rispetto ai loro coetanei che non ci sono andati.

Anche stabilire limiti ragionevoli può attenuare gli effetti negativi.

I giovani adulti il cui uso dei social media è stato limitato a 30 minuti al giorno per due settimane hanno sperimentato una riduzione della dipendenza da smartphone e un miglioramento del sonno, della soddisfazione di vita, dello stress e delle relazioni. Secondo Hirsh-Pasek, la chiave è l’equilibrio.

Inoltre, una recente ricerca ha rilevato che semplici interventi come disabilitare le notifiche non essenziali, tenere il telefono in modalità silenziosa, disabilitare Touch Id e Face Id, nascondere le app dei social media e cambiare il telefono in scala di grigi aiutano a ridurre il tempo trascorso sullo schermo.

Se una disintossicazione digitale non è fattibile, la ricerca sostiene che ci sono altri modi per aiutare.

Dormire

Dormire bene è essenziale per l’apprendimento e il consolidamento della memoria. Anche una sola notte di sonno insufficiente può compromettere in modo significativo la capacità di memorizzare le cose.

Durante il sonno il nostro cervello è impegnato in un processo di pulizia vitale: i prodotti di scarto neurotossici accumulati nel corso della giornata vengono espulsi, contribuendo al sano funzionamento delle cellule cerebrali.

Spiritualità

La moderna tecnologia digitale è sinonimo di stimoli infiniti, che ci separano da aspetti importanti della vita, come la tranquillità della mente.

«Non c’è molto spazio per essere spirituali quando siamo così impegnati a fare», ha dichiarato Russo.

Russo fa notare che questa cultura è costellata di distrazioni: email incessanti, notifiche e avvisi di notizie. Questo fa sì che il nostro corpo anneghi nella dopamina.

Questa stimolazione costante ci tiene bloccati in una risposta di stress accentuata, la risposta «combatti o fuggi», inondando i nostri sistemi di cortisolo e adrenalina. Con il tempo, questo esaurisce la nostra mente e il nostro corpo, ostacolando la nostra capacità di pensiero e di connessione più profonda.

La spiritualità, prosegue Russo, consiste nel riscoprire il significato di «spirito», che deriva da spiritus, la parola latina che significa «respiro». Si tratta di rallentare, fare un respiro profondo ed essere pienamente presenti in ogni momento.

Le pratiche spirituali incoraggiano le connessioni significative, tra cui l’empatia e l’intelligenza emotiva.

Possono anche migliorare le capacità cognitive come la creatività, l’attenzione, la creazione di significato e lo scopo. Queste pratiche impegnano la nostra mente in modi diversi e potenzialmente complementari al recupero di informazioni comune nel nostro mondo tecno-centrico.

La scelta di fronte a noi

Secondo Hirsh-Pasek, ci troviamo di fronte a un precipizio del progresso tecnologico, con cose come l’intelligenza artificiale e il metaverso che avanzano quotidianamente. La sfida e l’opportunità risiedono nel garantire che la tecnologia valorizzi la nostra umanità anziché degradarla.

La tecnologia può garantire enormi benefici e in futuro «ci saranno molte, molte cose meravigliose», ha affermato Hirsh-Pasek.

Tuttavia, ha aggiunto: «La specie umana ha un cervello sociale: questo è ciò che siamo. Quanto più si intacca la natura sociale dell’umanità, tanto più si intaccano le nostre possibilità come specie».

Liu mette in guardia dal riporre una fiducia cieca nella tecnologia digitale, compresa l’Ia.

«Conosciamo solo una parte dell’intelligenza illimitata dell’universo», ha dichiarato, e un’eccessiva fiducia nella tecnologia digitale rischia di limitare la nostra ricerca di una conoscenza più profonda, inspiegabile e ispirata.

Gli esseri umani possiedono uno spirito, un’anima, una moralità e un cuore unici che ci collegano al divino. L’eccessiva dipendenza dalla tecnologia rischia di atrofizzare questi aspetti del nostro essere, secondo Liu.

Inoltre, Liu ha osservato che se la morale umana scompare, inavvertitamente insegneremo all’intelligenza artificiale a fare cose cattive e a usare la tecnologia per compiere azioni sbagliate.

«Soprattutto, la cosa più importante è che gli esseri umani si concentrino sulla propria coltivazione: il miglioramento della [propria, ndt] natura umana», ha affermato.

Questo include la coltivazione «dell’amore umano, della compassione, della comprensione reciproca e del perdono».

Liu ritiene che questi valori siano la vera forza dell’umanità e la chiave per sbloccare un futuro in cui la tecnologia contribuisca al nostro destino, anziché controllarlo. La scelta, come sempre, è nostra.

 

Articolo in lingua inglese: When Smartphones Get Smarter, Do We Get Dumber?

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